Molti dei conflitti attuali si svolgono su territori lontani, spesso esotici, a volte imperscrutabili agli occhi del grande pubblico. Ma ce n’è uno che non è per nulla forestiero e avviene su mappe familiari ai più. Anzi proprio nella patria d’origine dei due termini – geografia e politica – che compongono la definizione stessa di geopolitica, coniata nel 1900 dal professore svedese Rudolf Kjellen: alle porte della piccola, grande Grecia.

Disegnare i confini e governare la polis, o amministrare il potere e la città stato, sono due attività molto complicate in quello specchio di mare, fitto di isole, “colli di bottiglia”, giacimenti di gas, rivendicazioni territoriali, basi militari straniere e tentazioni neo imperiali, che costituisce il Mediterraneo orientale e meridionale. È la triangolazione mar Egeo, Cipro, canale di Sicilia, in sostanza quella strettoia della storia dove in questo momento stanno sgomitando Grecia, Turchia, Egitto, Libia, Russia, Nato e Israele e dove una volta si ergevano gli imperi romano, bizantino e ottomano.

Divisioni

Partiamo dalla Grecia, di cui pensiamo di sapere tutto ma che se esaminata come ha fatto Tim Marshall nel suo Il potere delle mappe (in Italia con Garzanti), è prima di tutto una nazione definita dalle montagne e dal mare. In mezzo, molto poco: solo il 4 per cento del Pil viene dall’agricoltura e tutto si gioca tra la città stato Atene e le seimila isole che compongono il paese.

Il problema è che, come si vede bene nella mappa qui sopra disegnata da Luca Mazzali, molte di queste isole sono pericolosamente vicine alla costa della Turchia, che tra Egeo e Dodecanneso fino a Cipro rivendica una zona economica esclusiva (la famosa Zee) che guarda caso si sovrappone di molto a quella rivendicata dalle Grecia stessa.

Il problema è aumentato dal fatto che la vicina isola di Cipro – che la Grecia ha sempre sentito come propria anche se in passato è stata un territorio ottomano, poi a lungo britannico e dal 1960 è una nazione sovrana (membro dell’Unione europea, anche se non della Nato) – non è un’isola qualunque: è divisa, letteralmente, da un muro che separa la Cipro di lingua greca e religione cristiano ortodossa da una nazione musulmana riconosciuta solo dalla Turchia, che si chiama Repubblica turca di Cipro del nord. Dove, tra allegra finanza offshore e passaporti di dubbia validità, si staglia la fortezza veneziana di Kyrenia sull’omonimo porto, sede oggi di un museo curiosamente intitolato al “Naufragio Antico”.

Cipro è una terrazza marina affacciata su una delle aree più “calde” del pianeta: il Libano, la striscia di Gaza, Israele e la Siria. Gli inglesi, infatti, mantengono sulla costa meridionale dell’isola, proprio a dirimpetto del Medio oriente, due basi militari di cui non si parla molto, ma che per Londra sono di tale importanza strategica che non sono solo un terreno affittato o concesso, ma sono un vero e proprio territorio sovrano britannico come le Falkland o Bermuda: vengono chiamate le Sba (sovereign base areas), con tanto di villaggi amministrati come se fossero nel Sussex da un generale britannico nominato dalla regina, con leggi proprie, molti pub, molte land rover, molti radar che ascoltano tutto quanto avviene nel Mediterraneo, migliaia di soldati britannici, la sterlina e la union jack.

Più a nord, nel porto greco di Alessandropoli, gli americani hanno negoziato libero accesso al porto e ne hanno fatto la propria base d’ascolto. Per non dimenticare il Pireo, il porto di Atene, ora gestito dai cinesi che lo considerano un perno della nuova via della Seta.

Patria blu

Il naufragio è assicurato se non ci si ricorda che la geografia ha la sua storia. L’antica Bisanzio (ora la chiamiamo Istanbul) era una metropoli di lingua greca. Divenuta Costantinopoli, cadde nel 1453 nelle mani degli ottomani che ne fecero la propria sfarzosa capitale. Ma nel 1683 i turchi vennero sconfitti a Vienna, che era in fondo al loro naturale corridoio di espansione, e quella famosa sconfitta segnò l’inizio del lungo, doloroso declino dell’impero ottomano, che a sua volta inevitabilmente portò a una sorta di rinascita del nazionalismo ellenico e del sogno di una grande Grecia. Nel 1896 il ritorno delle olimpiadi dopo una piccola interruzione di 1600 anni, poi la conquista di Smirne nel 1919, illusero i patrioti greci.

