Da venerdì 7 ottobre in edicola e in digitale un nuovo numero di SCENARI, venti pagine di approfondimenti firmati da Fabrizio Coticchia, Andrea Borelli, Fernando D’Aniello e tanti altri ricercatori e analisti, oltre alle mappe a cura di Fase2studio Appears. Per poter leggere in digitale tutti i contenuti è possibile abbonarsi qui
Il nuovo numero di Scenari, la pubblicazione geopolitica di Domani, è questa settimana dedicato alla Germania. In venti pagine, gli approfondimenti inediti firmati da Fabrizio Coticchia, Andrea Borelli, Fernando D’Aniello e tanti altri – e le mappe a cura di Luca Mazzali e Daniele Dapiaggi di Fase2studio Appears – analizzano le promesse infrante del cancelliere Olaf Scholz, stretto tra crisi energetica, guerra e solidarietà europea.
Cosa c’è nel nuovo numero
Il politologo Fabrizio Coticchia parte dalla Zeitenwende, la svolta, la trasformazione epocale per la politica estera e di difesa tedesca annunciata dal cancelliere socialdemocratico il 27 febbraio, pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina. A distanza di sette mesi, sebbene sussistano chiari segnali di cambiamento a Berlino, vi sono però fattori che ancora rallentano tale percorso di evoluzione, primi tra tutti il peso del passato e i pressanti vincoli culturali, politici e istituzionali che ancora gravano sulle forze armate tedesche.
Proseguendo su una prospettiva storica, lo storico Andrea Borelli riflette sul sogno infranto di Gorbaciov di una casa comune europea: il leader sovietico scomparso a fine agosto è stato determinante per la fine pacifica della Guerra fredda, ma, nel 1990, la riunificazione tedesca da lui voluta, anziché favorire il rilancio dell’Urss in Europa ne ha sancito il distacco. Durante lo stesso anno è caduta inoltre qualsiasi opposizione all’entrata della futura Germania unita nella Nato.
Luca Sebastiani offre poi una panoramica sulla politica estera di Scholz: nei suoi primi dieci mesi di governo, il cancelliere ha dovuto affrontare quasi solo le conseguenze del conflitto russo in Ucraina, tra la questione energetica, la dipendenza da Mosca, il sostegno economico militare a Kiev, i rapporti con gli altri stati europei e i progetti di riarmo dell’esercito tedesco. Da ultimo, la resistenza al price cap europeo sul gas non è piaciuta agli alleati e anzitutto all’Italia, principale sponsor della misura.
Sulla scia della crisi ucraina, Fernando D’Aniello ha intervistato per Domani Heinrich August Winkler, uno degli storici tedeschi più apprezzati e famosi. Secondo Winkler bisogna fare tutto il possibile per sostenere la resistenza ucraina, ma si potrà parlare di trattative per la pace solo nel momento in cui la Russia sospenderà la sua guerra di aggressione. Farlo prima è pericoloso perché «questo modo di condurre la discussione rappresenta un pericolo per il morale stesso degli ucraini, che combattono una guerra non solo per difendere la loro terra ma tutto l’occidente».
Lo storico Stefano Pelaggi sposta poi lo sguardo verso il quadrante Indo Pacifico, regione in cui Berlino ha assunto un ruolo sempre più attivo. Le esercitazioni militari dell’estate confermano sia la volontà di dotare le forze armate tedesche di attrezzature moderne per colmare il divario con gli altri paesi europei, sia la vicinanza all’Aukus, il patto di sicurezza siglato da Australia, Usa e Regno Unito in chiave anti cinese: anche se la nuova strategia tedesca non assume un atteggiamento conflittuale nei confronti di Pechino, è comunque sintomatica di un cambiamento nella percezione delle relazioni di potere internazionali e del loro potenziale impatto sull’Europa.
Restando in tema Cina, un estratto dal nuovo libro di Michelangelo Cocco, Xi, Xi, Xi - Il XX Congresso del Partito comunista e la Cina nel mondo post-pandemia, appena pubblicato per Carocci editore, analizza le sfide di Xi Jinping nell’èra dell’incertezza globale. Lo scontro con gli Usa, il ritorno dell’ideologia e la distribuzione della ricchezza saranno al centro del prossimo congresso del Pcc del 16 ottobre, che probabilmente vedrà la riconferma del leader cinese al suo terzo mandato. La Cina promette così il definitivo riscatto dal “secolo dell’umiliazione”, ponendosi al centro della lotta epocale per la nuova egemonia.
Segue poi un dibattito tra il politologo Yascha Mounk e lo storico ed esperto di politica estera Robert Kagan. Secondo Kagan i realisti non sono in grado di accettare la capacità egemonica del liberalismo occidentale, «ma dopo l’invasione dell’Ucraina abbiamo visto quanto sia ancora potente l’ordine mondiale a trazione americana». Per lo storico, qualunque leader emergerà in vista delle prossime elezioni non sarà comunque pericoloso per il mondo quanto Donald Trump.
Lo storico Raffaele Romanelli evidenzia infine i legami tra i referendum d’annessione svolti dalla Russia tra il 23 e il 27 settembre nei territori occupati dell’Ucraina e il giacobinismo: l’idea di plebisciti dall’esito scontato, ma che hanno valore come manifestazioni collettive, risale infatti alla rivoluzione francese. Non è sufficiente dichiararli una farsa e non riconoscerne gli effetti ma bisogna partire da più lontano. Dalla Francia rivoluzionaria all’Anschluss che ha preceduto la Seconda guerra mondiale: da secoli imperatori, despoti e tribuni amano essere votati dal popolo, ancor di più a schede aperte e con voto palese, come successo in Ucraina.
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