Le sanzioni arrivano in vista dei primi colloqui tra Cina e la nuova amministrazione Biden. A seguito dell'approvazione della legge sulla sicurezza e le riforme del sistema elettorale di Hong Kong, più volte gli Usa avevano condannato le azioni repressive di Pechino contro l'ex colonia britannica
Gli Stati Uniti hanno sanzionato altri 24 funzionari cinesi e di Hong Kong per la repressione in corso da parte di Pechino sulle libertà politiche nella città semiautonoma, tra cui la decisione di rivedere il sistema elettorale di Hong Kong. La decisione arriva in vista dei primi colloqui faccia a faccia dell'amministrazione del presidente Joe Biden con la Cina. Le sanzioni sono state introdotte ai sensi dell'Hong Kong Autonomy Act ed elencano le persone che si ritiene contribuiscano al fatto che la Cina non stia adempiendo ai propri obblighi ai sensi della Costituzione di Hong Kong.
Tra i 24 funzionari sanzionati dagli Stati Uniti ci sono Wang Chen, membro dell'elite di 25 membri del Partito comunista cinese, e Tam Yiu-chung, il delegato di Hong Kong alla commissione permanente del Parlamento cinese, che ha redatto la legge sulla sicurezza nazionale. Sono stati inoltre sanzionati diversi ufficiali della divisione per la sicurezza nazionale di Hong Kong, tra cui Li Kwai-wah, sovrintendente senior, ed Edwina Lau, vice commissaria delle forze di polizia di Hong Kong.
Il Segretario di Stato Anthony Blinken ha dichiarato che i cambiamenti effettuati sull'Autonomy act erodono l'autonomia promessa a Hong Kong al passaggio del 1997 dal Regno Unito, oltre a negare ai suoi abitanti una voce nel proprio governo: «Una Hong Kong stabile e prospera, che rispetti i diritti umani, le libertà e il pluralismo politico serve gli interessi di Hong Kong, della Cina continentale e della più ampia comunità internazionale», ha precisato Blinken.
La risposta di Pechino è stata immediata. «La Cina adotterà misure vigorose per salvaguardare la nostra sovranità, sicurezza e interessi di sviluppo e salvaguardare i diritti e gli interessi legittimi delle nostre aziende e dei cittadini», ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, secondo Bloomberg.
Tensioni tra Pechino e Hong Kong
Il 30 giugno scorso, l’Assemblea nazionale del popolo di Pechino ha approvato la legge sulla sicurezza nazionale nei confronti di Hong Kong. La norma punisce gli atti di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con le forze straniere compiuti nell'ex colonia britannica. Da allora si è scatenata una serie di proteste da parte degli attivisti pro-democrazia contro la dipendenza diretta da Pechino imposta al proprio stato, represse con violenza e molteplici arresti. La causa delle frequenti violenze tra Pechino e Hong Kong, infatti, deriva dal fatto che la Cina si era impegnata a garantire libertà politiche, giuridiche ed economiche, sancite anche dalla Basic Law, fino al 2047. La legge sulla sicurezza è stata fin dalla sua approvazione a livello internazionale, quale forma di violazione della libertà.
Oltre a ciò, l'11 marzo scorso, i membri del Congresso Nazionale del popolo cinese hanno votato e approvato, senza voti a sfavore e con una sola astensione, le modifiche al sistema elettorale di Hong Kong. I nuovi emendamenti prevedono il potere di veto da parte della Cina sui candidati e stabiliscono di eleggere figure politiche allineate con gli ideali politici di Pechino, limitando così il numero dei leader pro-democrazia ai seggi. Entrambe le leggi sono state in più occasioni definite anti-democratiche.
© Riproduzione riservata