- A Dungannon è stata piazzata sopra un bonfire un’immagine della vice presidente del partito nazionalista dello Sinn féin, Michelle O’Neill. A Rathcoole, in periferia di Belfast, a essere issato è stato invece il nome di un consigliere con accanto un manichino impiccato.
- Per proseguire le celebrazioni, in tutto il Nord Irlanda si sono invece tenute le parate orangiste. Circa 600 bande hanno marciato in una ventina di località e per le strade si sono riversate decine di migliaia di unionisti.
- Gli unionisti hanno necessità di serrare le fila. Da una parte promuovendo una linea dura sugli accordi post Brexit e la conseguente impasse politica; dall’altra provando a rinsaldare la propria coscienza attraverso storia e costumi. Nei prossimi anni potrebbero averne bisogno, soprattutto se i nuovi equilibri porteranno a un referendum per l’indipendenza.
I vigili del fuoco hanno azionato gli idranti già nel tardo pomeriggio di martedì. L’acqua è stata sparata sui muri e sui tetti di diverse case: non stavano andando a fuoco, ma erano in prossimità dei bonfires, le enormi cataste di pallet che la comunità unionista allestisce nei propri quartieri delle cittadine nordirlandesi.
Sono alti decine di metri e la sera dell’11 luglio vengono bruciati: fumo, cenere e legni incendiati incombono spesso sulle abitazioni vicine, creando disagi e a volte tragedie.
Tradizioni controverse
Nella serata gli incidenti relativi ai bonfires dove sono intervenuti i vigili del fuoco in Nord Irlanda sono stati ben 34. Ma a parte i pericoli dei fuochi e quelli relativi alla loro costruzione – sono almeno due i feriti dovuti a cadute – l’accensione dei bonfires (insieme alle parate del 12 luglio) rientra nella tradizione consolidata della comunità unionista per ricordare la battaglia del Boyne del 1690, in cui il protestante Guglielmo d’Orange trionfò sul cattolico Giacomo Stuart.
Le persone si ritrovano con le famiglie attorno ai falò e passano la serata illuminati dalle fiamme, tra canti, giochi e alcol.
Tuttavia, si tratta di una tradizione che ha conservato caratteristiche settarie, ancora radicate in Irlanda del Nord. In cima alle cataste, infatti, sono spesso poste bandiere irlandesi, immagini di personaggi nazionalisti, striscioni e offese nei confronti dell’altra comunità. Episodi accaduti anche quest’anno, pur con alcune eccezioni.
A Dungannon è stata piazzata un’immagine della vicepresidente del partito nazionalista dello Sinn féin, Michelle O’Neill. Allo sdegno dei membri dello Sf, si è unita la denuncia da parte di alcuni politici unionisti.
A Rathcoole, nella periferia di Belfast, a essere issato sopra un bonfire è stato invece il nome del consigliere dello Sf, Taylor McGrann, con accanto un manichino impiccato. Su entrambi i casi la polizia sta indagando per crimini d’odio.
Gli inquietanti messaggi usciti dai bonfires non sono stati solo all’indirizzo di figure filo irlandesi. In alcune pire, infatti, sono stati bruciati poster del premier irlandese Leo Varadkar o le bandiere del partito Alliance, forza politica nordirlandese né nazionalista né unionista.
L’Eleventh Night, quindi, si è confermata ricca di espressioni settarie e violente, nonostante sia promossa come un evento culturale.
Le marce orangiste
Ieri, per proseguire le celebrazioni, in tutto il Nord Irlanda si sono invece tenute le parate orangiste. Circa 600 bande hanno marciato in una ventina di località e per le strade si sono riversate decine di migliaia di unionisti.
Fino a poco tempo fa, era tra i giorni più caotici nella regione. Le marce lealiste non di rado si snodavano anche nei quartieri cattolici e nazionalisti. Un affronto per i giovani della comunità, che scatenavano disordini con la polizia e con gli stessi unionisti. Ma da qualche anno, soprattutto dal 2018, non si registrano veri incidenti.
Il sentimento unionista
I bonfires, le marce, le bande musicali, le effigi delle logge "orange” sono considerati elementi basilari della cultura unionista in Irlanda del Nord. Tradizioni storiche tramandate per generazioni fino ai giorni nostri, ma ancora intrise da settarismi.
Oggi, però, acquisiscono un altro valore. Negli ultimi anni la comunità lealista in Irlanda del Nord ha vissuto cambiamenti epocali: al referendum del 2016 la maggioranza della popolazione nordirlandese ha votato contro la Brexit, il Democratic unionist party ha perso le elezioni a scapito dello Sf e un censimento britannico ha di fatto confermato il sorpasso della comunità nazionalista.
Gli accordi tra Londra e Bruxelles per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea hanno colpito i filo-inglesi, che si sono visti sempre più isolati. L’allontanamento da Londra – con i confini commerciali posti nel mar d’Irlanda – ha scatenato la rabbia dei lealisti, con episodi di violenza da parte di sigle paramilitari più o meno attive.
Considerati i recenti stravolgimenti, il mondo unionista è consapevole dell’importanza dei simboli, delle tradizioni e del sentimento popolare attorno a questi due giorni. «Sono orgoglioso della mia cultura e della mia tradizione», ha dichiarato il leader del Dup Jeffrey Donaldson, prima di ribadire che «le celebrazioni dell’11 e del 12 luglio sono parte del tessuto culturale del Nord Irlanda».
Gli unionisti hanno necessità di serrare le fila: da una parte, alla ricerca del consenso nelle frange più radicali, promuovendo una linea dura sugli accordi post Brexit e la conseguente impasse politica; dall’altra provando a rinsaldare la propria coscienza attraverso storia e costumi. Nei prossimi anni potrebbero averne bisogno, soprattutto se i nuovi equilibri politici e demografici porteranno a un referendum per l’indipendenza dell’Irlanda del Nord. In tal caso, l’ipotesi di diventare un’enclave all’interno di un’isola unita non sarebbe così lontana. Un cambiamento non da poco, se si pensa che nel Nord Irlanda storicamente sono stati i nazionalisti a dover difendere le proprie origini da imposizioni e discriminazioni.
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