Il 28 dicembre, il Consiglio dei Ministri ha emesso un comunicato stampa in cui si annuncia che «Il Ministro della salute Orazio Schillaci ha predisposto un’ordinanza che prevede l’obbligo di sottoporsi a tampone antigenico, con relativo sequenziamento del virus in caso di esito positivo, per tutti i passeggeri in arrivo o in transito dalla Cina. La misura si rende indispensabile per garantire la sorveglianza e l’individuazione di eventuali varianti, al fine di tutelare la popolazione italiana».

In realtà, l’assessore al Welfare della Regione Lombardia Guido Bertolaso aveva già deciso di sua spontanea volontà di sottoporre al tampone i “turisti cinesi o residenti in Italia, ma di origine cinese” che viaggiavano su due aerei provenienti dalla Cina e atterrati a Malpensa il 26 dicembre perché «le informazioni che circolavano sulla Cina erano allarmanti. Per capire che cosa stesse davvero succedendo, abbiamo deciso di controllare i passeggeri che arrivavano da lì. Abbiamo informato il governo, che ha preso in considerazione il nostro lavoro». 

Però Bertolaso non l’aveva comunicato ai media, e quando gli hanno chiesto il perché, ha risposto: «È stata una mia decisione. Ho scelto di avviare l’attività di testing senza diffondere l’informazione perché volevo capire se ci trovavamo di fronte a un problema vero oppure no: una prudenza per evitare di diffondere preoccupazioni eccessive. Dopo aver proposto il tampone ai passeggeri dei primi due voli, abbiamo subito comunicato i risultati. Devo dire che la nostra non è stata un’iniziativa azzardata né sbagliata: sono emersi 97 positivi su 212 testati, quasi uno su due. Sul primo volo – ha spiegato l’assessore – su 92 passeggeri sono 35 i positivi (il 38 per cento). Nel secondo, su 120 passeggeri 62 (il 52 per cento) sono positivi». Quindi, quasi un passeggero su due è risultato positivo al coronavirus. Il 28 dicembre, anche l'assessore alla Salute del Lazio, Alessio D'Amato, ha annunciato che i passeggeri provenienti dalla Cina che atterrano a Fiumicino saranno sottoposti a tampone.

Ma tutta questa preoccupazione e le misure annunciate dal governo sono giuste, e giustificate? Volendo riassumere, si può dire che sono giustificate perché in materia di Covid la prudenza non è mai troppa, ma sono probabilmente inutili.

Che succede in Cina

Cosa stia succedendo realmente in Cina è difficile saperlo. Improvvisamente, il 7 dicembre il presidente Xi Jinping ha deciso di attenuare la “Politica dello Zero Covid dinamica” adottata sino a quel giorno, e da quel momento le diverse varianti Omicron del coronavirus presenti in Cina, altamente contagiose e poco meno letali delle precedenti, possono circolare con maggiore libertà in una popolazione che ha bassi livelli di immunità naturale e scarsamente vaccinata. Per valutare l’andamento dell’epidemia, il 21 dicembre a Pechino si è riunita la Commissione Nazionale per la Salute della Repubblica Popolare Cinese, che è la più alta autorità sanitaria del paese: alcuni verbali segreti di quell’incontro sono arrivate nelle mani di Bloomberg News, e la realtà che descrivono è tragica. Secondo quei verbali, nella settimana dal 14 al 21 dicembre in Cina ogni giorno si sono verificati 37 milioni di nuovi casi di Covid, che rappresentano l’ondata epidemica più grande nel paese dall’inizio della pandemia. Nei primi 20 giorni di dicembre circa 248 milioni di persone, pari a circa il 18 per cento della popolazione, ha probabilmente contratto il virus. Queste cifre paiono enormi, eppure sembrano essere fondate e vicine al vero.

Uno studio appena pubblicato, condotto da scienziati delle Università di Hong Kong e di Shenzen, e intitolato “Modelli riguardanti l’aggiustamento della risposta contro il COVID-19 e l’uscita dalla politica Zero Covid dinamica in Cina”, prevede che nei prossimi mesi i morti in Cina potrebbero essere più di 1 milione. Secondo un altro studio di scienziati dell’Università di Washington il Covid in Cina provocherà circa mezzo milioni di morti da qui ad aprile, che potrebbero diventare 1,6 milioni entro la fine del 2023, se le cose non cambieranno; ed entro marzo dell’anno prossimo, poi, le vittime del Covid potrebbero diventare 9.000 al giorno. Perché bisogna ricordare che, contrariamente a quel che si pensa, la variante Omicron è letale quanto la variante originaria Wuhan del virus e poco meno della Delta, e provoca una malattia grave che spesso causa la morte, come dimostra anche un recente studio condotto da scienziati dell’Università John Hopkins di Baltimora, dal titolo “Impatto delle varianti del SARS-CoV-2 sugli esiti clinici in pazienti ospedalieri”.

