- Nei primi 100 giorni della guerra della Russia in Ucraina, l’opinione pubblica europea ha contribuito a consolidare una risposta politica dell’Europa. Tuttavia un nuovo sondaggio rivela che le preferenze divergenti del pubblico potrebbero indebolire questa unità.
- Una ricerca di Ecfr mostra che gli europei, pur provando una grande solidarietà nei confronti dell’Ucraina e appoggiando le sanzioni contro la Russia, sono divisi sugli obiettivi di lungo termine.
- Si dividono tra una fazione per la “pace” (35 per cento delle persone), che vuole che il conflitto si concluda il prima possibile, e la fazione per la “giustizia” che è convinta che l’obiettivo più impellente sia di punire la Russia (25 per cento).
Nelle settimane e nei mesi successivi all’invasione dell’Ucraina, gli europei hanno sorpreso Vladimir Putin – e sé stessi – per la loro unità e risolutezza. Le società europee post-eroiche, indignate dall’aggressione della Russia e incantate dal valore degli ucraini, hanno offerto una forza motivante per la svolta inaspettata dell’Europa. Hanno ispirato i loro governi ad adottare un cambiamento su scala storica; hanno aperto le loro case a milioni di ucraini; hanno chiesto severe sanzioni economiche; e hanno costretto le aziende occidentali a lasciare la Russia il più rapidamente possibile. Mentre i precedenti “momenti europei” erano segnati dalla bandiera europea che mobilitava le persone oltre i confini dell’Unione europea (Ucraina compresa), questa volta la bandiera ucraina ha mosso le persone all’interno dell’Ue.
Gli europei hanno scoperto di essere una forza più seria di quanto pensassero in precedenza. Il noto commentatore Moises Naim ha affermato: «L’Europa ha scoperto di essere una superpotenza». Ma, mentre la guerra si avvicina al quinto mese, l’unità dell’Europa durerà? O cominceranno a saltare fuori le crepe tra i paesi europei e al loro interno?
Il sondaggio
Il Consiglio europeo per le relazioni estere ha condotto un sondaggio paneuropeo in dieci paesi per rispondere a queste domande. Il sondaggio si è svolto a metà maggio, in un momento in cui i cittadini avevano avuto la possibilità di assorbire lo shock dell’invasione. Il dibattito pubblico si stava spostando dagli eventi sul campo di battaglia verso interrogativi su come si sarebbe concluso il conflitto, quale sarebbe stato l’impatto sulla vita delle persone, sui loro paesi e sull’Ue. Era anche il momento in cui gli europei stavano prendendo maggiore consapevolezza delle conseguenze economiche e sociali globali della guerra: alta inflazione, crisi energetica e alimentare. Questo sondaggio misura la resilienza dell’opinione pubblica europea, non solo la rabbia nei confronti della guerra di Putin.
I risultati suggeriscono che l’opinione pubblica europea sta cambiando posizione e potrebbero arrivare giorni più difficili. La resilienza delle democrazie europee dipenderà soprattutto dalla capacità dei governi di appoggiare il sostegno pubblico alle politiche che porteranno sofferenza a diversi gruppi sociali. Questo costringerà i governi a tenere un equilibrio tra la ricerca di unità in Europa dietro la pressione su Mosca e le opinioni divergenti sia all’interno degli stati membri, sia tra gli stati stessi.
L’indagine rivela un divario crescente tra le posizioni dichiarate di molti governi europei e l’umore dell’opinione pubblica nei loro paesi. Il grande divario incombente è tra coloro che vogliono porre fine alla guerra il più rapidamente possibile, e coloro che vogliono continuare a combattere fino alla sconfitta della Russia.
L’Europa dopo l’invasione
Gli europei non sono divisi su chi incolpare della guerra: i tre quarti affermano che la Russia è responsabile del conflitto. Né sono divisi su chi rappresenti il principale ostacolo alla pace: i due terzi puntano alla Russia. L’unica eccezione in questo è l’Italia, dove le opinioni dei cittadini sono bilanciate sulla questione se non siano invece l’Ucraina e l’occidente l’ostacolo più grande.
