Il giornalista è morto a 64 anni dopo essere stato ferito gravemente alla testa con colpi di arma da fuoco il 6 luglio scorso ad Amsterdam. Era noto per le sue inchieste sulla criminalità organizzata e il narcotraffico
È morto Peter R. de Vries, il giornalista che la sera del 6 luglio, nel centro di Amsterdam, era stato ferito gravemente alla testa. L'emittente olandese RTL, per cui de Vries lavorava, ha pubblicato una dichiarazione della famiglia: «Peter ha lottato fino alla fine, ma non è riuscito a vincere la battaglia. È morto circondato dai suoi cari. Ha vissuto secondo la sua condizione: “In ginocchio non si può essere liberi”. Siamo incredibilmente orgogliosi di lui e allo stesso tempo inconsolabili».
Il cronista olandese è stato colpito da una distanza ravvicinata da cinque colpi di arma da fuoco, strade del centro città alle 19.30, dopo aver preso parte al programma televisivo nelle RTL Boulevard, in cui ha parlato dell'omicidio di Seif Ahmed, un parrucchiere ucciso nel 2019 a colpi di arma da fuoco nella sua auto.
«Questa è una perdita immensa e indescrivibile. L'influenza di Peter rimane più forte di qualsiasi atto di odio. Lui era tutt'altro che finito e non possiamo perderlo. Continueremo a parlare liberamente di abusi e ingiustizie nella società, come ha fatto per tutta la vita», ha dichiarato l'emittente RTL olandese, che gli dedica una trasmissione sul programma in cui de Vries ha partecipato prima dell'attacco.
La polizia ha arrestato due persone sull'autostrada nei pressi di Leidschendam, una cittadina a sud di Amsterdam vicino a L'Aia. Le autorità hanno riferito che si tratta di un cittadino nazionale di 35 anni, identificato come Maurik G., sospettato di aver guidato la macchina nella fuga, e di un cittadino olandese di 21 anni, identificato come Delano G., sospettato di essere stato l'esecutore materiale, di aver dunque sparato al giornalista.
Secondo i media olandesi, il cecchino è un aspirante rapper di Rotterdam, cresciuto vicino a Tiel, e sarebbe il nipote di Jaouad W., il braccio destro di Ridouan Taghi, marocchino olandese accusato di omicidio e traffico di droga. Il giornalista d'inchiesta ha aiutato Nabil B., uomo che apparteneva a una banda criminale, a testimoniare contro il narcotrafficante. Peter R. de Vries ha infatti svolto un ruolo fondamentale nel processo Marengo, in cui Taghi è il principale indagato. Il caso aveva già sconvolto l'opinione pubblica nel 2019 perché fu ucciso l'ex avvocato di Nabil, Derk Wiersum.
Il 64enne De Vries è conosciuto per le inchieste sulla criminalità organizzata e sul narcotraffico. Ha aiutato la polizia a risolvere casi importanti e per il suo lavoro investigativo ha spesso subito. Le autorità gli hanno infatti assegnato la scorta per alcuni periodi. RTL spiega che è in corso un'indagine parallela sulla sicurezza del cronista, volta a capire perché non gli era più assegnata una scorta nonostante le sotto che continuava a subito.
L'inchiesta più nota di de Vries risale al 1983, quando si era occupato del sequestro del famoso imprenditore Freddy Heineken, presidente dell'omonima società produttrice di birra. Uno dei sequestratori di Heineken, Willem Holleeder, considerato il più pericoloso criminale dei Paesi Bassi, è stato condannato anche per le rivolte al cronista.
Il re Willem-Alexander e la regina Máxima Zorreguieta hanno detto di essere profondamente scioccati e hanno sottolineato che «i giornalisti dovrebbero essere messi nelle condizioni di il loro lavoro liberamente e senza essere minacciati».
Sulla vicenda è intervenuta anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen con un tweet: «Profondamente rattristata dalla notizia della morte di Peter R. de Vries. Voglio esprimere le mie condoglianze alla sua famiglia e alle sue persone care. I giornalisti investigativi sono vitali per le nostre democrazie. Dobbiamo fare tutto il possibile per proteggerli».
L'attentato a Peter R. de Vries dimostra che i giornalisti sono in pericolo anche nelle democrazie europee. I dati raccolti dal Consiglio d'Europa sono allarmanti: nel 2020 le segnalazioni sono aumentate del 40 per cento circa rispetto al 2015, quando si contavano 108 segnalazioni in 25 paesi, 12 omicidi, 118 detenuti e 25 casi di impunità per le uccisioni di giornalisti . Il 2020 ha contato invece 201 segnalazioni in 32 paesi, 2 uccisioni, 118 giornalisti privati della libertà e 25 casi di impunità. Tra le segnalazioni poi c'è un record di aggressioni fisiche: sono infatti 52 i casi di attacchi fisici e 70 i casi di molestie o intimidazioni.
La commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa ha denunciato il rischio che corrono i giornalisti nell'esercizio della loro professione: «L'omicidio rappresenta solo la punta dell'iceberg. L'impunità dei crimini contro i giornalisti è inaccettabile perché legittima l'aumento della».
Sono ancora molti gli omicidi che sono rimasti impuniti tra i 47 stati membri del Consiglio. Nel 2021 infatti si contano, trascurando, 25 casi di impunità, 146 segnalazioni e quattro omicidi. Ján Kuciak, Jamal Khashoggi, Akhmednabi Akhmednabiyev, Rohat Aktaş, Mikhail Beketov, Daphne Caruana Galizia sono solo alcuni nomi di giornalisti uccisi dal 2017 a oggi.
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