La regina di Giordania chiede perché si accetta un doppio standard tra bambini israeliani e palestinesi. Purtroppo è una pratica diffusa: opportunismo e calcolo politico rendono ciechi. Il bipolarismo dell’odio rende tutti colpevoli
In un raro intervento pubblico la regina Rania di Giordania ha lamentato il “doppio standard” davanti ai bombardamenti di Gaza. Come si è visto anche dal voto all’assemblea generale delle Nazioni unite, gran parte del mondo si fa la stessa domanda: c’è forse differenza tra l’uccisione di bambini israeliani e palestinesi? Ovviamente tale quesito è del tutto irricevibile da parte di chi non condanna l’azione terroristica di Hamas.
Tuttavia rimane una domanda aperta: è possibile fare la differenza? Anche molti cittadini europei se lo chiedono.
Nulla di buono
Repelle alla retta coscienza di ciascuno ammettere tale diversità: ecco perché molti implorano la pausa dei bombardamenti, in primis il papa. L’Onu ricorda che il diritto umanitario non contempla punizioni collettive. I terroristi di Hamas si nascondono tra la popolazione palestinese di Gaza, certo, e la difficilissima sfida di Israele è stanarli senza colpire gli innocenti. Altrimenti si fa il gioco di Hamas stessa, i cui capi affermano che non si può scegliere tra civili e militari e che ogni israeliano – minore o maggiorenne – è un nemico da abbattere.
Tale logica binaria non porterà a nulla di buono nemmeno per chi la difende. Come reagire alle parole della regina Rania? Purtroppo dobbiamo ammettere che il “doppio standard” è pratica molto diffusa. La Russia si schiera ricevendo i delegati di Hamas. Allo stesso tempo è fiera oppositrice di ogni terrorismo e ha distrutto quello interno, che pur si autodefiniva resistenza.
Anche la Turchia usa un doppio standard tra Hamas e i curdi: Erdogan deplora che si stia spargendo sangue musulmano ma non sono musulmani anche i curdi del Rojava? Molti stati fanno passare la lotta di Hamas come anticoloniale mentre al contempo opprimono le loro minoranze. Anche noi occidentali usiamo il doppio standard: abbiamo appoggiato la ribellione sciita in Iraq e contraddittoriamente quella sunnita in Siria.
Solo interessi
Ci siamo battuti contro al Qaida (definita il nemico pubblico numero uno) per poi (nemmeno troppo indirettamente) sostenerla sia contro l’Isis che contro il regime di Assad. Con il popolo curdo abbiamo cambiato mille volte posizione. Per non parlare dei cristiani d’oriente dei quali ci siamo erti difensori per poi sistematicamente ignorarli. Abbiamo definito i Talebani nemici esistenziali e poi abbiamo abbandonato gli afghani nelle loro mani... La lista potrebbe continuare a lungo e nessuno si salverebbe.
«Gli stati non hanno amici, hanno solo interessi», usava dire il generale De Gaulle: è la triste realtà di una politica internazionale basata solo sugli interessi nazionali che alla fine confliggono.
Giustamente Erdogan denuncia: «Quanti bambini dovranno ancora morire a Gaza?». Tale domanda andrebbe rivolta a ciascuno: tutti i leader dovrebbero porla prima di tutto a sé stessi. Ciò dimostra quanto sia necessario un multilateralismo che preservi la pace a costo di rinunce: il solo modo per evitare la morte assurda degli innocenti e per considerare tutte le vite eguali.
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