- Niente di nuovo sotto il sole. Sembrerà cinico, ma niente era più prevedibile del circolo di azioni e reazioni che sta insanguinando Israele e la Cisgiordania.
- Contrariamente a quanto avviene puntualmente, la domanda che non bisognerebbe mai fare è: chi ha iniziato?
- Sarebbe il caso che la comunità internazionale tornasse ad occuparsi di questo conflitto, che non ha solo un valore simbolico, ma può incidere sulla stabilità del Medio oriente almeno su due piani. Mette sabbia negli ingranaggi degli storici Accordi di Abramo e rischia di deflagrare in un conflitto fra Israele e Iran, Paese all’angolo e attuale rifornitore dei palestinesi.
Niente di nuovo sotto il sole. Sembrerà cinico, ma niente era più prevedibile dell’ultimo attentato a Tel Aviv, dove una macchina si è gettata su un marciapiede investendo otto persone. Come prontamente rivendicato da Hamas, è la risposta alla dura operazione dell’esercito israeliano a Jenin che si sta compiendo in queste ore e di cui ha già scritto Davide Lerner su queste pagine.
Il timore, anche qui come da copione, è che presto arriveranno razzi dalla Striscia di Gaza, o peggio, dalla Cisgiordania stessa, da dove ne sono partiti un paio la settimana scorsa senza andare a destinazione. Erano molti anni che ciò non accadeva.
Ovviamente, l’operazione militare è, a sua volta, una reazione alla serie di attentati contro la popolazione ebraica in Cisgiordania e in Israele delle ultime settimane, che, a loro volta, erano una risposta all’occupazione in essere dal ’67, che, sua volta.. e così andare fino alla notte dei tempi.
Lo stesso copione
È consuetudine che, a questo punto, si sollevino le rispettive propagande con i social inondati di post a sostegno della resistenza palestinese e di denuncia nei confronti dell’apartheid israeliana e altri che ricordano la sequela di attentati e attacchi subiti dallo stato ebraico. E poi, immancabili, gli intellettuali dell’una e dell’altra parte, che denunciano censure.
Chi lamenta che non si possa parlare di Israele senza essere accusato di antisemitismo, chi il doppio parametro riservato allo stato ebraico, a cui non è riconosciuto il diritto alla difesa. Antico retaggio dell’antigiudaismo occidentale così in voga anche nelle classi colte.
Un copione già scritto, che, da anni e anni, si ripete identico ad ogni occasione. Basterebbe questo eterno ritorno dell’uguale per capire quanto sbagliato sia questo riflesso condizionato che porta verso un vicolo cieco.
Conseguenze
La pratica di giustizia riparativa, questa antica arte di origini bibliche che in Italia è stata portata avanti da figure come Adolfo Ceretti, Claudia Mazzucato e altri, insegna che «Chi ha iniziato?» è la domanda che non bisogna mai fare perché ognuno penserà la propria azione come reazione ad un torto subito.
Piuttosto che sulle cause bisognerebbe ragionare sulle conseguenze del proprio gesto. Cosa comporta un missile lanciato su Gerusalemme? Cosa comporta un giovane palestinese ucciso? Cosa comporta un attentato a Tel Aviv? Cosa comporta una reazione spropositata dell’esercito? A volte i gesti sono necessari, ma bisogna sapere bene a cosa si va incontro.
Inadeguati
E va detto, in questo momento, pensando al conflitto israelo-palestinese, è difficile immaginare leadership più inadeguate ad uscire dai soliti binari. Di Israele si è scritto molto. Semplicemente il governo più a destra della storia del paese, con una componente razzista, suprematista e antiaraba che fa venire la pelle d’oca solo a nominarla.
A fianco ad un premier indagato con mire da «David Melech Israel» (Davide Re di Israele), ne esce un misto di Ungheria e Arabia Saudita. Per quanto riguarda il mondo palestinese: lo stesso per ennemila. In Cisgiordania un primo ministro quasi novantenne che non indice elezioni da quindici anni perché sa di perderle e che ha, man mano, ristretto ogni tipo di libertà.
A Gaza, basta la parola: Hamas. Un gruppo terroristico mafioso che opprime i propri cittadini e li usa come carne da cannone. Ma al peggio non c’è mai fine e, da tempo, Hamas subisce la concorrenza delle varie sigle della jihad islamica.
L’attenzione del mondo
Sarebbe il caso che la comunità internazionale tornasse ad occuparsi di questo conflitto, che non ha solo un valore simbolico, ma può incidere sulla stabilità del medio oriente almeno su due piani. Mette sabbia negli ingranaggi degli storici Accordi di Abramo e rischia di deflagrare in un conflitto fra Israele e Iran, paese all’angolo e attuale rifornitore dei palestinesi.
Popolo abbandonato da tutti, che, anzitutto deve vedersi dai suoi amici, sempre pronti ad alimentare un circolo di violenza che si ritorce contro di loro. Per entrambi gli schieramenti vale il detto: dai nemici mi guardi Dio che dagli amici mi guardo io.
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