In molti si aspettavano un risultato diverso per Hezbollah sostenuto dall’Iran, ma in parlamento sono entrati diversi candidati anti establishment. Nei prossimi mesi il nuovo esecutivo dovrà far fronte a diverse sfide, prima fra tutti la crisi economica che attanaglia il paese
Il gruppo sciita Hezbollah e i suoi partiti alleati hanno perso la maggioranza all’interno del parlamento libanese. È il risultato più eloquente ed emblematico che emerge dallo spoglio elettorale dopo il voto di domenica scorsa.
Il blocco pro-Hezbollah ha ottenuto circa 61 seggi, dieci in meno rispetto alle scorse tornate elettorali del 2018. Per ottenere la maggioranza in parlamento ne servono invece 65 su 128 seggi disponibili.
Il voto agli anti establishment
In molti temevano che Hezbollah, sostenuto dall’Iran, potesse dilagare nelle elezioni, nel quale però c’è stata una forte spinta popolare per un voto di protesta e anti sistema. In totale sono sedici i candidati anti establishment che sono riusciti a entrare in parlamento. Mentre sono nove i neo parlamentari eletti che hanno portato avanti una campagna elettorale critico nei confronti dei partiti storici. Tra questi ci sono l’uomo d’affari miliardario Fouad Makhzoumi e quattro candidati del partito cristiano Kataeb, un tempo influente.
Lo storico partito cristiano, Movimento patriottico libero, ha ottenuto 18 seggi contro i 29 che aveva ottenuto nelle scorse elezioni.
«Nonostante le circostanze difficili, le autorità hanno dimostrato il loro impegno ad aderire alla Costituzione e a onorare le tradizioni democratiche del Libano», ha dichiarato il Segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, in un comunicato stampa. Il rappresentante dell’Onu ha anche auspicato che si arrivi il prima possibile alla formazione di un governo.
Diverso invece il parere del osservatore della missione dell’Unione europea, György Hölvényi, il quale ha dichiarato che le elezioni sono state «oscurate da pratiche diffuse di acquisto di voti, clientelismo e corruzione». Le ong hanno denunciato circa 3600 violazioni elettorali commessi soprattutto dagli uomini di Hezbollah.
I prossimi passi
In base al sistema di condivisione del potere del paese il presidente deve essere un cristiano maronita, il primo ministro un musulmano sunnita e lo speaker del parlamento un musulmano sciita. Le cariche saranno elette dal nuovo parlamento.
Il prossimo esecutivo sarà chiamato a rispondere a una grave crisi economica acuita sia dalla pandemia sia dall’esplosione del porto di Beirut che ha distrutto metà della capitale nell’agosto del 2020 e provocato almeno 200 morti e oltre 600 feriti.
Sull’accaduto ci sono indagini in corso e secondo alcuni media libanesi dietro il carico di nitrato di ammonio che ha causato l’esplosione ci sarebbero anche importanti uomini di affari siriani.
Il prossimo primo ministro sarà anche chiamato a riprendere i colloqui con il Fondo monetario internazionale e arrivare all’erogazione di un nuovo prestito che porterà inevitabilmente a nuove riforme economiche.
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