Nel complesso, gli europei non hanno dubbi su da che parte stare: vogliono che l’Ucraina prevalga. E sono pronti ad aiutarla a difendersi.
Inoltre, il nuovo sondaggio di Ecfr mostra che la maggior parte degli europei è pronta a offrire solidarietà all’Ucraina, sotto forma di assistenza economica, invio di armi, sostegno all’adesione del paese all’Ue e accoglienza dei rifugiati. Allo stesso tempo, appoggia severe misure contro la Russia, compresa l’applicazione di sanzioni economiche, la fine delle importazioni di combustibili fossili e il dispiegamento di truppe nell’Europa orientale (ma non in Ucraina).
Eppure, anche se gli europei incolpano la Russia per la guerra e sperano in una vittoria ucraina, gli stati e le società europee sono divisi su come vedono fine del conflitto.
Pace o giustizia
In teoria, tutti i governi europei concordano sul fatto che spetta agli ucraini decidere quando fermare la guerra e accordarsi sulla forma della pace. Ma dal sondaggio emergono chiare divisioni tra gli elettori quando si tratta di scegliere se debba essere l’Europa a cercare di porre fine alla guerra il prima possibile – anche se per l’Ucraina questo significa fare delle concessioni –, o se l’obiettivo primario sia punire la Russia per la sua aggressione e ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina, anche se questa strada porterebbe a un conflitto prolungato e a maggiori sofferenze umane.
Questi risultati mettono gli europei in due gruppi opposti: uno per la pace e uno per la giustizia. I sostenitori della pace vogliono la pace subito, anche al costo di concessioni ucraine alla Russia. Quelli per la giustizia sostengono che solo una chiara sconfitta della Russia possa portare la pace. Questa divisione è palpabile all’interno dei paesi, e tra i paesi stessi.
Trasformandosi in una lunga guerra di logoramento, il conflitto in Ucraina rischia di diventare la linea di demarcazione chiave in Europa. E a meno che i leader politici non gestiscano con attenzione questa differenza di punti di vista, la straordinaria unità dell’Europa potrebbe essere compromessa.
Nei dieci paesi considerati nello studio, un terzo dei partecipanti (25 per cento) sono nel campo della pace e un quinto (20 per cento) sono in quello della giustizia. Un altro quinto (20 per cento) non vuole scegliere una delle due, ma comunque sostiene le decisioni che l’Ue ha preso in risposta all’invasione dell’Ucraina. I rappresentanti di questo gruppo di indecisi condividono i sentimenti antirussi del partito della giustizia, ma sono anche preoccupati dall’escalation, come gli esponenti del partito della pace. Nei prossimi mesi crescerà la pressione su questo terzo gruppo perché si schieri da una parte o dall’altra. Le loro scelte, e i loro voti, potrebbero essere decisivi per determinare i prossimi passi dell’Europa.
La rappresentanza dei campi per la pace e per la giustizia cambia considerevolmente a seconda degli stati, delle generazioni e dei partiti politici. Una scoperta notevole è che c’è una netta prevalenza di maschi nel campo della giustizia (62 per cento di maschi, contro il 38 per cento di donne), mentre quello della pace è diviso equamente fra donne e uomini. In tema di affiliazione partitica, si può dire che gli elettori di destra siano generalmente più dalla parte della giustizia rispetto a quelli di sinistra. Ma questa regola generale non vale sempre.
