Le esportazioni ucraine sono tornate quasi ai livelli pre invasione, grazie alle vittorie ottenute sul mar Nero. Ma ora gli attacchi degli Houthi rischiano di vanificare il piano B messo in piedi da un paese quasi senza marina
Grazie alle vittorie militari ottenute sul mar Nero, l’Ucraina è riuscita ad aprire una nuova rotta per l’esportazione dei suoi prodotti alimentari, smentendo le pessimistiche previsioni che l’anno scorso, dopo il ritiro della Russia dall’accordo sul grano, parlavano di imminente rovina economica per il paese e di rischio di carestia internazionale. Ma ora questo risultato inaspettato è messo a rischio dalle tensioni sul mar Rosso, dove gli attacchi degli Houthi hanno costretto gli ucraini a fermare un terzo delle loro esportazioni che passano proprio per quella rotta.
Grano ucraino
Dopo che nel luglio del 2023 la Russia ha interrotto la collaborazione con l’Ucraina e annunciato un blocco dei porti sul mar Nero, gli ucraini hanno deciso che il nuovo accordo sul grano se lo sarebbero fatti da soli e, sorpresa, hanno avuto successo. Con circa sette milioni di tonnellate di generi alimentari esportate via mare a dicembre, l’Ucraina ha quasi raggiunto i volumi di traffico prebellici e ha superato quelli di un anno fa, quando era in vigore l’accordo con la Russia.
L’Ucraina è il secondo produttore di grano al mondo, dopo la Russia, e il primo produttore di oli vegetali.
Prima dell’invasione, buona parte di questi prodotti veniva esportata via mare, in particolare verso economie in via di sviluppo. I porti sul mar Nero sono fondamentali per l’economia ucraina e da qui passavano quasi la metà delle esportazioni e una buona fetta delle importazioni del paese.
Dopo l’interruzione dell’accordo con la Russia, gli ucraini hanno individuato una nuova rotta, il più possibile al riparo dalle rappresaglie del Cremlino. Si tratta di un percorso che costeggia Bulgaria e Romania, restando entro le loro acque nazionali.
Arrivate vicino alle acque ucraine, le navi più piccole e di minore pescaggio risalgono il Danubio fino al porto di Izmail, mentre le più grandi proseguono fino a Odessa e agli altri porti della regione. Gli ucraini ora vorrebbero riaprire anche il porto di Mykolaiv, il secondo dell’Ucraina dopo Odessa, ma per farlo servirà cacciare le forze armate russe da una serie di posizioni che ne minacciano le vie d’accesso.
In ogni momento ci sono oltre venti navi da trasporto ormeggiate nei porti ucraini o in attesa di attraccare, mentre in tutto sono almeno 500 quelle che percorrono la rotta da e per i porti sul mar Nero.
Gli attacchi aerei russi, lanciati in particolare alla fine della scorsa estate, non sono riusciti a danneggiare seriamente le infrastrutture portuali, in parte a causa delle difese aeree ucraine, in parte grazie ai lavori di riparazioni portati avanti dai portuali.
Vittoria sul mare
Difficilmente questi porti sarebbero potuti restare in funzione se l’Ucraina, una nazione praticamente priva di una marina militare, non fosse riuscita a ottenere una sorprendente vittoria contro la potente flotta russa del mar Nero.
La battaglia per il controllo delle rotte commerciali è iniziata nei primi giorni della guerra, e molto presto gli ucraini hanno ottenuto la loro prima vittoria. Il 14 aprile del 2022, due missili ucraini hanno affondato l’incrociatore russo Moskwa, ammiraglia della flotta del mar Nero.
Da allora, gli ucraini hanno affondato o danneggiato altre 22 navi, utilizzando una combinazione di missili anti nave e droni marini, piccole imbarcazioni senza pilota e cariche di esplosivo che in diverse occasioni sono riuscite a infiltrarsi nelle basi russe.
Al momento, circa un quarto della flotta russa è stata messa fuori combattimento. Nel frattempo, le forze speciali ucraine sono riuscite a occupare una serie di luoghi strategici: l’isola dei Serpenti, situata a poca distanza dalla foce del Danubio, e le Torri di Boyko, una serie di piattaforme per l’estrazione di gas utilizzate dai russi per sorvegliare il traffico marittimo diretto al porto di Odessa.
Oscurata sui giornali dal fallimento della controffensiva via terra, questa campagna marittima ha raggiunto il suo culmine a dicembre, quando, dissanguata da uno stillicidio di attacchi, la flotta russa si è trasferita dal porto di Sebastopoli in Crimea a quello di Novorossiysk, sulla sponda orientale del mar Nero, a oltre seicento chilometri di distanza, troppo lontano per poter interferire con il traffico ucraino.
