Più di cinquanta parlamentari conservatori del Nord dell’Inghilterra firmano una lettera in cui contestano la gestione dell’epidemia da parte del premier. La protesta si aggiunge alla rivolta interna al partito di governo per la scelta di non estendere i buoni pasto gratis per i bambini più poveri
- Nelle scorse elezioni Boris Johnson riuscì a sfondare pure il “red wall”, il Nord del paese a tradizione laburista. Ora proprio da quelle regioni arriva la fronda di parlamentari conservatori che contesta la sua gestione della crisi.
- Jake Berry è capofila della fronda tory, il Northern research group. Una cinquantina di eletti del Nord chiedono un piano chiaro: il settentrione è zona ad alta allerta, e il mix di chiusure e mancate compensazioni crea insofferenza.
- In più, la scelta del governo di non prorogare i buoni pasto ai bimbi in difficoltà causa una rivolta nel partito.
Può la mala gestione dell’epidemia mettere in crisi il governo? Sta accadendo a Boris Johnson nel Regno Unito. Non solo c’è una rivolta tra i conservatori per la scelta dell’esecutivo di non estendere i buoni pasto gratis per i bambini più poveri, ma ora il premier ha pure ricevuto una lettera di proteste vergata da oltre cinquanta parlamentari del suo partito.
La lettera
C’era una volta Johnson che sfondava il red wall, il bastione rosso, quell’area a nord dell’Inghilterra tradizionalmente laburista. Erano le elezioni del 12 dicembre, prima della pandemia. Oggi, proprio da quei territori espugnati alla sinistra, arriva al premier il colpo che lo fa barcollare. Perché è in quel nord, il più colpito dai contagi, che dal suo stesso partito si levano le proteste. «Siamo allo sbando, serve un piano chiaro per uscire dalla crisi e dalle restrizioni», scrive Jake Berry con 54 parlamentari conservatori. Lui è capofila della corrente, il Northern research group.
Il nome evoca lo European research group, la fronda più euroscettica del partito conservatore, nata nel 1993 contro l’integrazione europea. Un influente gruppo di pressione che ha voluto il referendum sull’uscita dall’Ue e poi – con esponenti come Jacob Rees-Mogg – ha lottato per una Brexit senza compromessi. La nuova fronda non se la prende con Bruxelles ma con Londra. Berry, che la guida, era fino a poco fa molto vicino a Johnson. «Fu proprio lui a dirmi, vai pure, tira su un gruppo di quelli del nord… mi chiedo se oggi il premier la pensi ancora così», dice Berry. Da dieci anni presidia il collegio di Rossendale e Darwen, nel Lancashire (nord ovest). Questa constituency ondivaga (prima votava il labour, prima ancora i tory) è sentinella di chi vincerà a livello nazionale.
Il nord “rosso”
Il mondo operaio del nord, una volta nitidamente labour, poi pro Brexit e con simpatie per Nigel Farage, nel voto di dicembre ha dato qualche chance ai conservatori. Nel gruppo ci sono alcuni di quei parlamentari tory che sono riusciti in Inghilterra a fare ciò che Matteo Salvini ha fallito in Emilia e Toscana: penetrare nella fortezza rossa. Ora il Northern research group non vuole perdere il consenso conquistato solo perché Johnson non sa gestire la pandemia. Il nord, una volta rosso perché di sinistra, ora è “rosso” per l’allerta Covid-19: il paese ha superato proprio ieri i 60mila morti da inizio pandemia, e il 92 per cento delle zone dichiarate ad allerta massima dal governo si trova proprio a settentrione. Vuol dire restrizioni per le attività economiche, pub e ristoranti chiusi. Già i laburisti – il sindaco dell’area metropolitana di Manchester e il leader Keir Starmer – hanno protestato: le misure, in mancanza di adeguato supporto economico del governo, pesano sulle classi svantaggiate; Johnson ha pure sforbiciato la cassa integrazione (nella prima ondata era all’80 per cento, ora al 66). Ora la fronda conservatrice, che non vuole consegnare tutto il malcontento come capitale politico ai labour, dice che il premier sta tradendo le promesse elettorali. «La crisi da Covid-19 rischia di pesare di più sul nord e di acuire le diseguaglianze, eppure noi tory qui al nord abbiamo vinto proprio promettendo la riduzione dei divari. Che fine ha fatto quel piano?».
La rivolta dei pasti
Ecco allora che i conservatori del nord chiedono pure loro di alzare la cassa integrazione, e alcuni a dispetto del partito si ritrovano a votare coi laburisti quando si tratta di difendere i free school meals (i buoni pasto scolastici) anche per i giorni delle vacanze: quei buoni andrebbero a un milione e mezzo di bambini provenienti da famiglie in difficoltà (talvolta ridotte in povertà proprio per la crisi da Covid-19). Quando il governo ha deciso (e il partito ha votato) per non dare i voucher nei periodi senza scuola, è cresciuto il disagio degli eletti del settentrione, dove i casi di povertà sono diffusi. Alcuni di loro hanno votato per i pasti gratis a dispetto della linea. Si sta allungando la lista dei conservatori che prendono posizione contro il governo sul tema. Vento di crisi per Johnson. Soffia da nord, e non solo.
© Riproduzione riservata