Divisioni tra partiti
In Germania la preferenza per la pace domina sia nel partito di centrodestra Cdu sia fra i socialdemocratici di sinistra, mentre, fra i maggiori partiti, i Verdi hanno il maggior numero di indecisi. In Finlandia, i sostenitori dei socialdemocratici, il partito di governo, hanno una forte preferenza per la giustizia, mentre nel National coalition party, di centrodestra, gli elettori sono grosso modo divisi a metà. In Spagna, la destra radicale di Vox ha la fetta più ampia di sostenitori della giustizia fra i suoi elettori (che in generale hanno una leggera preferenza per la pace). In modo analogo, in Svezia la destra radicale di Sweden democrats è la forza politica più schierata per la giustizia fra i tre partiti principali. In Francia la destra radicale è la più favorevole alla pace, con tanti elettori indecisi. In Italia, dove gli elettori di tutti i partiti sono più per la pace che per la giustizia, il sostegno più ampio per la pace (oltre il 60 per cento) si registra nell’elettorato di Fratelli d’Italia e della Lega.
I componenti del campo della pace e della giustizia hanno atteggiamenti diversi verso la guerra. Se la maggioranza dà la colpa del conflitto alla Russia, nel campo della pace la quota è inferiore (64 per cento, contro l’86 per cento nel campo della giustizia). Dei tre gruppi, è quello degli indecisi che più attribuisce le responsabilità alla Russia (92 per cento). Allo stesso modo, la maggioranza di entrambi i partiti considera soprattutto la Russia il maggiore ostacolo alla pace, ma nel partito della pace questa maggioranza è più ridotta (il 53 per cento, contro il 79 per cento).
Ancora una volta, la stragrande maggioranza del gruppo degli indecisi crede che la Russia sia il principale ostacolo alla pace (87 per cento). Ed è più probabile trovare nel campo della pace qualcuno che considera gli Stati Uniti un ostacolo alla pace.
Anche se alcuni elettori pro Russia (o antiamericani) sono parte del campo della pace, questo non rende necessariamente questo gruppo amico della Russia. Se entrambi i campi concordano sul fatto che sia la Russia sia l’Ucraina saranno in condizioni peggiori per effetto della guerra, il campo della giustizia crede che la Russia starà «molto peggio», mentre nel campo della pace si prevede che l’Ucraina, dei due, soffrirà di più.
Alcuni, quindi, nel partito della pace, vogliono che la guerra finisca perché valutano che il conflitto infliggerà sofferenze eccessive all’Ucraina. Il campo della pace è anche più incline a credere che l’Ue uscirà indebolita dal conflitto, e questa è una delle altre ragioni per cui auspicano la fine del conflitto. Il campo della pace è in molti sensi molto pessimista.
Sulla risposta politica e pratica dell’Europa alla guerra, tutti e tre i gruppi principali sostengono il taglio dei legami economici con la Russia. Ma lo fanno in proporzioni radicalmente diverse. Nel campo della pace il 50 per cento vuole tagliare i legami, il 37 per cento è contrario; nel campo della giustizia la differenza è 83 per cento contro 11 per cento. Tra gli indecisi 83 per cento contro 7 per cento.
I campi della pace e della giustizia divergono anche sul taglio dei legami diplomatici: il campo della giustizia lo sostiene ampiamente (70-23 per cento) e così anche gli indecisi (60-30), ma il campo della pace è nettamente contrario (49-40 per cento). Allo stesso modo, il campo della giustizia e gli indecisi sono favorevoli al taglio dei legami culturali, mentre il campo della pace è contrario.
Questioni militari
Anche le questioni militari generano notevoli disaccordi. I tre gruppi non concordano sull’istituzione di una no-fly zone sull’Ucraina. Il campo della giustizia e gli indecisi vorrebbero che si facesse (con maggioranze del 54 per cento e del 41 per cento rispettivamente), mentre il campo della pace è scettico (48-25 per cento). Anche la questione dell’invio di truppe in Ucraina divide: il campo della giustizia e gli indecisi sono favorevoli, mentre il campo della pace è contrario.