Ci volle Atatürk, il “padre dei turchi”, per riprendersi Smirne nel 1922 cacciando la minoranza greca dalla Turchia. I dolori lontani di quella guerra sono ancora molto sentiti in Grecia. Facendo un salto un po’ lungo, arriviamo ai giorni nostri, quando il nuovo padrino dei turchi, Recep Erdoğan, si fa fotografare davanti a inedite mappe geografiche dove si mostra il mar Egeo come parte della Turchia o dove si mostra un misterioso territorio marino chiamato Patria blu, che va dalla Georgia a est, attraversa l’Egeo, scende verso Beirut e a ovest si estende fino quasi di fronte alla Libia.

Diritto al mare

E qui si arriva al nodo cruciale del puzzle. La Turchia di Erdoğan e la Libia del governo di unità nazionale dell’ingegnere Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh e del suo predecessore Fayez al Sarraj, hanno firmato vari accordi sia strategici sia commerciali sia militari, inclusa una propria zona economica non ancora riconosciuta da alcun altro paese, che fa pensare che Erdoğan ritiene che la dottrina della Patria blu sia perfettamente estendibile a Tripoli.

Che la Libia fosse una delle province dell’impero ottomano è forse una coincidenza, come dice chi nega tentazioni di tornare all’epoca della sublime porta. Forse il fatto che il rivale del governo di unità nazionale, il generale Khalifa Haftar, sia sostenuto da nemici della Turchia come Emirati ed Egitto (sostenuti da Francia e Russia) sarà un’altra coincidenza, ma come scrivono all’Istituto per gli sudi di politica internazionale, l’Ispi, «l’asse Turchia-Qatar cerca di mettere in discussione non solo la delimitazione delle zone economiche esclusive definite da Cipro e Grecia nel Mediterraneo orientale sulla base della convenzione Onu sul diritto del mare, ma anche gli accordi di cooperazione energetica da cui gli altri stati rivieraschi l’hanno esclusa. Si tratta in particolare dell’East Mediterranean Gas Forum (Emgf), creato nel 2018 con la partecipazione di Cipro, Egitto, Grecia, Israele e Italia e dell’autorità palestinese».

L’Emgf nel gennaio 2020 è diventato una vera e propria organizzazione internazionale che coordina le politiche energetiche dei paesi membri e del gasdotto sottomarino EastMed. Di questo tema si occupa molto anche l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, di casa a Tripoli per avervi gestito l’emergenza migranti, capo della neonata fondazione di Leonardo (Med-Or) che sarà «un ponte attraverso il quale fare circolare idee, programmi e progetti» dal Mediterraneo allargato all’Estremo oriente.

Verso il Mediterraneo

Sappiamo che dietro molti conflitti geopolitici c’è anche l’accesso alle risorse naturali. In questo caso i giacimenti di gas e quelli di petrolio su cui la Turchia conta sono quelli libici, perché di giacimenti gassiferi vicino alla Turchia non ne sono ancora stati scoperti.

E per difendere l’accesso al gas libico, la Turchia è pronta a rompere l’embargo alla vendita di armi, cosa che ha portato nel febbraio e nel giugno del 2020 al sorprendente quasi-scontro navale tra la marina turca che scortava navi con cargo militare dirette a Tripoli e la marina francese, mettendo due membri della Nato molto vicini a uno scontro armato senza precedenti.

Dietro questo incidente, c’è il fatto che il gasdotto sottomarino EastMed, che costerà sette miliardi di dollari, trasporterà fino a 16 miliardi di metri cubi di gas da Israele ed Egitto – dove ci sono i giacimenti principali - verso l’Italia, attraversando le acque di Cipro e Grecia, ma anche passando per quel tratto di mare che l’altrettanto sorprendente accordo Turchia-Libia ha dichiarato fa parte della loro zona di interesse economico.

È troppo presto per capire se questa rivendicazione fermerà l’EastMed, se il governo di unità nazionale libico riuscirà a sopravvivere, e se la grande rivalità tra l’asse Arabia Saudita-Emirati-Egitto contro l’altro asse Qatar-Turchia-Libia finirà per avere conseguenze anche sul Mediterraneo. E se l’insofferenza della Turchia nei confronti della Nato e degli Stati Uniti avrà altri sviluppi. La piccola, grande Grecia si trova stretta come sempre tra vicini di casa ingombranti, al centro della storia e al centro della geografia. L’aveva raccontato Tucidide, autore della Guerra del Peloponneso: Atene e Sparta si combatterono in casa, ma anche a Siracusa. Per gestire la polis, non basta fermarsi in città, occorre consultare la mappa dell’intero Mediterraneo.

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