Sono continuati senza sosta gli scontri tra Israele ed Hamas nel terzo giorno del conflitto. Il ministro della Difesa israeliano ha ordinato il blocco di forniture di cibo, acqua ed energia elettrica. Ma il governo è di fronte a un dilemma sull’entità della risposta militare. «Gli ostaggi verranno usati per evitare che ci sia quell'azione così massiccia che ci si attenderebbe», dice l’analista Arduino Paniccia
Sono continuati senza sosta gli scontri tra Israele ed Hamas nel terzo giorno del conflitto scatenato da un attacco a sorpresa dalla Striscia di Gaza del gruppo terrorista nel territorio a sud di Israele.
Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha ordinato «l’assedio totale» di Gaza, incluso il blocco di forniture di cibo, acqua ed energia elettrica dall’esterno.
Jet israeliani hanno bombardato numerosi obiettivi a Gaza, mentre Hamas ha risposto con razzi lanciati nelle zone sud e centrali di Israele, in particolare ad Ashkelon e Ashdod, secondo quanto confermato dall’Idf, le forze armate israeliane, ma anche nei pressi di Gerusalemme. Esplosioni si sono sentite nell’arco della giornata anche nel centro di Tel Aviv.
Passeggeri all’aeroporto di Tel Aviv si sono rifugiati in un bunker dell’aeroporto. Almeno un’esplosione è stata segnalata nei pressi dello scalo Ben Gurion. Da domenica sera, quando alcuni razzi hanno colpito edifici della città costiera, le sirene non hanno più suonato.
Nel giro di 48 ore, 300mila riservisti sono stati richiamati, il numero più alto nella storia dei numerosi conflitti arabo-israeliani. Malgrado l’esercito israeliano sia riuscito a riguadagnare il controllo delle zone prese d’attacco dai miliziani, gli scontri sono continuati sul suolo israeliano anche lunedì.
Il bilancio delle vittime
Il bilancio da parte israeliana, destinato inevitabilmente a salire, è di più di 700 morti, di cui vari stranieri e di circa 100 ostaggi, decine dei quali sono stati trasportati nella Striscia di Gaza, confermano le autorità israeliane. Sarebbero invece 500 sinora i morti in seguito ai bombardamenti israeliani, secondo il ministero della Sanità di Gaza.
Molte persone mancano ancora all’appello e col passare del tempo, in mancanza di informazioni ufficiali sulla loro sorte, monta la rabbia di parenti e amici, che si stanno organizzando in comitati per far sentire la propria voce con più forza.
Un giovane israeliano che preferisce rimanere anonimo ha confermato a Domani che una sua parente militare, impegnata nelle operazioni di sorveglianza della frontiera con Gaza risulta scomparsa. Lunedì sera, la famiglia della soldatessa non aveva ancora ricevuto nessuna notizia sulle sue sorti. «Non sappiamo ancora niente», dice sconsolato.
Lo stesso dramma è quello che stanno vivendo persone vicine alle migliaia di giovani che si erano radunati per il festival musicale Supernova, nella località Kibbutz Re'im, nel deserto del Negev, non lontano dalla frontiera con Gaza.
L’organizzazione di volontari Zaka, che si occupa del recupero delle spoglie di vittime di scontri a sfondo religioso, ha rinvenuto i corpi senza vita di circa 260 persone. Yossi Landau, il capo dei 25 volontari di Zaka sul posto, ha raccontato di aver dovuto interrompere ogni attività sul luogo della festa questa mattina ed evacuare la sua squadra per la presenza di miliziani armati sul luogo.
Dalle 6:30 di sabato mattina Amit Parpara ha passato quattro ore a scambiarsi freneticamente messaggi con la sua amica Noa e altri molti amici andati al festival.
Le comunicazioni con Noa si sono interrotte intorno alle 10:30. Poco dopo un video in cui si vede una ragazza portata via a forza da un miliziano di Hamas su una motocicletta ha iniziato a girare sui social. Amit e la famiglia di Noa l'hanno riconosciuta in quel video.
«Nell’ultimo messaggio Noa mi diceva che stava aspettando che arrivasse qualcuno a salvare lei e il suo compagno» racconta Amit. Nel video, ormai virale su internet, si vede il ragazzo di Noa ammanettato, inerme, mentre lei viene portata via.
Il dilemma
La cattura di così tanti ostaggi complica enormemente le strategie di risposta che le autorità israeliane potranno adottare. Israele non è nuovo a crisi che coinvolgono la presenza di ostaggi e in passato ha potuto mostrare al mondo la capacità di usare le sue Forze Speciali per risolverle. Le autorità israeliane hanno già confermato che decine di ostaggi sono stati portati all’interno della Striscia di Gaza.
La zona è densamente popolata quindi qualsiasi incursione delle Forze Speciali volta a liberare gli ostaggi potrebbe essere estremamente complicata, sia per la possibilità di riuscire a farlo segretamente, sia per l’incolumità degli ostaggi stessi. L’altra alternativa può essere una trattativa sulla loro liberazione.
Nel pomeriggio, il ministero degli Esteri del Qatar ha confermato all’agenzia Reuters che mediatori del paese stanno negoziando con Hamas e Israele per uno scambio di donne e bambini ostaggio a Gaza con 36 donne e bambini palestinesi detenuti in prigioni israeliane. Nel contempo, Hamas ha fatto sapere di non voler negoziare finché continueranno le operazioni militari.
Secondo vari analisti militari, è facile presumere che siano stati sparpagliati in tutto il territorio della Striscia e probabilmente nascosti in bunker sotterranei.
Il rischio è che possano essere utilizzati come scudi umani. Hamas ha comunicato nella tarda mattinata di ieri che quattro ostaggi sono morti a causa dei bombardamenti israeliani. A cui si aggiungono le decine, forse centinaia di famiglie, molte dei giovani del rave, che non sanno ancora se i propri parenti sono stati rapiti o sono ammazzati dai miliziani di Hamas.
Gli obiettivi militari
«Il fatto che siano stati fatti così tanti ostaggi e portati a Gaza, implica che verranno usati come protezione e quindi per evitare che ci sia quell'azione così massiccia che ci si attenderebbe. Quindi tutte le operazioni saranno più complesse», spiega Arduino Paniccia, analista di geopolitica e strategia militare e Presidente della Scuola di Guerra Economica e Competizione Internazionale di Venezia Asce.
Inoltre, continua Paniccia, la presenza degli ostaggi a Gaza, non solo permetterà di prolungare nel tempo l’andamento delle operazioni israeliane ma ha anche l'obiettivo di far scadere l’immagine di Israele a quella di paese «debole e ricattabile» e non di una nazione forte che ritorna rapidamente padrone del suo territorio e colpisce i terroristi in maniera dura.
Ad oggi non è ancora chiaro se le intenzioni del governo siano quelle di attaccare le milizie entrando a Gaza e quando. E soprattutto quale sarà l’obiettivo di questa guerra. Ma se opteranno per un attacco via terra, oltre che aria, sarà per sradicare Hamas definitivamente da Gaza, osservano vari analisti. Quindi una possibile trattativa sulla liberazione degli ostaggi sarebbe fuori dai giochi, almeno per ora.
«Qualunque strategia utilizzeranno per liberarli sarà totalmente subordinata rispetto all’obiettivo dell’azione militare», osserva Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto di Affari Internazionali.
«Finché non ci sarà chiarezza su questo punto il modo in cui si cercherà di liberare gli ostaggi non può essere chiaro per definizione».
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