Sull’ammissione dell’Ucraina nella Nato, il campo della giustizia e degli indecisi risultano entrambi favorevoli con ampi margini (rispettivamente 71-15 per cento e 75-8 per cento, mentre quello della pace è diviso, con il 37 per cento a favore e il 40 per cento contrario. Anche sull’invio di ulteriori truppe ai membri della Nato sul fianco orientale, il campo della giustizia e gli indecisi sono fortemente favorevoli (rispettivamente 75-14 per cento e 75-8 per cento), quello della pace è diviso (41 per cento a favore, 40 per cento contrario). Tutti i campi sono favorevoli all’ingresso dell’Ucraina nell’Ue, ma il partito della pace sostiene in modo tiepido l’ipotesi.
A margine, i membri dei campi della giustizia e della pace arrivano a conclusioni drasticamente diverse sull’aumento della spesa militare nei propri paesi, anche quando questo significa tagliare i fondi in aree come la sanità, l’educazione e la prevenzione del crimine. Allo stesso tempo, solo il 29 per cento dice che, anche a dispetto della guerra, il proprio paese non dovrebbe incrementare il budget per la difesa, per evitare di dover fare tagli altrove. Nel campo della pace le proporzioni sono quasi perfettamente rovesciate: 29 per cento a favore, 51 per cento contrario.
Gli indecisi sono divisi grossomodo a metà sul tema, con una leggera preferenza per non spendere di più sulla difesa (35 per cento contro 30 per cento). Le altre risposte disponibili erano “nessuna di queste” o “non lo so”, con un numero significativo di indecisi (26 per cento) che ha scelto la prima.
Perciò gli indecisi sono duri quanto, se non di più, quelli del campo della giustizia sulle critiche alla Russia: danno la colpa a Mosca prima di tutto per la guerra, dicono che la Russia è il più grande ostacolo verso la pace e credono che l’Europa dovrebbe tagliare i ponti con la Russia. Ma non condividono lo scandalo morale e gli obiettivi del campo della giustizia. Sulla questione se la guerra lascerà l’Ucraina e l’Europa in condizioni peggiori o sull’incremento della spesa militare sono però più vicini al campo della pace. In un certo senso, gli indecisi sono istintivamente dei realisti kissingeriani. Sono apertamente ostili alla Russia e sostengono misure politiche dure contro di essa, ma ritengono che una guerra lunga sarà troppo costosa per l’Europa.
Livello di attenzione
Al World economic forum di Davos, alla fine di maggio, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha detto che «il nostro compito è che il mondo non si stanchi della guerra». È una sfida ardua.
Il 50 per cento dei membri del campo della pace crede che i loro governi dedichino troppa attenzione al conflitto, mentre il 38 per cento sostiene che se ne dedichi “appena” oppure “troppo poca”. Al contrario, nel campo della giustizia, il 52 per cento pensa che si dedichi abbastanza o troppa poca attenzione alla guerra, solo il 38 per cento dice che se ne dedica troppa. Su questo tema gli indecisi sono più vicini al campo della giustizia: solo il 35 per cento concorda sul fatto che sia troppa l’attenzione dedicata alla guerra, mentre il 47 per cento dice che è sufficiente o troppo poca. È perciò improbabile che la stanchezza verso la guerra stia (già) spingendo gli indecisi a scegliere fra l’obiettivo della giustizia e quello della pace. Mentre per il resto degli elettori, il 38 per cento è più propenso a dire che si dedichi troppa attenzione alla guerra, mentre il 22 per cento pensa che sia sufficiente o troppo poca, anche se la maggior parte di loro semplicemente non sa (40 per cento).
Questi dati mostrano che anche nel campo della giustizia potrebbe presto emergere qualche forma di “stanchezza di solidarietà”. Due degli stati più esposti in prima linea, la Romania e la Polonia, sono gli unici in cui più del 50 per cento delle persone sostengono che i loro governi siano troppo concentrati sulla guerra a danno di altre questioni importanti. Siccome tanti sostenitori della pace pensano che l’Ucraina, più della Russia, finirà peggio a causa del conflitto, ulteriori avanzamenti dell’esercito russo potrebbero far sì che più persone si uniscano al campo della pace.