Le immagini satellitari e i rapporti dei partigiani ucraini mostrano che in Crimea sono rimaste solo una manciata di vecchie unità militari, costantemente spostate da un molo all’altro per timore di nuovi attacchi.
Embargo mancato
Aver trasformato metà del mar Nero in una zona in cui le navi russe non possono avventurarsi senza rischiare di essere affondate è centrale per il successo della nuova rotta del grano ucraino. Le leggi internazionali, infatti, stabiliscono che per essere legale un embargo deve essere mantenuto fisicamente, il che significa avere la propria flotta all’interno della zona di esclusione. In altre parole, le navi russe dovrebbero incrociare lungo le rotte percorse i mercantili e fermarli prima che giungano ai porti ucraini.
In assenza di queste condizioni, i russi non hanno molte altre scelte. Potrebbero attaccare i mercantili con i loro missili a lungo raggio, ma questo rischia di avere serie conseguenze diplomatiche: la maggior parte delle navi dirette in Ucraina appartiene alle marine mercantili di paesi Nato e della Cina. Tranne in un singolo episodio, avvenuto probabilmente per errore, fino a ora i russi non hanno tentato nulla del genere.
In alternativa, la marina del Cremlino può utilizzare mine navali per rendere le rotte troppo pericolose per essere percorse. Questo tipo di attacco è meno rischioso poiché è più facile da negare. All’inizio della guerra, gli ucraini hanno minato alcune rotte di avvicinamento ai loro principali porti e per la Russia sarebbe facile accusare gli avversari nel caso si verifichino incidenti. Basterebbero poche navi danneggiate o affondate in questo modo per portare a un incremento dei premi pagati agli assicuratori, rendere le esportazioni ucraine non più convenienti e bloccare così questa nuova rotta.
La flotta del mar Nero sta percorrendo questa strategia e diversi mercantili sono stati danneggiati da mine che, con ogni probabilità, sono state disseminate da aerei, navi e sottomarini russi. Ma per il momento questi sforzi non sono riusciti a causare seri problemi alle rotte commerciali. Al momento, il premio assicurativo per un carico diretto nei porti ucraini del mar Nero è pari a circa l’1,25 per cento del valore del cargo, in calo rispetto al 7 per cento dell’inizio del conflitto.
Gli Houthi
Quello che invece sta causando seri problemi agli ucraini sta avvenendo a migliaia di chilometri di distanza, all’imboccatura del mar Rosso, dove gli Houthi dello Yemen hanno iniziato una campagna di attacchi contro le navi mercantili che transitano nello stretto, nel tentativo di costringere Israele a un cessate il fuoco a Gaza. Circa un terzo delle esportazioni di grano ucraino è diretto in Cina e in Pakistan attraverso questa rotta.
Gli attacchi degli Houthi stanno spingendo un numero crescente di compagnie a sospendere il traffico attraverso il canale di Suez e il mar Rosso, a favore della più lunga rotta intorno all’Africa, riducendo così il volume totale dei prodotti che è possibile esportare. Il record ucraino raggiunto a dicembre sembra così destinato a non essere ripetuto. Secondo Alexander Karavaytsev, economista del Consiglio internazionale del grano, a gennaio le esportazioni di generi alimentari ucraini sono destinate a scendere del 20 per cento rispetto al mese precedente.
Buone e cattive notizie
Da un lato, il successo ucraino sul mar Nero poggia su basi relativamente fragili. Le vittorie ottenute in patria possono essere vanificate da avvenimenti fuori dal controllo di Kiev. E in ogni caso le conseguenze economiche di questa rotta non si faranno sentire per un po’. Anche se si stima che nel 2024 le esportazioni attraverso i porti sul mar Nero contribuiranno al Pil ucraino per più dell’1 per cento, i benefici per il bilancio statale si vedranno solo nel 2025, quando le aziende produttrici avranno pareggiato le perdite subite in questi due anni di guerra.
D’altro canto, gli ucraini hanno dimostrato che anche senza una vera e propria marina da guerra sono in grado di mantenere aperte le loro fondamentali rotte commerciali. In futuro, la Russia non sarà in grado di strangolare il paese a piacimento, imponendo un blocco navale a cui gli ucraini non hanno risposta. Significa che l’economia ucraina resterà sostenibile anche senza una riconquista completa delle sue coste che oggi appare, purtroppo per Kiev, più improbabile che mai.
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