Insomma, in questo momento in Cina è in corso la più grande ondata epidemica del Covid mai verificatasi sulla faccia della Terra dall’inizio della pandemia. E noi ci dobbiamo preoccupare? Sì e no.

Immunizati e non

La preoccupazione maggiore è che questa enorme circolazione del virus in Cina possa dare origine a nuove varianti. In questo preciso momento in Cina probabilmente ci sono più di 100 milioni di individui infetti, e ognuno di loro ospita da 1 a 10 miliardi di copie del coronavirus. Ogni volta che il SARS-CoV2 si replica deve duplicare il suo patrimonio genetico - cioè il suo Rna - ma in questo processo di duplicazione possono avvenire degli errori di copiatura che generano mutazioni nell’Rna e di conseguenza nelle proteine del virus, che dall’Rna sono codificate. Certe mutazioni sono positive, cioè facilitano la sopravvivenza e la diffusione del virus, altre sono negative, e le ostacolano. I virus con mutazioni che ne facilitano la sopravvivenza e la diffusione si propagano; gli altri, soccombono e scompaiono. E cosa decide quali mutazioni predominano e quali no? L’ambiente in cui esse si diffondono.

Nei primi due anni della pandemia, il virus circolava in popolazioni in cui pochissime persone erano vaccinate o avevano sviluppato l’immunità, e perciò il fattore contagiosità favoriva la diffusione del virus. In altre parole, i virus più contagiosi avevano un vantaggio evolutivo e si diffondevano più facilmente. Così prima nacque la variante Delta, che comparve a fine 2020 in India, paese in cui nessuno era ancora vaccinato; e poi nacque la variante Alfa, che comparve in Gran Bretagna a gennaio 2021, un’epoca in cui pochissimi in quel paese erano vaccinati. Alfa e Delta erano molto contagiose e aggressive, e provocavano un altissimo numero di morti.

Da due anni a questa parte, però, il virus circola in popolazioni in cui molte persone sono vaccinate o hanno avuto infezioni precedenti, e quindi hanno sviluppato un’immunità più o meno efficace. In queste condizioni, hanno un vantaggio evolutivo i coronavirus che grazie alle mutazioni riescono ad acquisire la capacità di evadere al sistema immunitario. Così è nata la variante Omicron, che è comparsa a dicembre 2021 in Sudafrica, paese in cui pochi erano vaccinati ma molti avevano sviluppato un’immunità perché erano stati infettati dal virus in precedenza. Omicron, poi, ha generato una progenie di sottovarianti che condividono le stesse caratteristiche: sono tutte immunoevasive, cioè riescono ad eludere il controllo del sistema immunitario e ad infettare praticamente chiunque, e perciò sono contagiosissime; e fortunatamente sono lievemente meno aggressive e letali di Delta, che da questo punto di vista era una macchina perfetta.

Nuove varianti

In Cina per ora predominano Omicron e le sue sottovarianti, anche se l’enorme popolazione cinese – 1,4 miliardi di persone - è scarsamente immunizzata e poco vaccinata. Buona parte degli abitanti della Cina, a causa dei ripetuti lockdown imposti dalla politica Zero Covid, non ha mai contratto il virus e quindi non ha potuto sviluppare una immunità; e il governo cinese non ha condotto campagne di vaccinazioni efficienti e veloci: il 90 per cento dei cinesi ha fatto due dosi di vaccino, ma solo il 70 per cento di quelli con più di sessant’anni e solo i 40 per cento degli ultra-ottantenni ha ricevuto la terza dose. A ciò si aggiunge il fatto che i due vaccini di stato cinesi, il Sinofarm ed il Sinovac, sono molto meno efficaci dei moderni vaccini ad Rna occidentali.

«Dall’inizio di dicembre in Cina abbiamo rilevato nove sottovarianti del virus, che appartengono tutte al ceppo Omicron», ha affermato Xu Wenbo, direttore del Centro Cinese per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie. In quest’ultimo mese, il centro ha completato il sequenziamento di 1142 campioni, e ha scoperto che le sottovarianti che predominano nel paese sono BA.5.2 e BF.7, presenti in più dell’80 per cento dei casi. Altre 7 sottovarianti sono presenti in percentuali inferiori. In queste sottovarianti, che sono tutte state importate dall’estero, non sono state trovate nuove mutazioni.

La sottovariante BF.7, in particolare, è quella più diffusa a Pechino e che sta dando il maggiore contributo all’ondata epidemica in corso in Cina. Ma che cos’è questa nuova variante, e ci dobbiamo preoccupare?