Paesi a confronto
Stanno emergendo grandi divisioni anche tra gli stati membri dell’Ue, tra cittadini che si sentono parte della guerra e altri che cercano ancora di evitare un coinvolgimento nel conflitto.
Un’anomalia chiara è la Polonia, in cui gli intervistati preferiscono la giustizia alla pace al 41 per cento contro il 16 per cento. Nel frattempo, la preferenza per la pace è più forte in Italia (52 per cento) e Germania (49 per cento).
La visione degli europei sulle cause della guerra varia considerevolmente. Ad esempio, oltre l’80 per cento delle persone in Polonia, Svezia, Finlandia, Portogallo e Gran Bretagna sostiene che la Russia sia la principale responsabile dell’origine del conflitto. Questo contrasta con solo il 56 per cento in Italia, il 62 per cento in Francia e il 66 per cento in Germania, che danno la colpa al Cremlino. Alla domanda su chi rappresenti il più grande ostacolo alla pace, il 64 per cento di tutti i paesi intervistati risponde la Russia, ma in Italia solo il 39 per cento concorda, e in Romania il 42 per cento. In Italia oltre un quarto (28 per cento) accusa gli Stati Uniti, contro il 9 per cento degli altri nove paesi esaminati.
Ad ogni modo, la rottura con Mosca è reale e rimarrà per qualche tempo, a prescindere da come e quando finirà la guerra. C’è un forte sostegno in tutti i paesi per la rottura di tutti i legami economici con la Russia (dal 62 al 22 per cento), e nessun paese, nemmeno l’Italia, dissente da questo corso d’azione. C’è anche un sostegno significativo per tagliare i legami culturali e diplomatici con la Russia, anche se questo non è così forte come nel caso delle relazioni economiche. In alcuni paesi, gli intervistati si oppongono alla fine di questi rapporti (l’Italia sui contatti culturali e Italia, Francia e Germania sulle relazioni diplomatiche).
Gli europei credono che Russia e Ucraina ci rimetteranno a causa di questa guerra. La maggioranza degli europei crede che anche l’Ue starà peggio (contrariamente a una tesi ottimista, diffusa in molte capitali europee, che vede la guerra come un “momento” dell’Ue). Per contro, l’opinione prevalente nella maggior parte dei paesi intervistati è che la guerra non avrà alcun impatto su Stati Uniti o Cina.
I due aspetti che preoccupano di più gli europei in relazione al conflitto in corso sono il costo della vita (tra cui i prezzi dell’energia più alti) e la minaccia di un uso delle armi nucleari da parte della Russia. E anche se queste paure sono presenti in tutti i paesi, emergono delle differenze nelle principali preoccupazioni degli intervistati.
In Portogallo, Italia e Francia la gente ha paura soprattutto dell’impatto della guerra sul costo della vita e sui prezzi dell’energia. In Svezia, Polonia e Romania, invece, i cittadini sono i meno preoccupati per questi motivi. Svedesi, finlandesi e francesi temono maggiormente la minaccia di attacchi informatici da parte della Russia, più che altri paesi. E i paesi più vicini alla Russia – Finlandia, Polonia, Romania e Svezia – sono in confronto più preoccupati della minaccia di un’azione militare russa nei loro confronti. È possibile che i più vicini alla Russia temano un’occupazione, mentre le persone in tutti gli stati intervistati siano preoccupati più per il rischio di guerra nucleare.
Polonia e Romania a confronto
Cercando di immaginare le divisioni future in Europa causate dalla guerra, gli esperti fanno spesso riferimento a una “divisione est-ovest” e alle differenze tra i paesi confinanti e quelli geograficamente più distanti dal conflitto. Lo studio di Ecfr suggerisce una mappa molto più sfumata. Rivela, ad esempio, differenze significative tra Polonia e Romania, entrambi paesi in prima linea, che ospitano un gran numero di rifugiati, e che storicamente sono sospettosi e ostili alla Russia.
