- Secondo un recente sondaggio condotto dall’Istituto francese sull’opinione pubblica, al primo turno il 40 per cento dei cattolici ha votato per un candidato di estrema destra, e la leader di destra Marine Le Pen ha guadagnato il 27 per cento.
- I vescovi preferiscono il silenzio. A differenza del passato – spiega a Domani lo storico Philippe Portier – l’episcopato non riesce più a fare presa sull’elettorato. Tra le cause, l’accoglienza dei migranti e un disinteresse verso papa Francesco.
- Anche Emmanuel Macron è sempre più distante dai cattolici. Le sue due norme sul separatismo religioso e la bioetica sono state criticate da vescovi e fedeli, ma Macron ambisce a perseguirle giovandosi del silenzio dei vescovi.
Nelle presidenziali francesi i cattolici stanno virando sempre più a destra e il moderato Emmanuel Macron non fa più presa come nel 2017, quando il 70 per cento dei praticanti lo ha votato al secondo turno.
È quanto emerge da un recente sondaggio condotto dall’Istituto francese sull’opinione pubblica: al primo turno il 40 per cento dei cattolici ha votato per un candidato di estrema destra, la leader del Rassemblement National Marine Le Pen ha guadagnato il 27 per cento.
Una virata decisiva in un cattolicesimo che è stato sempre distante dagli estremismi in politica, mentre la chiesa francese sceglie il silenzio: «Ai cattolici manca una figura in cui identificarsi» ha dichiarato a Le Parisien il presidente dei vescovi francesi mons. Éric de Moulins-Beaufort.
Eppure, l’ultima parola ufficiale risale allo scorso gennaio, quando il Consiglio episcopale pubblicò un documento, La speranza non delude , con cui auspicava negli elettori cattolici il discernimento quale metro per misurare la propria partecipazione alla vita politica della République. Ma è efficace l’approccio ignaziano in una corsa all’Eliseo esacerbata dagli estremismi del candiddato Éric Zemmour e la crisi dei valori cattolici?
Vescovi sempre più invisibili
La virata dei cattolici francesi verso l’estrema destra in parte conferma un trend che risale a cinque anni fa, quando Macron vinse sul candidato della destra François Fillon – il favorito dell’elettorato cattolico – solo dopo lo scandalo degli impieghi fittizi di sua moglie: «Si aveva la sensazione di un’elezione rubata» disse allora il portavoce dei vescovi francesi, mons. Olivier Ribadeau Dumas. Così, seppure gli scettici accostarono «l’uomo nuovo di En Marche!» a Jean Lecanuet, il leader centrista che arrivò terzo malgrado il consenso dei media, Macron ottenne il 70 per cento dei voti dei cattolici. Il centro-destra quale argine cattolico agli estremismi (fascismo e nazismo) era il risultato di una lunga riflessione sul peso dei cattolici nella vita politica del paese, avviato dagli anni Settanta da vescovi come Gabriel Matagrin, Jean-Marie Lustiger e Albert Decourtray, fautori della dichiarazione Per una pratica cristiana della politica del 1972. Dagli anni Ottanta, la chiesa si è dichiarata incompatibile con le tesi del neonato Rassemblement National (Rn) e questo fil rouge ha accompagnato l’espiscopato fino al 2017, quando secondo Philippe Portier, directeur d’études presso l’École Pratique des Hautes Études di Parigi, sono avvenute le prime crepe nell’episcopato: «Nel 2017 non c'è un messaggio molto chiaro contro Marine Le Pen dalla conferenza episcopale, che diventa ancora meno preciso nel 2022: l'episcopato rimanda i cattolici alla “coscienza”. Come mai? Sono diversi i fattori: la svolta a destra radicale di gran parte dei cattolici, il fatto che non tutti i vescovi abbiano la stessa visione dei principi non negoziabili auspicati da Benedetto XVI, e il carattere meno oltraggioso delle dichiarazioni del Rn negli ultimi anni» spiega a Domani. Con l’avvento del candidato di estrema destra Zemmour, Le Pen ha, così, ammorbidito la sua immagine. Spiega Portier: «L’interrogativo riguarda gli elettori radicalizzati, piuttosto. Quelli che sono rimasti nella Chiesa sono spesso i più tradizionalisti, gli altri sono passati dalla parte dei non praticanti e a ciò si aggiunge una dissoluzione dell’universo morale cattolico. Per giunta, i più conservatori pensano che l'insediamento dei musulmani sia un motivo in più per la loro emarginazione».
