- Per il presidente turco Erdogan, il premier italiano è «il mio amico Draghi». E del resto per Draghi, seduto al suo fianco ad Ankara, la Turchia è «partner, amica, alleata» dell’Italia. L’eco della parola «dittatore» uscita dalla bocca di Draghi qualche tempo fa, è ormai impercepibile per il governo, tutto concentrato sulla «cooperazione».
- Nello stesso giorno in cui il premier greco mette in guardia l’Ue sui rischi che non solo Putin, ma anche la Turchia rappresenta, per la sua politica aggressiva nel Mediterraneo orientale, intanto il premier italiano è focalizzato su un altro spicchio di Mediterraneo, e cioè la Libia.
- Non ci sono solo i nove accordi appena stilati con la Turchia, che spaziano dalle armi alle imprese, ma pure il tema migratorio, la sintonia sullo scacchiere libico. E il sostegno del governo Draghi all’ingresso della Turchia nell’Ue.
Per il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, il premier italiano è «il mio amico Draghi». E del resto per Draghi, seduto al suo fianco ad Ankara, la Turchia è «partner, amica, alleata» dell’Italia. L’eco di quella parola, «dittatore», uscita dalla bocca di Draghi ad aprile 2021, è ormai impercepibile per il governo, tutto concentrato sulla «cooperazione». Anche il ricatto di Erdogan a Svezia e Finlandia perché consegnino i curdi che lui chiama «terroristi» finisce fuori scena, durante il summit Italia-Turchia, se non per un riferimento dell’autocrate turco alle «aspettative che ho nei confronti dell’Italia – l’ho detto a Draghi – sulla lotta al terrorismo». Nello stesso giorno in cui il premier greco mette in guardia l’Ue sui rischi che non solo Putin, ma anche la Turchia rappresenta, per la sua politica aggressiva nel Mediterraneo orientale, intanto il premier italiano è focalizzato su un altro spicchio di Mediterraneo, e cioè la Libia.
«Cooperare» con Erdogan
L’«obiettivo prioritario di stabilizzare la Libia», come lo chiama Draghi, è dovuto all’intreccio di interessi che il governo individua nell’area: la presenza politica, economica, energetica dell’Italia in Libia è in tilt per le lotte intestine, che hanno risonanze anche sui flussi migratori. «Le dimostrazioni recenti in Libia sono un campanello d’allarme per la classe dirigente libica, perciò bisogna confrontarsi con la Turchia», aveva anticipato la Farnesina prima dei bilaterali di martedì pomeriggio. Oltre a Draghi, con Erdogan e i suoi ministri c’erano anche Luigi Di Maio, Luciana Lamorgese, Giancarlo Giorgetti, Roberto Cingolani, Lorenzo Guerini. In conclusione del vertice, il premier italiano ha detto che «Italia e Turchia hanno gli stessi obiettivi» e che «lavoreremo strettamente insieme, ci coordineremo». Draghi è arrivato anche a concludere che la Turchia, come l’Italia, ha l’obiettivo non solo della stabilizzazione ma anche «della pace» in Libia. Con la motivazione di «stabilizzare» la Libia nel 2020 la Turchia ha spedito truppe nel paese.
La Turchia nell’Ue
Anche sul fronte ucraino, Draghi «ringrazia per lo sforzo di mediazione» Erdogan, e informa che il piano concertato con l’Onu per sbloccare il grano «è pronto: manca solo il via libera del Cremlino». Insomma piena sintonia su ogni fronte con Erdogan. Il terzo summit di Ankara, che arriva dopo quelli del 2008 e del 2012, regala all’autocrate turco un senso di sostegno così pieno da fargli concludere che «la Turchia è importante per l’Ue, è essenziale aumentare la prospettiva dell’adesione, l’Italia ne è consapevole, ci ha sempre dato sostegno su questo, e andremo avanti su questa strada». Anche i giornali turchi leggono la visita di Draghi come un ulteriore endorsement all’ingresso di Ankara sotto le stelle di Bruxelles; non che la Turchia non sia già formalmente candidata, lo è dal lontano 1999, ma l’iter è fermo. La Farnesina conferma che «siamo tra i paesi europei che vedono con più favore il percorso europeo della Turchia», e la dichiarazione finale del vertice insiste sul punto. Mentre la Lega in Europa continua a dichiararsi contraria, come da «battaglia storica» di Salvini, intanto il leghista ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, da ala governista del partito qual è, si trova assieme a Draghi a firmare protocolli di intesa.
L’impresa turca
C’è anche quello sulle piccole e medie imprese, siglato proprio da Giorgetti, con «condivisioni di informazioni», «collaborazioni» e l’incentivo a «formare joint venture». Erdogan mette l’evidenziatore sul fatto che «i nostri rapporti commerciali ed economici sono ogni giorno più sviluppati, sono cresciuti a dispetto della pandemia, e ora con le nove intese appena firmate i nostri due paesi mediterranei condivideranno altri argomenti regionali e globali». I protocolli vanno dalla cooperazione scientifica all’intesa sulle consultazioni politiche tra i reciproci ministeri degli Esteri. Ma ci sono anche le sintonie ampie in campo energetico e in tema migratorio. Erdogan vuole strappare all’Ue condizioni più favorevoli per la gestione dei flussi, l’Italia «è accogliente ma ha raggiunto il limite» (parole di Draghi).
Conflitto con la Grecia
Il presidente turco esce così baldanzoso dalle strette di mano con Draghi da spingersi fino ad attaccare un paese Ue, la Grecia: «La Grecia comincia a diventare un pericolo per l’Italia», sostiene quando si parla di flussi migratori. Intanto il premier greco, nelle stesse ore, mette in guardia l’Ue sui pericoli rappresentati da Erdogan. Neanche due anni fa l’Italia stava simulando una battaglia a sud di Cipro, per una esercitazione militare aeronautica: serviva a dimostrare che la Grecia era pronta a difendere il mar Mediterraneo orientale e i suoi giacimenti energetici dalla Turchia, dalle sue navi trivelle, dalle mire sulle risorse e quindi sulle acque. Quando il premier greco dice, come ha fatto questo martedì davanti agli eurodeputati, che «l’Ue non deve lasciar adito a precedenti», parla di Putin, ma allerta su Erdogan. Draghi però vede nella Turchia «un’alleata».
Armi in comune
Da questo martedì l’industria della difesa italiana e turca condividono un patto di mutua segretezza: si chiama «accordo sulla reciproca protezione delle informazioni classificate» quello siglato da Guerini e dal suo omologo turco Hulusi Akar. L’impegno che Roma assume nel proteggere le informazioni di Ankara, e viceversa, è solo l’ennesima conferma che il governo Draghi considera la Turchia «un partner importante». Nonostante il breve sussulto di coscienza nei confronti dei curdi bombardati da Erdogan, che aveva portato Luigi Di Maio nel 2019 ad annunciare la sospensione delle licenze per l’export di armi, le esportazioni non si sono mai interrotte. Formalmente, la Farnesina spiega la situazione attuale come il segno di «una evoluzione progressiva della situazione, sia sul campo che nella Nato, per cui le sospensioni generalizzate sono state rimosse e ora decidiamo caso per caso». Se già da tempo Leonardo è presente in Turchia, con tanto di sede ad Ankara, e la linea di affari è aperta, la doppia firma Guerini-Akar non fa che confermare la linea politica italiana. Più importante il «partner turco», che l’uso che fa delle armi.
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