Anche se sia la Polonia sia la Romania confinano con l’Ucraina e i loro governi sono tra i principali sostenitori di Kiev, i loro cittadini mostrano atteggiamenti abbastanza distinti nei confronti della guerra. L’83 per cento dei polacchi incolpa la Russia del conflitto; in Romania, solo il 58 per cento. Più significativamente il 74 per cento dei polacchi considera la Russia il maggiore ostacolo alla pace, mentre dei rumeni solo il 42 per cento condivide questa opinione.
I due paesi sono distanti anche sulle loro preferenze tra pace o giustizia. Come osservato, la Polonia è l’unico paese nel sondaggio in cui il campo della giustizia prevale nettamente sul campo della pace (41 contro 16 per cento). Nel frattempo, la Romania, insieme a Francia, Germania, Italia, Svezia e Spagna, mostra una chiara preferenza per la pace rispetto alla giustizia (42 contro 23 per cento).
I polacchi sono tra i più grandi falchi d’Europa e i rumeni tra le più grandi colombe. In Polonia il 77 per cento vuole tagliare tutti i legami economici con la Russia; in Romania solo il 45 per cento. Il 74 per cento dei polacchi appoggia l’interruzione totale delle importazioni di combustibili fossili dalla Russia, rispetto al 51 per cento in Romania.
Allo stesso modo, il 71 per cento dei polacchi, a differenza di appena il 39 per cento in Romania, vuole interrompere tutti i rapporti diplomatici con la Russia. E il 73 per cento in Polonia, contro solo il 40 per cento in Romania, appoggia la fine di ogni contatto culturale con la Russia.
Polacchi e rumeni si differenziano anche per l’intensità nella solidarietà all’Ucraina. Ad esempio, il 71 per cento dei polacchi – ma il 54 per cento dei rumeni – è favorevole a offrire maggior assistenza economica all’Ucraina. Sull’invio di ulteriori armi in Ucraina, in Polonia il 78 per cento è favorevole, contro appena il 46 per cento in Romania. I due paesi differiscono in modo più significativo sull’idea di inviare truppe in Ucraina: la Polonia è tra i pochi paesi in cui il sì a questa opzione prevale sul no: 46 per cento contro 30; i rumeni sono contrari all’invio di truppe: 44 per cento contro il 26 per cento.
Infine, mentre la Polonia è uno tra soli due paesi in cui il 50 per cento o più concorda sul fatto che la guerra significhi aumento della spesa militare, i rumeni al contrario ne sono molto meno convinti. La geografia non è destino quando si tratta di definire l’atteggiamento dei cittadini nei confronti della guerra.
Germania e Italia a confronto
Anche uno sguardo ad alcuni dei paesi europei precedentemente più simpatetici nei confronti della Russia rivela traiettorie divergenti. Gli europei dell’est accusano regolarmente la Germania di compiacere la Russia, ma questo nuovo sondaggio mostra che i cittadini tedeschi sono molto più aggressivi degli italiani.
Ad esempio, anche se la maggior parte dei tedeschi (66 per cento) e degli italiani (56 per cento) incolpa principalmente la Russia per la guerra, c’è divergenza su chi rappresenti il maggiore ostacolo alla pace. In Germania il 63 per cento pensa che la risposta sia la Russia, ma in Italia solo il 39 per cento è d’accordo. L’Italia è anche il paese con il maggior numero di intervistati che affermano che gli Stati Uniti siano i principali colpevoli (20 per cento) e il maggiore ostacolo alla pace (28 per cento); una percentuale inferiore condivide queste convinzioni in Germania (rispettivamente 11 e 9 per cento).
Entrambi i paesi appoggiano la fine dei legami economici con la Russia: il 57 per cento in Germania e il 47 per cento in Italia sono a favore, mentre rispettivamente il 29 per cento e il 36 per cento sono contrari. I tedeschi sono più agguerriti degli italiani sotto molti altri aspetti. Ad esempio, alla domanda se sia più importante ridurre la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia o attenersi agli obiettivi climatici dell’Ue gli italiani sono fortemente divisi. Invece la maggior parte dei tedeschi preferisce affrontare la questione della dipendenza energetica dell’Europa. I tedeschi sono piuttosto divisi sull’opportunità di interrompere i legami culturali con la Russia, mentre gli italiani preferiscono nettamente tenere aperti i canali culturali e, secondo questo studio, l’Italia è l’unico paese a favore.
