Alle elezioni convocate dopo la finanziaria la sinistra difficilmente potrà sperare in una maggioranza, mentre le destre sperano di mettere insieme le forze per andare al governo
Il presidente della Repubblica portoghese, Marcelo Rebelo de Sousa, ha annunciato la sua decisione di sciogliere l’Assemblea della Repubblica, rinviando però la convocazione formale di elezioni anticipate a un momento successivo all’approvazione in parlamento della finanziaria per il prossimo anno, prevista per la fine di questo mese.
Il ritorno alle urne dopo neppure due anni dalle elezioni precedenti è stato infatti considerato necessario da tutti i partiti, con l’eccezione di quello del premier, per risolvere la crisi politica aperta dalle dimissioni presentate nei giorni scorsi dal primo ministro, il socialista António Costa, presuntamente coinvolto in uno scandalo di traffico di influenze e favoritismo agiti nei confronti di alcune imprese nelle concessioni per lo sfruttamento di litio e la produzione di idrogeno.
Costa è stato negli ultimi anni un punto di riferimento per la sinistra europea, grande alleato del presidente del governo spagnolo Pedro Sánchez, che altrimenti si sarebbe trovato completamente solo nel panorama socialdemocratico continentale. La sua uscita di scena rappresenta perciò una perdita importante nella costruzione di un orizzonte progressista in Europa.
Una maggioranza di destra?
In Portogallo, difficilmente il suo partito alle prossime elezioni riuscirà a confermare la maggioranza assoluta e anzi è possibile che le destre riescano a realizzare quella maggioranza che non fu possibile costruire nel 2015. Quando Costa decise di scommettere sulla cosiddetta geringonça, una delle esperienze più originali di governo di coalizione progressista in Europa.
L’ex premier portoghese è stato un antesignano nella messa insieme di una maggioranza progressista, nata dalla disponibilità dei diversi partiti della sinistra portoghese a collaborare per offrire un’alternativa di governo alle destre. Perciò, negli anni della crisi economica a cavallo tra il primo e il secondo decennio del secolo, quel governo riuscì a proporre una soluzione diversa da quella neoliberista dominante, riconducendo in un sentiero virtuoso le grandezze macroeconomiche di debito e deficit senza perciò caricare il peso della correzione sulle fasce di popolazione più fragili.
Un profilo programmatico confermato da Costa nella successiva sintonia col suo omologo spagnolo, nelle battaglie combattute e vinte insieme nel seno dell’Unione europea. Sia per quanto riguarda le ricette messe in pratica dalla Ue sulle conseguenze economiche della pandemia con l’attivazione del Next Generation, che nell’ottenimento dell’eccezione iberica per applicare, in anticipo sul resto dei paesi, un limite al prezzo del gas.
Tanto che per la prima volta si è parlato di penisola iberica come il luogo in Europa ove si sperimenta il più innovativo processo di decarbonizzazione con l’utilizzo delle energie alternative. In particolare, con l’idrogeno verde progettato e trasportato fino all’Europa centrale, secondo l’intesa raggiunta da Spagna e Portogallo con Francia e Germania.
Verso le elezioni
Dopo l’esaurimento dell’esperienza della geringonça, Costa è andato alle elezioni successive con l’obiettivo di ottenere la maggioranza assoluta per governare con un monocolore autosufficiente. Gli è riuscito nelle politiche del 2021, eppure proprio in questi ultimi due anni il discredito interno al suo governo è cresciuto e peggiori sono risultate le relazioni con il resto della sinistra politica e sociale.
Che un rapporto di coalizione allontani le tentazioni di una gestione autoritaria e fuori controllo è dimostrato in parte dalle domande sociali che non si è riusciti a soddisfare, come il conflitto con gli insegnanti o la difficile situazione sanitaria e abitativa. Ma anche dalle persone di cui ci si è circondati nell’esercizio del potere.
Costa si è dimesso martedì senza alcuna prova a suo carico, ma lo ha fatto per rispetto alla dignità del suo incarico di primo ministro. Non allo stesso modo però ha reagito nei confronti di quelli che ora sono stati arrestati e che nel passato erano stati oggetto di sospetti, quando non di veri e propri scandali. E oggi ne paga il prezzo più alto.
Le elezioni si celebreranno all’inizio del prossimo anno e lì si capiranno i rapporti di forza tra i partiti che la nuova situazione politica ha determinato. Per quanto riguarda i socialisti, avendo Costa dichiarato di non volersi comunque ricandidare, dipenderà molto da quale delle due anime del partito prevarrà nel confronto interno.
Ossia, se la successione ricadrà in Pedro Nunos Santos dell’espressione più di sinistra, ex ministro delle Infrastrutture e negoziatore dell’intesa della geringonça, o nel ministro delle Finanze Fernando Medina, vicino all’ex premier. Per quanto riguarda il partito socialdemocratico, le sue attuali quotazioni non gli consentirebbero di rappresentare un’alternativa se non assieme alla destra liberale e all’estrema destra Chega. Che è data in crescita e che il Psd aveva finora tenuto ai margini dello schieramento conservatore.
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