Un papa distante
Editorialista de Le Figaro, lo storico Guillaume Cuchet ha dedicato all’emarginazione dei cattolici il saggio Il cattolicesimo ha ancora un futuro in Francia? (Seuil, 2021): «Dopo gli anni Sessanta, il posto dei cattolicesimo nella società francese si è ulteriormente ridotto. Nel 1965, il 25 per cento dei francesi adulti andava a messa ogni domenica. Oggi dichiara di farlo il 2 per cento. In Europa, paesi come Francia e Belgio sono tra i più secolarizzati, mentre il cattolicesimo regge meglio in Italia o in Portogallo. L'attuale crisi degli abusi sessuali nella Chiesa complica ulteriormente la situazione» spiega.
Le cifre degli abusi nella chiesa cattolica francese vengono tuttora percepite come un fallimento dall’opinione pubblica, come rilevava a Domani Jean-Marc Sauvé, presidente della Commissione indipendente sugli abusi. Ma anche papa Francesco non è più amato come prima.
Spiega Portier: «All'inizio, il pontefice era acclamato dai francesi, specialmente dai cattolici praticanti. Oggi non è più così. Nonostante il carisma d'ufficio annesso al papa, Francesco è molto criticato, in particolare dai cattolici di estrema destra: è considerato troppo favorevole agli immigrati, poco attento alla cultura cristiana d'Europa, troppo liberale in termini di morale».
Il radicalismo islamico è un fenomeno presente in Francia e la religione musulmana – la seconda del paese dopo il cattolicesimo –riveste un suo peso nell’orientare i cattolici sempre più scettici: «L’aumento del numero dei musulmani in Francia ha alimentato le posizioni di chi vi scruterebbe una perdita dell’identità culturale della società francesi, le cui radici sono cristiane. D’altra parte, i vescovi hanno lasciato che associazioni cristiane e laici prendessero posizione sui temi spinosi della campagna elettorale, mentre chiedevano di attenersi al discernimento. Oggi sono stati criticati per mancanza di chiarezza» spiega il francese Patrick Valdrini, professore emerito di diritto canonico alla Pontificia università lateranense.
Un presidente non-mistico
L’innamoramento dei cattolici francesi per Macron è finito. Quello dell’attuale inquilino dell’Eliseo potrebbe essere definito «un cammino non-mistico» come l’entourage di Macron definì grottescamente la sua visita a Lourdes lo scorso luglio.
Sebbene fosse il secondo presidente a visitare la città delle apparizioni mariane dopo Philippe Pétain, l’idiosincrasia tra stato e chiesa era ormai palpabile: Macron non visitò la basilica e preferì parlare ai pellegrini oltre il fiume Gave, dalla parte opposta della grotta di Massabielle.
La prossemica presidenziale confermava le scelte politiche, come una più stringente legge sul separatismo e quella sulla bioetica, due norme fortemente volute da Macron. La legge sulla procreazione medicalmente assistita a single e coppie non etero, fortemente osteggiata dai vescovi cattolici a suon di digiuni, ha dato a gran parte dei cattolici la sensazione che il cristianesimo non possa più influenzare le sorti politiche del paese. E quando ciò avviene – insegna la santa eroina Giovanna d’Arco –, è alto il rischio di bruciare l’eredità dei valori cristiani sulle pire a buon mercato del sodalizio politico.
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