I tedeschi sono a favore dell’invio di ulteriori armi e forniture militari al governo ucraino (52 per cento contro 33) . Gli italiani sono l’unica nazione contraria (45 per cento contro 33). Allo stesso modo, l’opinione prevalente in Germania è che ulteriori truppe dovrebbero essere inviate ai membri orientali della Nato (45 per cento contro 32). Gli italiani invece per lo più sono contrari (45 per cento contro 30).
La differenza forse più marcata tra Germania e Italia è nella posizione dei cittadini sulla spesa per la difesa. L’Italia è un’anomalia tra tutti i paesi intervistati, con il 63 per cento che afferma che non è necessario aumentare la spesa per la difesa, nonostante la guerra; solo il 14 per cento vuole vedere un aumento. Al contempo, la Germania, insieme soltanto a Finlandia, Polonia e Svezia, approva in gran parte l’aumento della spesa per la difesa (41 per cento contro 32).
Di conseguenza anche le posizioni di governi che in precedenza sono stati (relativamente) amichevoli nei confronti di Mosca non sono un riferimento sicuro per l’opinione pubblica.
Un’imminente crisi dei rifugiati?
La guerra in Ucraina ha distrutto le precedenti ipotesi di divisione in Europa. Uno degli aspetti sorprendenti dell’impatto della guerra è stata la metamorfosi dell’Europa orientale nell’accoglienza di coloro che fuggono dalla violenza: alcuni degli stati un tempo più desiderosi di tenere lontani i rifugiati siriani durante la crisi del 2015 stanno ora ospitando il maggior numero di arrivi.
Ad ogni modo, il sondaggio di Ecfr suggerisce in che modo la migrazione potrebbe ancora diventare una questione di divisione a est, proprio come è stato in Turchia da quando Ankara ha aperto il confine del paese ai rifugiati siriani. Se la maggior parte degli europei è felice di ospitare i rifugiati ucraini, Romania, Polonia e Francia, invece, sono tra i paesi meno aperti a questa prospettiva. Ciò è forse influenzato dal fatto che Romania e Polonia hanno già accolto molti profughi ucraini – e dalla tossicità della politica immigratoria in Francia, paese che finora ha accolto pochi profughi ucraini. Il fatto che i rifugiati in Polonia risiedano principalmente in case private può forse influenzare l’atteggiamento dell’opinione pubblica nell’immaginare cosa dovrebbe fare il loro paese dopo.
Conclusioni
La guerra è come una montagna russa: l’opinione pubblica può cambiare a ogni curva ed è anche un motore estremamente potente. Come ha recentemente scritto Gideon Rachman del Financial Times: «La guerra in Ucraina si combatte essenzialmente su tre fronti e tra tre protagonisti. Il primo fronte è il campo di battaglia stesso. Il secondo fronte è economico. Il terzo fronte è la battaglia delle volontà. I tre partecipanti sono Russia, Ucraina e l’alleanza occidentale che sostiene l’Ucraina».
Ciò che accade su uno qualsiasi dei tre fronti colpisce gli altri due. I successi militari dell’Ucraina sono fondamentali per rafforzare le dimensioni del campo di giustizia (il cui leader informale, Zelensky, ha una capacità incredibile di comunicare con l’opinione pubblica europea). I sostenitori del campo della pace sono già il gruppo più numeroso tra i cittadini europei e probabilmente aumenteranno di numero se crescerà la sensazione per cui le feroci sanzioni economiche alla Russia non stiano portando risultati.
