Nel paese africano la coalizione al governo deve cedere il passo a un giovane oppositore. Bassirou Diomaye Faye ha solo 44 anni e promette di rappresentare una svolta
Negli ultimi anni il Senegal ha vissuto un preoccupante alternarsi di turbolenze politiche che hanno più volte fatto temere che una delle più solide democrazie d’Africa, precipitasse nel caos. Il susseguirsi di preoccupanti misure anti-democratiche decretate dal presidente Macky Sall, in carica dal 2012, faceva presagire una deriva autarchica che, per fortuna, non c’è stata.
Anzi, dalla tornata elettorale che ha visto trionfare al primo turno Bassirou Diomaye Faye, il leader dell’opposizione rilasciato solo una decina di giorni fa dal carcere dove scontava una condanna per «diffusione di notizie false, oltraggio e diffamazione», esce più rinforzato.
Mr. Clean
L'ascesa straordinaria di Bassirou Diomaye Faye, destinato a diventare il più giovane presidente eletto della storia d’Africa post-coloniale (44 anni) chiude un periodo di instabilità nazionale e ne apre uno di nuove speranze. Per molti può rappresentare l’inizio della fine della gerontocrazia che regna sovrana in molti paesi del continente e segnare un passaggio epocale di presa di potere di nuove generazioni nate libere negli anni o addirittura decenni post-coloniali.
Faye ha ereditato con successo il testimone di Ousmane Sonko, leader del suo partito, il Pastef, principale formazione d’opposizione, con cui ha condiviso mesi di carcere.
Ora Mr Clean, come è stato soprannominato per la sua dichiarata volontà di fare pulizia negli apparati governativi e finanziari, dovrà affrontare una serie di sfide complesse se vorrà portare a compimento le tante riforme promesse.
Gli servirà di essere «metodico» e «modesto», per usare definizioni da lui stesso utilizzate per presentarsi agli elettori, e di attingere al rigore di un esattore delle tasse incorruttibile, ruolo che ha ricoperto fino a qualche mese fa e che, particolare interessante, sembra essere un fattore a cui gli elettori senegalesi prestano molta attenzione: le figure politiche che hanno ricevuto maggiore consenso tra i 17 candidati alle presidenziali di questo ciclo elettorale - Amadou Ba, Mame Boye Diao, lo stesso Bassirou Diomaye Faye, e l'ex strafavorito alla carica (che però non si è candidato), Ousmane Sonko - sono tutti attuali o ex ispettori fiscali.
Il presidente sconfitto
Faye ha dichiarato di voler rappresentare l’inizio del cambiamento ed è molto probabile che grazie al dato anagrafico, alla sua formazione, al suo progetto «panafricanista di sinistra», al suo radicamento nel popolo, ci riuscirà.
Dall’altra parte, Macky Sall e la coalizione Benno Bokk Yakaar (Bby) che candidava il primo ministro Amadou Ba, escono con le ossa rotte. Il presidente uscente paga una sequenza impressionante di misure degne dei regimi autocratici e di errori che una popolazione saldamente abituata al confronto democratico, non gli ha perdonato.
Dal 2021 in poi, ha cominciato a bersagliare in ogni modo, lecito e non, l’amatissimo leader dell’opposizione Ousmane Sonko. Lo ha fatto accusare da corti compiacenti di ogni malefatta: stupro, diffamazione, atti contrari alla sicurezza del paese, ecc, e sbattuto in carcere per mesi, nonostante le sue precarie condizioni di salute. Ad alienargli masse sempre crescenti di popolazione, ha poi contribuito la possibilità, ventilata a metà dell’anno scorso, di ricandidarsi per un terzo mandato in barba alla costituzione (intenzione poi ritirata).
Nell’estate scorsa, proprio mentre il Pastef guadagnava consensi in real time, lo ha messo al bando, ha fatto arrestare centinaia di attivisti, sospeso internet e TikTok. Ma il capolavoro di inettitudine politica arriva il 3 febbraio quando il presidente annuncia che le elezioni, previste per il 25, non si terranno, adducendo come motivazioni possibili rischi alla sicurezza del paese. Ci penserà la Corte costituzionale, 13 giorni dopo, a bloccare il rinvio perché «contrario alla costituzione» e ad obbligare Sall a convocare il voto al più presto.
Ma la vittoria di Faye non è solo frutto degli errori dell’ormai ex presidente. Le sue istanze di cambiamento radicale hanno prevalso sull’usato, non sempre garantito.
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