È scattata la fragile tregua fra Hamas e Israele, che ha ricevuto i primi 13 ostaggi liberati. Anche il primo ministro thailandese, Srettha Thavisin, ha confermato il rilascio di 12 suoi connazionali dalla Striscia di Gaza
La mediazione del Qatar e dell’Egitto (che è stato molto deciso nell’opporsi al trasferimento dei palestinesi nel Sinai, difendendone la permanenza nella Striscia e mettendo in ombra il ruolo di Riad) ha funzionato. È scattata la fragile tregua fra Hamas e Israele, che ha ricevuto i primi 13 ostaggi liberati. Dodici su 13 di loro sono del kibbutz di Nir Oz.
Del totale dei rapiti, circa 75 appartengono a quel kibbutz e 13 di questi sono bambini. Una volta usciti dal valico di Rafah, gli ostaggi sono stati consegnati ad Israele e poi trasferiti nella base militare di Hatzerim. Anche il primo ministro thailandese, Srettha Thavisin, ha confermato il rilascio di 12 suoi connazionali dalla Striscia di Gaza. L’Europa intanto batte un colpo sebbene in ordine sparso.
«Sostegno al terrorismo»
Al Cairo il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, e quello belga, Alexander de Croo, hanno raggiunto il valico di Rafah. «È necessario stabilire un cessate il fuoco umanitario e duraturo per migliorare le condizioni della popolazione di Gaza, che sono catastrofiche», ha detto Sanchez. «Il cessate il fuoco temporaneo deve diventare permanente», ha detto il premier belga.
Sanchez aveva considerato inaccettabile l’uccisione “indiscriminata” di civili e ha aperto la porta per riconoscere la Palestina come stato da parte spagnola. Ma la posizione dei due premier ha scatenato la reazione di Tel Aviv. Il premier Benjamin Netanyahu ha condannato «con forza le dichiarazioni dei primi ministri di Spagna e Belgio che non hanno attribuito la piena responsabilità dei crimini contro l’umanità compiuti da Hamas che hanno massacrato i nostri civili e usano i palestinesi come scudi umani».
Netanyahu si è riferito alla conferenza stampa che i due leader, Pedro Sanchez e Alexander De Croo, hanno tenuto a Rafah mentre si attendeva il rilascio dei 13 ostaggi israeliani. Il ministero degli Esteri a Gerusalemme ha convocato gli ambasciatori dei due paesi dopo aver sottolineato che i premier «hanno dato sostegno al terrorismo».
Una crisi inaspettata e dalle conseguenze molto pesanti per due stati europei che hanno subito gravi perdite umane a causa di attentati terroristici nel recente passato.
Abu Mazen e Cameron
Il presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas, si «opporrà ai tentativi di separare Gaza dalla Cisgiordania» e allo «sfollamento dei palestinesi da Gaza’’, ha detto lo stesso Abbas durante un incontro con il neo ministro degli Esteri britannico, David Cameron a Ramallah. "La stabilità esisterà solo in una soluzione a due Stati”, ha dichiarato Abbas.
La situazione a Gaza resta disastrosa con i profughi che vorrebbero tornare al Nord, nelle loro case o in quello che resta dopo i bombardamenti, ora che Israele vuole portare il conflitto e la ricerca degli ostaggi a Sud. Ma l’esercito si oppone e due palestinesi sono stati uccisi nel tentativo di passare dal settore sud a quello nord della Striscia.
Il ruolo di Al Sisi
Secondo il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, leader arabo che nella crisi ha assunto un ruolo guida nel mondo arabo, – sebbene guidi un paese economicamente vacillante con debito al 90 per cento, deficit all’italiana al 4,6 per cento e rating di Moody’s negli inferi del non investment grade recentemente portato a Caa1 – un futuro stato palestinese potrebbe avere una presenza internazionale di sicurezza temporanea, in modo da garantire sia israeliani sia palestinesi.
«Siamo pronti a far sì che questo stato sia demilitarizzato e che vi possano essere forze di garanzia, come Nato, Onu, forze arabe o americane, fino a quando non avremo sicurezza per lo stato nascente palestinese e lo stato israeliano», ha detto al Sisi, durante la conferenza stampa al Cairo con i primi ministri spagnolo e belga.
Il fallimento in Libano
«Occorre rendere chiara la decisione dell’Onu forse bisogna cambiare le regole di ingaggio. Quelle attuali non danno sicurezza ai contingenti». Così il ministro della Difesa Guido Crosetto in un punto stampa all’ambasciata italiana a Tel Aviv, dopo aver incontrato il ministro della Difesa israeliano, Yaov Gallant.
«Parlo di un’operazione verità verso una missione che dura da vent’anni e che ad oggi dimostra di non aver raggiuto l’obiettivo che si è posto, visto che dall’inizio della guerra partono razzi», ha poi aggiunto Crosetto che sembra intenzionato a riportare i nostri mille uomini a casa il prima possibile.
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