L’agenzia europea che presidia le frontiere europee ha inviato alla rivista tedesca Spiegel una replica alle inchieste, ma la motovedetta Fezzan è intervenuta al largo in almeno tre operazioni in cui sono state intercettate sia imbarcazioni di legno che gommoni: tra queste anche il violento respingimento documentato dalla Ong Sea Watch
L’agenzia Europea in una mail alla rivista tedesca Spiegel ribadisce che i contatti con la Guardia costiera «servono per salvare vite». E, continua, «i canali “non standard” sono importanti nei casi in cui esiste una barriera linguistica, poiché consentono ai soccorritori di comunicare in modo rapido», scrive Chris Borowski, il portavoce di Frontex in una mail dopo la pubblicazione dell’inchiesta di Domani in collaborazione con Lighthouse Reports, Der Spiegel, Liberation e la televisione tedesca Ard Monitor.
Tra le righe Frontex ammette che i canali "formali", quindi le comunicazioni con i centri di coordinamento riconosciuti a livello internazionale (Italia, Malta, Libia e Tunisia) non bastano. Esistono «barriere linguistiche».
Il consorzio giornalistico Lighthouse Reports, in collaborazione con Der Spiegel, Libération, ARD, Domani e Trow, ha svolto un’indagine che dimostrerebbe la partecipazione attiva di Frontex alle operazioni congiunte con le guardie costiere libiche nel Mediterraneo centrale per impedire l’arrivo di navi con migranti e rifugiati sulle coste europee. L’inchiesta ha rivelato come ufficiali di Frontex, sarebbero in contatto con la guardia costiera libica, a cui verrebbero mandate le coordinate delle imbarcazione da intercettare via WhatsApp.
La precisazione
Questa la precisazione: «Frontex non coordina le operazioni di ricerca e salvataggio, questo è il compito dei centri di soccorso nazionali, tra cui il centro di coordinamento libico». Dal giugno 2018, la Libia, col supporto dell'Unione Europea e dell’Italia, ha iscritto la propria SAR, zona di ricerca e soccorso, all'Imo, l'autorità marittima dell'Onu. Una mossa che, secondo i critici, impedirebbe a chi cerca protezione umanitaria e asilo di raggiungere un posto sicuro. Inoltre, rimane l’obbligo delle nazioni delle SAR vicine, in particolare Italia e Malta, di salvare le persone in pericolo, anche in zone di non diretta attribuzione, coordinando gli sforzi dei soccorsi e intervenendo direttamente, se del caso.
Viene assodato il coordinamento con la Guardia Costiera libica, e la responsabilità degli Stati nel coordinare le operazioni, nonostante a Tripoli, non esista una vera centrale di coordinamento, come sarebbe richiesto a tutti gli stati che dichiarano una Zona SAR. Rimangono ancora solo sulla carta - per ora - i piani per la creazione di un centro di soccorso marittimo (MRCC). La promessa dell’Europa rimane quella di fornire più supporto e risorse per la stessa guardia costiera libica di cui si nega il comando.
E per finire, la mail si conclude con una nota sul ruolo delle Ong. «È falso che solo Frontex mantiene contatti con le autorità libiche. Questa è la normale procedura del diritto internazionale e lo fanno anche le navi delle Ong, che accettano il coordinamento e le istruzioni dei libici durante le operazioni al largo».
E anche oggi più di trecentocinquanta persone sono state riportate in Libia. Nelle ultime ore, la motovedetta Fezzan è intervenuta al largo in almeno tre operazioni in cui sono state intercettate sia imbarcazioni di legno che gommoni. Tra le operazioni anche il violento respingimento documentato da Sea Watch: «Persone in pericolo sono state picchiate e costrette con la forza a tornare nell'inferno da cui fuggivano». Per i sopravvissuti, tra cui oltre 60 donne e minori, la prospettiva di una detenzione indefinita e violenta in Libia.
Leggi anche:
© Riproduzione riservata