- Il Cremlino ha fatto capire che l’approccio bellico è cambiato. Alla base del fallimento dell’invasione russa ci sono anche errori di analisi e scarsa conoscenza delle forze armate ucraine, che nel 2022 non sono più quelle del 2014.
- La rapida trasformazione dell’Ucraina in uno stato vassallo è fallita, ed è naufragata anche l’ipotesi di una guerra d’attritto su larga scala. Rimane il consolidamento dei territori dell’est e la conquista degli accessi sul mar d’Azov.
- Mosca sa che si arriverà alle trattative e vuole poter sfruttare la massima posizione possibile, in maniera analoga a ciò che fecero i serbi e croati in Bosnia alla vigilia degli accordi di Dayton.
Nella pianificazione militare l’intelligence gioca un ruolo decisivo per determinare gli obiettivi e valutare l’avversario. Alla base del fallimento dell’invasione russa ci sono anche errori di analisi e scarsa conoscenza delle forze armate ucraine, che nel 2022 non sono più quelle del 2014.
Il Cremlino ha fatto capire, per voce del colonnello-generale (equivalente a generale di corpo d’armata) Sergej Rudskoj, vicecapo dello stato maggiore russo, che l’approccio bellico è cambiato.
Il piano iniziale, che prevedeva una guerra lampo con l’occupazione di Kiev, l’uccisione di Volodymyr Zelensky e l’instaurazione di un regime fantoccio, è miseramente fallito.
L’idea era quella di rendere l’intera Ucraina uno stato vassallo al pari della Bielorussia di Lukashenko, per poi magari passare alla Moldavia.
Infatti, Putin si appellò all’esercito ucraino per deporre il presidente e trattare una resa, invito respinto dalle forze armate rimaste leali al governo legittimo di Kiev. Il piano B russo prevedeva invece una guerra di attrito su larga scala, che aumentasse la pressione dal cielo con i bombardamenti e da terra con l’avanzata su più assi in tutto il paese.
Anche questa strategia, grazie al massiccio invio di armi anticarro e antiaeree occidentali, è sostanzialmente fallita perché tutte le maggior città ucraine non sono cadute e le colonne russe sono state ricacciate indietro di diversi chilometri con controffensive a Kiev, a Sumy e a Mykolaiv.
Salvare la faccia
A questo punto, l’apparato politico-militare russo ha compreso di dover passare da obiettivi massimalisti ad altri più circoscritti, per salvare la faccia in un’operazione che si sta rivelando disastrosa.
Lo scopo primario è quindi cambiato, dalla conquista di Kiev al consolidamento della fascia a sudest che dalla Crimea arriva a Luhansk passando per Mariupol ancora assediata.
Nel Donbass sono schierate quattro brigate di fanteria meccanizzata ucraina, tra le unità veterane del conflitto, che hanno retto il fronte di Donetsk e impedito che i separatisti filorussi occupassero l’intero oblast.
Un pericolo deriva da una possibile manovra russa che da Izium a nord potrebbe calare su Sloviansk e Kramatorsk, isolando queste grandi unità ucraine col rischio di intrappolarle in una sacca mortale.
Da un punto di vista strategico, tuttavia, ben più importante dell’occupazione dei due oblast dichiarati indipendenti da Mosca c’è il controllo del mar d’Azov e della costa del mar Nero fino a Kherson, che escluderebbe quasi del tutto l’Ucraina dallo sbocco al mare, eccetto il porto di Odessa non ancora attaccato, e cambierebbe gli equilibri geopolitici di quel mare su cui affacciano le flotte Nato, in primis quella turca.
Il ruolo della Turchia
Ankara è un attore fondamentale nella guerra in Ucraina per vari aspetti. Prima di tutto ha fornito i letali droni Bayraktar che annientano i carri russi dal cielo e sono più economici di quelli statunitensi o israeliani.
Inoltre, la convenzione di Montreaux regolamenta il passaggio navale nello stretto dei Dardanelli e nel Bosforo, controllati dalla Turchia. Infine, Erdogan ha cercato di ritagliarsi un ruolo da mediatore nel conflitto, con i colloqui tra Lavrov e Kuleba, ma allo stesso tempo la Turchia fa parte della Nato.
I miliziani siriani di Assad, per raggiungere l’Ucraina, devono volare sullo spazio aereo turco partendo da Damasco, mentre una recrudescenza del conflitto in Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian potrebbe aumentare il peso turco nella partita, con il rischio di un’escalation.
Tornando alle cause del fallimento iniziale russo in Ucraina, l’intelligence militare britannica ha osservato su vari fronti un’attività di trinceramento e di consolidamento di posizioni difensive, per proteggere il territorio conquistato ed evitare ulteriori ritirate per le controffensive ucraine.
