Scricchiola la maggioranza parlamentare di Benjamin Netanyahu. Il partito Unità nazionale del ministro Benny Gantz ha presentato una proposta di legge per sciogliere il parlamento israeliano e indire elezioni anticipate entro il mese di ottobre. Il partito non ha la maggioranza per sciogliere la Knesset, poiché la coalizione Netanyahu ha i numeri per continuare con il suo governo.

Tuttavia, scrive Haaretz, ciò indica la grande spaccatura nella coalizione. Tutto questo mentre una fonte di Hamas ha riferito che «il movimento ha informato i mediatori che non intende accogliere» la nuova proposta per un accordo consegnata al Cairo nei giorni scorsi da Israele. Lo riporta l’emittente saudita Al Sharq secondo cui la fonte ha affermato: «Ci rifiutiamo di riprendere i negoziati prima della fine delle operazioni militari», accusando il premier Netanyahu di «usare i negoziati come copertura per continuare i massacri a Gaza».

La Jihad Islamica palestinese ha diffuso un nuovo video dell’ostaggio Sasha Trufanov, tenuto prigioniero nella Striscia di Gaza. Lo riferisce il sito di notizie israeliano Ynet, due giorni dopo il filmato di circa 30 secondi diffuso martedì dalla stessa fazione attiva nella Striscia di Gaza. L’Idf intanto sta continuando a operare in tutta la Striscia – Rafah compresa – dove nelle ultime 24 ore sono stati «oltre 50 gli obiettivi colpiti».

La conferenza cinese

La Cina, finora abbastanza silente sulla crisi di Gaza, sostiene una conferenza di pace ad «ampia base» sul conflitto in Medio Oriente, dove la giustizia non può essere «assente per sempre». Il presidente Xi Jinping, aprendo i lavori del Forum di cooperazione Cina-stati arabi, ha detto di voler approfondire la cooperazione energetica. L’evento, in corso a Pechino, si propone di approfondire i legami tra il Dragone e la regione, puntando a parlare con una voce comune sul conflitto a Gaza. Nella capitale cinese ci sono diversi leader, tra cui il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi.

Magnifico rettore Khamenei

«Cari studenti universitari negli Stati Uniti d’America, questo messaggio è un’espressione della nostra empatia e solidarietà con voi. Mentre la storia sta voltando pagina, voi state dalla parte giusta». Questo l’appello contenuto in una lettera della guida suprema della Repubblica islamica iraniana Alì Khamenei agli studenti americani accampati nei campus universitari del paese e che hanno partecipato alle dimostrazioni per la Palestina. «Il mio consiglio è di acquisire familiarità con il Corano», si legge nel testo, pubblicato sul sito di Khamenei, dove la guida suprema della Repubblica islamica afferma che, manifestando nelle università, gli studenti hanno «formato un ramo del Fronte di Resistenza», «nonostante la spietata pressione del vostro governo, un governo che sostiene apertamente l’usurpatore e brutale regime sionista». Nella lettera, Khamenei accusa il governo degli Usa di «ipocrisia» per il suo sostegno a Israele, menziona una «élite sionista globale» che controllerebbe i media negli Stati Uniti e in Europa.

Nella incredibile e paradossale ironia di tutto questo (basti pensare alla repressione in carcere e sulla forca riservata in Iran agli studenti che hanno osato protestare per la morte di Mahsa Amini che aveva messo in modo non appropriato lo hijab), Khamenei dice una verità: cioè dice quello che probabilmente molti manifestanti occidentali pensano «sull’élite globalista giudaica», ma che si curano di non dire in modo esplicito. Ora sanno chi è un loro presunto alleato, da cui prendere le distanze.

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