BF.7 - un’abbreviazione di BA.5.2.1.7 – è una sottovariante di Omicron 5. Ha un R0 – cioè un numero basico di riproduzione- stimato tra 10 e 18,6, il che significa che ogni infetto può trasmettere il virus a una media compresa tra 10 e 18,6 altri individui. Per fare un paragone, il ceppo originario di Omicron aveva un R0 pari a 5. Nella maggior parte dei casi BF.7 infetta gli individui senza dare sintomi, e questi portatori asintomatici sono i maggiori veicoli per la diffusione del virus. In un numero inferiore di casi, i soggetti infettati da BF.7 sviluppano una malattia che dà sintomi identici a quelli delle altre varianti Omicron, e che interessano soprattutto le vie respiratorie superiori. I pazienti possono avere febbre, tosse, mal di gola, raffreddore e senso di affaticamento; più raramente vomito e diarrea.

Come tutte le sottovarianti di Omicron 5, anche BF.7 possiede una mutazione specifica nella proteina spike – quella che il virus utilizza per attaccarsi alle nostre cellule e infettarle – denominata R346T, che le conferisce la capacità di sfuggire agli anticorpi neutralizzanti generati dai vaccini o da un’infezione precedente. Anche se non ci proteggono in maniera efficace dal contagio, tuttavia anche contro BF.7 i vaccini e i loro richiami ci difendono in maniera sufficientemente efficace della malattia grave e dalla morte.

Oltre che in Cina, BF.7 è stata segnalata in molte altre nazioni del mondo - come l’India, gli Usa, la Gran Bretagna- e in altre nazioni europee - come il Belgio, la Germania, la Francia e la Danimarca. Nei paesi dove i tassi di vaccinazione sono elevati la diffusione di questa sottovariante rimane sotto controllo, probabilmente proprio grazie ai vaccini: attualmente, per esempio, negli Usa rappresenta solo il 6 per cento circa delle infezioni, e questo dato pare essere in calo.

Quindi, se anche qualcuna delle varie sottovarianti di Omicron 5 circolanti in Cina arrivasse in Italia non ci dovremmo preoccupare perché i nostri vaccini continuano a garantirci una protezione efficace contro la malattia grave e sufficiente anche contro il contagio.

Però, c’è un altro pericolo: che a causa della gigantesca circolazione del virus in Cina sorga una variante totalmente nuova, magari non più appartenente al ceppo Omicron, che acquisisca capacità di immuno-evasività e una letalità maggiore rispetto alle precedenti. È un evento improbabile, proprio perché l’ambiente ora favorisce maggiormente l’insorgere di mutazioni immuno-evasive, ma non impossibile. E se ciò accadesse i primi ad accorgersene probabilmente sarebbero i cinesi.

Controlli inutili?

Infine, resta da capire se la misura imposta dal ministro della Salute - quella di sottoporre a tampone tutti i passeggeri che arrivano in Italia su voli diretti dalla Cina- possa essere utile oppure no. Il ministro ha affermato che il tampone a tutti i passeggeri in arrivo dalla Cina serve per individuare eventuali varianti: ma in questo momento in Cina ci sono probabilmente 100 milioni di infetti, e le probabilità che il portatore del virus con la mutazione fatale sia proprio uno di quei 100 passeggeri che ogni giorno arrivano in Italia dalla Cina sono minime, e pensarlo è velleitario quanto cercare un ago in un pagliaio. Se poi il ministro volesse sostenere che sottoporre a tampone tutti i passeggeri in arrivo dalla Cina serve a scongiurare l’arrivo del virus cinese in Italia, occorre ricordare cosa accadde a inizio pandemia.

Quando scoppiò il focolaio originario di Wuhan, poche migliaia di persone infette bastarono a trasportare il virus e a diffonderlo in ogni angolo del pianeta in pochi giorni, nonostante i controlli. In questo preciso istante, molti dei 100 milioni di portatori cinesi stanno già viaggiando ovunque, e il virus sta marciando sulle loro gambe nei quattro angoli del pianeta- per terra, per aria e per mare. I virus cinesi con ogni probabilità sono già arrivati in Germania, in Francia, in Inghilterra, negli Usa, ovunque sia giunto un individuo proveniente dalla Cina, e da qui probabilmente sono già arrivati in Italia, portati da qualcuno che s’è infettato in Germania, in Francia, o negli Usa e che magari non è passato dai nostri aeroporti. Credere che basti sottoporre a tampone tutti coloro che atterrano in aeroporti italiani su voli provenienti dalla Cina equivale a credere che si possa arrestare una gigantesca onda di tsunami con un cucchiaino da caffè.

L’unica soluzione reale sarebbe chiudere in maniera ermetica i confini della Cina e proibire ad ogni cinese di lasciare il suo paese: ma questo, in un mondo globalizzato, non è possibile.

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