Mosca sa che si arriverà alle trattative e vuole poter sfruttare la massima posizione possibile, in maniera analoga a ciò che fecero i serbi e croati in Bosnia alla vigilia degli accordi di Dayton. Va in questo senso anche il tentativo di balcanizzazione con la creazione di altri oblast indipendenti dopo aver indetto referendum farsa.
All’inizio dell’invasione, la forza schierata dalla Russia ammontava a non più di 200mila uomini, di cui una parte significativa erano soldati di leva e riservisti. Mentre l’Ucraina disponeva di una forza speculare a cui si aggiungevano quasi centomila uomini della difesa territoriale.
Errori di calcolo
È stato calcolato che alla Russia servirebbero il triplo delle attuali forze per occupare il paese e che circa quarantamila soldati russi sono ormai fuori combattimento tra feriti, morti e unità sbandate.
Lettere di coscritti pubblicate da vari canali testimoniano il morale bassissimo degli invasori; infatti, i feriti si rifiutano di tornare al fronte una volta guariti e lamentano la scarsissima organizzazione delle operazioni.
Le analisi che l’intelligence russa aveva fornito al Cremlino erano volte a ingraziarsi Putin con la promessa di un trionfo militare più che a dipingere un quadro realistico della situazione e i rischi di una guerra convenzionale.
A questo elemento si somma la corruzione dell’amministrazione russa che ha impedito un’efficace catena logistica. Se nel 2011 la Reuters riportava che ad alcuni reparti russi fosse stato dato cibo per cani, in questa guerra le razioni distribuite erano sufficienti per tre giorni e spesso erano scadute da sette anni.
Il gruppo Wagner, fondato da Evgenij Prigožin, soprannominato “lo chef di Putin”, ha anche gli appalti per le forniture delle razioni all’esercito russo, i cui prezzi sono schizzati alle stelle.
I cecchini e le forze speciali ucraine continuano a bersagliare gli alti comandi russi, hanno eliminato due generali di divisione e quattro di brigata, oltre a numerosi comandanti di reparto e il vicecapo della flotta sul mar Nero.
Il governo ucraino ha in mente di usare software di riconoscimento facciale, che comparino il viso dei soldati russi uccisi con dei database e fonti aperte come VKontakte, per quantificare le perdite nemiche.
Il Cremlino ha ammesso la morte di 1.351 uomini, ma stime indipendenti ritengono credibili perdite vicine ai 10mila, con la necessità per Putin di fare ricorso a mercenari del gruppo Wagner, rinforzi da Ossezia del sud e Armenia, oltre a miliziani siriani.
A Donetsk, gli ucraini hanno ucciso e identificato due mercenari centrafricani e congolesi che combattevano per i separatisti e sono state trovate anche banconote siriane che segnalano la presenza di miliziani di Assad, che sono in prevalenza alawiti e cristiani, da utilizzare nella guerriglia urbana.
Volontari stranieri
Anche migliaia di uomini della diaspora ucraina in Europa e nel mondo sono tornate in patria per arruolarsi nella difesa territoriale. È stato detto e scritto già molto sui volontari stranieri che combattono nella legione internazionale di Kiev, tra cui veterani americani e britannici che stanno apportando un know how utile alla difesa ucraina.
Un elemento interessante è la costituzione di cinque unità militari dell’opposizione bielorussa al fianco dell’Ucraina, che combattono con buoni risultati sul fronte di Kiev.
L’opposizione al dittatore Lukashenko ha trovato uno sfogo nella guerra e questi “foreign fighters” potrebbero diventare una spina nel fianco in una eventuale insurrezione a Minsk, dove le gerarchie militari mostrano insofferenza per i piani di Putin e i partigiani continuano a sabotare le ferrovie con i rifornimenti russi.
Grazie all’insieme di questi fattori attivi e passivi, il piano russo di occupazione dell’intera Ucraina è sostanzialmente fallito.
Le richieste di Zelensky di fornire aerei e carri armati da parte della Nato vanno valutate senza rischiare di provocare un’escalation globale, anche perché si tratta di mezzi che richiedono una preparazione specialistica a cui soldati, carristi e piloti ucraini non sono necessariamente preparati.
Potrebbe essere una mossa controproducente, con il rischio di mandare letteralmente in fumo milioni di euro, dato che i reparti corazzati ucraini sono stati spesso distrutti dall’aviazione russa.
Mentre sistemi d’arma antiaerei come l’S-300 potrebbero garantire all’Ucraina la capacità di proteggere lo spazio aereo senza ingaggiare direttamente la Nato. Il conflitto può durare ancora varie settimane, ma le sanzioni economiche stanno iniziando a farsi sentire a Mosca e il morale degli invasori è troppo basso per rilanciare una piena invasione.
È presto per decretare la vittoria o la sconfitta, ma dopo un mese di resistenza sicuramente si sbagliavano coloro che consideravano l’Ucraina perduta in pochi giorni e la invitavano ad arrendersi.
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