Dopo sei giorni di attesa è riuscito il salvataggio della nave rimasta incagliata all’entrata del canale di Suez. Il presidente al Sisi fa propaganda e rivendica il successo dell’operazione
- La svolta nelle operazioni è arrivata verso le 4 e mezza del mattino di oggi, quando una decina di rimorchiatori sono riusciti a orientare la nave nella giusta direzione.
- Il presidente egiziano al Sisi ha pubblicato due tweet rivendicando la buona riuscita dell’operazione come un successo nazionale. «Nonostante l’enorme complessità tecnica, gli egiziani sono riusciti a porre fine alla crisi» scrive il presidente.
Per ogni giorno che passa l’autorità locale perde dai 10 ai 13 milioni di euro tra tasse di passaggio e servizi vari, a questo si sommeranno gli indennizzi per i disagi provocati. A pagare sarà lo stato egiziano.
La luna piena e l’alta marea salvano l’Egitto e accelerano il salvataggio della Ever Given, la nave mercantile che da martedì scorso è rimasta incagliata nella parte sud del canale di Suez. La svolta nelle operazioni è arrivata verso le 4 e mezza del mattino di oggi, quando una decina di rimorchiatori sono riusciti a orientare la nave nella giusta direzione. A dare il lieto annuncio ci ha pensato l’ammiraglio Osama Rabie a capo del Suez Canal Authority, che può finalmente tirare un sospiro di sollievo. Il presidente egiziano al Sisi ha pubblicato due tweet rivendicando la buona riuscita dell’operazione come un successo nazionale. «Nonostante l’enorme complessità tecnica, gli egiziani sono riusciti a porre fine alla crisi» scrive il presidente. Nell’annuncio non sono menzionati il team della Smit Salvage, società olandese esperta in operazioni di salvataggio, e il rimorchiatore italiano “Carlo Magno” giunti in Egitto per salvare il commercio mondiale.
La sfida nelle prossime ore sarà smistare il traffico generato dal cargo imponente, tra i più grandi in circolazione, che ha lasciato in attesa oltre trecento imbarcazioni. In media ci vogliono 15 ore per attraversare il tratto artificiale lungo 190 chilometri. Per ogni giorno che passa l’autorità locale perde dai 10 ai 13 milioni di euro tra tasse di passaggio e servizi vari, a questo si sommeranno gli indennizzi per i disagi provocati. A pagare sarà lo stato egiziano che secondo il decreto di nazionalizzazione è colui che incassa i proventi, approva il bilancio e nomina i componenti dell’autorità che gestisce il canale.
L’economia mondiale, invece, lascia in attesa beni per un valore di 9,6 miliardi di dollari secondo quanto stimato da Bloomberg. Un volume d’affari che riguarda circa il 12 per cento del commercio mondiale che fa la spola tra il Mar Rosso e il Mediterraneo ogni anno.
Una volta liberata, la Ever Given è stata trasportata verso il Grande lago amaro, una sorta di piazzola di emergenza del canale dove sarà sottoposta a ispezioni tecniche. L’obiettivo è cercare di capire quali siano state le cause che hanno provocato l’incidente. L’ammiraglio Rabie nei giorni scorsi ha parlato di errore umano o errore tecnico e ha fatto discutere la manovra un po’ “anomala” svolta dal capitano della Ever Given in piena tempesta di sabbia. Un documento delle autorità marittime statunitensi pubblicato nel 2019 avvertiva la sua marina mercantile in merito a delle interferenze nei segnali gps e satellitari che avvengono in alcune aree del Mediterraneo, tra queste è menzionato anche il canale di Suez.
The Marlboro Canal
Il tratto marittimo artificiale di Suez è conosciuto anche come il canale della Marlboro. L’appellativo, non troppo originale, è stato affidato dagli equipaggi delle navi mercantili che quotidianamente attraversano gli stretti e i canali più importanti del mondo. La motivazione è facilmente intuibile.
Chi si è trovato a passare lungo il mar Rosso ha denunciato fenomeni corruttivi da parte di alcuni operatori del canale che chiedono stecche di sigarette e beni vari ai cargo di passaggio, in cambio di un attraversamento “tranquillo”.
Le autorità egiziane hanno sempre negato e respinto duramente le accuse. Tra i primi a denunciare il caso fu un marinaio egiziano attraverso un post su Facebook pubblicato nel 2017 e rimosso non appena diventato virale. «Mentre attraversavo il canale con un equipaggio di stranieri dovevo essere orgoglioso del mio paese ma quello che è successo mi ha fatto desiderare di non doverlo mai più attraversare» racconta Amin Wahab. Al suo equipaggio hanno chiesto 17 stecche di sigarette e cibo.
Anche un report della guardia costiera statunitense del 2014 ha confermato i fenomeni di corruzione. Basta farsi un giro sui social network tra le pagine del settore per capire quanto sia conosciuto e rilevante il fenomeno. «I timonieri che salgono sull’imbarcazione per navigarla nell’area portuale spesso chiedono le sigarette Marlboro, accade soprattutto a Panama e nel canale di Suez» conferma in chat privata uno degli utenti che è stato a bordo di equipaggi navali.
In una relazione della commissione del parlamento inglese si legge: «I timonieri si aspettano abitualmente di ricevere stecche di sigarette Marlboro, che normalmente rivendono. Abbiamo sentito di navi guidate con negligenza attraverso il canale di Suez o forse anche deliberatamente danneggiate dagli operatori se non ricevono nulla in cambio». Per mettere fine alle richieste dei membri che lavorano per l’autorità che gestisce il canale, nel 2015 la Marina anti-corruption network (Manc), una rete nata nel 2012 per combattere la corruzione nel commercio marittimo, ha lanciato la campagna “Say No”. La rete ha adottato una politica coordinata di tolleranza zero tra tutte le aziende che ne fanno parte e ha fornito ai capitani delle navi materiale di comunicazione e toolkit di bordo. Stando all’ultimo report del network del 2019 i casi di corruzione ora sono limitati. «Le richieste di sigarette sono diminuite drasticamente o sono state eliminate, mentre le minacce alla sicurezza dell’equipaggio e della nave sono diminuite significativamente» scrivono.
Il canale di Suez è la ricchezza più importante dell’Egitto, tra casi di corruzione nel passato e una precaria gestione delle emergenze ha mostrato al mondo intero il volto di uno stato, ancora una volta, incapace di amministrare il suo patrimonio.
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