Cosa dicono quindi i risultati di questo nuovo sondaggio sulla battaglia delle volontà in corso e su come sostenere le misure adottate per armare l’Ucraina e sanzionare la Russia? La dipendenza dell’Ucraina dalle azioni dei suoi vicini europei significa che chi vince questa battaglia di volontà rischia di essere ancora più importante di quanto accade sul terreno economico e militare.
Le prossime settimane saranno critiche e i dati mostrano che forse è possibile tenere l’Europa unita con il giusto messaggio politico.
Il sondaggio suggerisce che la rottura dell’Europa con la Russia è irreversibile, almeno nel breve e medio termine. Al momento, non c’è alcuna possibilità che l’Europa possa integrare la Russia nelle proprie strutture o comunità politiche. Gli europei sembrano guardare verso un mondo in cui l’Europa si separerà completamente dalla Russia.
Ma il consenso europeo sulla Russia non si traduce automaticamente in una posizione comune sui ruoli che l’Ue dovrebbe svolgere nella guerra. I dati annunciano una crescente divergenza tra il campo della pace e il campo della giustizia, mentre la guerra si trascina e i costi a essa associati crescono.
Il sondaggio mette in luce le potenziali divisioni sui rifugiati, l’adesione dell’Ucraina nell’Ue, l’impatto sul tenore di vita e la minaccia di un’escalation nucleare. Queste cose si combinano in uno scisma centrale tra i campi di pace e giustizia. In molti paesi europei, la causa dell’Ucraina potrebbe cambiare dall’essere uno sforzo nazionale unificante e trasformarsi in una questione politica divisiva. Oltre a provocare tensioni all’interno dei singoli paesi, la guerra potrebbe significare che le posizioni politiche di stati come Polonia e Italia divergano sempre più.
Nelle prime fasi della guerra i paesi dell’Europa centrale e orientale si sono sentiti vendicati del loro passato accomodante nei confronti della Russia e hanno acquisito fiducia e potere all’interno dell’Ue. Ma, nella fase successiva, paesi come la Polonia potrebbero trovarsi emarginati se il campo della pace iniziasse ad attrarre gli altri stati membri.
La chiave per mantenere l’unità dell’Europa nel sostegno all’Ucraina è prendere sul serio i timori di un’escalation e presentare il conflitto come una lotta difensiva contro l’aggressione russa, invece di parlare della vittoria di Kiev e della sconfitta russa.
Anche se il conflitto in Ucraina potrebbe ancora rivelarsi la levatrice di un’Unione europea molto più muscolosa, questa indagine rivela che il sostegno all’aumento della spesa per la difesa è più debole nell’opinione pubblica di quanto potrebbe sembrare ascoltando solo i politici. Forse il segnale più preoccupante è che la maggior parte degli europei vede l’Ue come un grande perdente nella guerra, invece di interpretare la sua relativa unità come segno di un’unione che si rafforza.
Resta il pericolo che i campi di pace e giustizia possano diventare polarizzati come i debitori e i creditori nella crisi dell’euro dei primi anni del 2010. Se questo accadrà – e se l’Ue si bloccherà per le sue stesse divisioni – allora la guerra potrebbe segnare l’emarginazione permanente dell’Europa dalla scena mondiale.
L’opinione pubblica europea ha rafforzato l’unità dell’Ue a fronte dell’invasione russa dell’Ucraina. Ora spetta ai leader europei sostenere questa unità. Trovare un linguaggio che attiri gli elettori indecisi – duro con la Russia, ma prudente circa il pericolo di un’escalation – potrebbe offrire un modo per far quadrare il cerchio dell’opinione pubblica.
Se l’Unione riuscirà a mantenere l’ampio fronte che ha mostrato finora, e se i governi di tutte le parti resteranno uniti invece di cercare di umiliarsi a vicenda, un’Europa geopolitica più forte potrebbe comunque emergere dall’ombra della guerra. Inoltre, il modo in cui l’invasione russa dell’Ucraina sarà risolta avrà conseguenze di vasta portata per il conflitto in corso tra Stati Uniti e Cina.
© Riproduzione riservata