- Il 20 aprile scorso l’esercito iracheno ha arrestato due giornalisti europei a Shengal, città dell’Iraq nord occidentale. La giornalista tedesca Marlene Förster e il giornalista sloveno Matej Kavcic. Da allora sono nelle mani dei servizi segreti iracheni con l’accusa di sostegno al terrorismo.
- I due corrispondenti erano a Shengal per condurre un lavoro sulla società ezida, popolazione di etnia curda, che nel 2014 è sopravvissuta a un massacro e a un tentativo di genocidio da parte dell’Isis.
- Se già il 19 e il 20 aprile la popolazione ezida aveva subito un forte attacco militare, è nella notte del 1° maggio che l’esercito iracheno irrompe in Shengal, attaccando con un gran numero di soldati. L’attacco su larga scala ha l’obiettivo di occupare militarmente la regione autonoma.
Il 20 aprile scorso l’esercito iracheno ha arrestato due giornalisti europei a Shengal, città dell’Iraq nord occidentale. La giornalista tedesca Marlene Förster e il giornalista sloveno Matej Kavcic sono stati fermati mentre tornavano dalle celebrazioni della festività ezida, Çarşema Sere Nisane, trattenuti due notti in custodia in una stazione militare irachena e poi trasferiti nel carcere di Baghdad.
Da allora sono nelle mani dei servizi segreti iracheni con l’accusa di sostegno al terrorismo. Entrambi sono stati privati di telefoni ed effetti personali e durante gli interrogatori sono stati brutalmente minacciati dai militari iracheni e i loro corpi sono stati perquisiti contro la loro volontà.
I due corrispondenti erano a Shengal per condurre un lavoro sulla società ezida, popolazione di etnia curda, che nel 2014 è sopravvissuta a un massacro e a un tentativo di genocidio da parte dell’Isis.
Pochi contatti
Kavcic lavora come giornalista freelance per Radio Student, una delle più grandi emittenti radiofoniche di Lubiana e dai suoi microfoni aveva più volte raccontato la condizione attuale degli Ezidi. Forster è invece una giornalista freelance.
È stata detenuta in una cella di isolamento e, secondo le informazioni fornite da un funzionario dell’ambasciata tedesca a Baghdad, avrebbe fatto uno sciopero della fame, ottenendo così finalmente di parlare con la propria ambasciata solo il 28 aprile, sei giorni dopo essere stata arrestata. Nessun contatto è invece stato ancora stabilito con il giornalista sloveno Matej Kavcic.
A manifestare immediatamente davanti al consolato generale iracheno a Francoforte è stata Lydia Förster, madre di Marlene, che è riuscita così a incontrarne i funzionari. Oggi entrambi i giornalisti, che ancora si trovano in carcere e non possono comunicare con l’esterno, hanno ottenuto assistenza consolare dall’ambasciata tedesca a Baghdad.
Se da una parte il comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) ha chiesto all’ambasciata slovena, ad Ankara e al ministero degli Affari esteri di Germania e Iraq informazioni sullo stato di salute dei due giornalisti, dall’altra i rappresentanti dell’Amministrazione autonoma di Shengal stanno portando avanti incontri con l’esercito iracheno per il loro rilascio immediato.
L’attacco agli Ezidi
I giornalisti si trovavano a Shengal per condurre ricerche e per raccogliere interviste a membri di associazioni, istituzioni e personalità per approfondire la condizione della popolazione degli Ezidi, che vive ormai da diversi anni in comunità autogovernate e che oggi si trova ancora una volta sotto attacco, questa volta da parte dell’esercito iracheno di Baghdad.
Se già il 19 e il 20 aprile la popolazione ezida aveva subito un forte attacco militare, è nella notte del 1° maggio che l’esercito iracheno irrompe in Shengal, attaccando con un gran numero di soldati, veicoli blindati e carri armati, le Ybs (Unità di resistenza di Shengal), le Yjs (Unità delle donne di Shengal) e l’Asayîşa Êzîdxanê (forze di sicurezza interna degli Ezidi), bombardando villaggi e scuole.
L’attacco su larga scala ha l’obiettivo di occupare militarmente la regione autonoma ezida, per smantellarne il progetto politico di autonomia governativa e riportare la zona sotto il controllo diretto dello stato centrale. Oggi i combattimenti continuano ancora, sia nei villaggi che nelle basi sul monte Sinjar, dove gli Ezidi sono tornati a difendere la loro autonomia e le loro vite come nel 2014.
Il 3 agosto di quell’anno la regione, sotto l’amministrazione del governo federale del Kurdistan iracheno, fu attaccata dall’Isis che occupò il territorio per due lunghi anni, massacrando più di cinquemila persone e macchiandosi di orribili reati come violenze sessuali, torture e riduzione in schiavitù.
La regione venne riconquistata dalla resistenza armata ezida, grazie al sostegno dei curdo siriani del Rojava e Pkk, il partito Curdo dei lavoratori, che cacciarono gli islamisti. Con loro nacque un’amministrazione autonoma, che da anni cerca un riconoscimento ufficiale da Baghdad sulla base della costituzione irachena.
Oggi è proprio l’esercito iracheno, che allora li aveva abbandonati al genocidio, ad attaccare gli Ezidi sopravvissuti, per smantellare la loro amministrazione autonoma e le loro strutture di autodifesa.
A rendere ancora più complessa la situazione è l’intervento della Turchia di Erdogan, che da un lato approfittando della debolezza politica del governo di Baghdad, sta continuando la sua annosa battaglia nelle montagne nel Nord dell’Iraq, contro il Pkk, che in quei territori ha la sua base politica e militare e dall’altro starebbe trasferendo centinaia di miliziani islamisti siriani in territorio iracheno.
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