- Per molti sovranisti di destra Vladimir Putin è stato esplicitamente un faro. Si possono e debbono avere rapporti decenti, diplomatici con questo tipo di leader, ma non relazioni amicali e meno che mai esibire entusiastica ammirazione.
- Per contrastare una sfida esistenziale non c’è sovranismo che tenga. La riposta è nella coesione che porta anche alla rielaborazione del significato e delle modalità di una difesa comune. La sede più affidabile per una politica efficace è l’Unione europea.
- L’ammirazione dei sovranisti europei per i leader autoritari erode e indebolisce la democrazia. Temo che la lezione non sia ancora stata imparata.
Premesso che trovo non solo auspicabile, ma logico il cambio di regime in Russia: chi lancia una guerra e la perde deve essere sostituito, il tema attuale è il declino dei sovranisti.
Per molti di loro Vladimir Putin è stato esplicitamente un faro. Il silenzio di Silvio Berlusconi, sedicente portatore di una rivoluzione liberale in Italia, avrebbe dovuto essere spezzato già prima dell’aggressione all’Ucraina, vale a dire quando Putin dichiarò esaurita l’epoca delle democrazie liberali.
Forse anche per ragioni elettoralistiche, timori per il voto di oggi, altrettanto eloquente è stato il silenzio di Viktor Orbán, ma chi sa quanti ungheresi ricordano vividamente la sanguinosa repressione sovietica della loro rivoluzione del 1956.
A fronte del defilarsi di Marine Le Pen, anche in questo caso probabilmente per preoccupazioni almeno in parte elettorali, stanno le acrobazie tanto irrefrenabili quanto patetiche di Matteo Salvini.
L’elenco di coloro, specialmente sovranisti, prevalentemente (e contraddittoriamente) di destra che hanno lodato il leader russo facendone un’icona e che oggi si trovano in imbarazzo è, naturalmente, molto lungo.
Le ripercussioni elettorali e politiche si vedranno nel tempo, ma due osservazioni sono già possibili. La prima riguarda l’Unione europea. Concerne la risposta ferma e rapida, di ripulsa, condivisa in tutti gli stati-membri, che sarà certamente messa a dura prova dall’impatto delle sanzioni.
Il segnale di fondo è chiaro: per contrastare una sfida esistenziale non c’è sovranismo che tenga. La riposta è nella coesione che porta anche alla rielaborazione del significato e delle modalità di una difesa comune.
Già in difficoltà sia nel contesto della pandemia sia per quanto riguarda le politiche all’insegna del Next Generation Eu, i sovranisti, qualche leader più di altri, ma probabilmente non pochi dei loro elettori stanno prendendo atto che la politica di oggi e ancor più di domani esige condivisione, collaborazione, coesione a livello sovranazionale.
E l’esempio migliore e la sede più affidabile per una politica efficace è senza ombra di dubbio costituita dall’Unione europea.
La seconda osservazione riguarda la democrazia. A prescindere dai comportamenti di Putin (e di Xi Jinping), chi crede che la democrazia è la peggior forma di governo, ovviamente ad eccezione di tutte le altre (frase attribuita a Winston Churchill) non dovrebbe mai dare giudizi positivi, addirittura entusiastici dei leader autoritari/totalitari.
Si possono e debbono avere rapporti decenti, diplomatici con quei leader, non relazioni amicali e meno che mai esibire entusiastica ammirazione.
Quello che deve preoccupare gli italiani, anche i sedicenti e perduranti sovranisti, è che gli ammiratori dei capi, soprattutto quelli potenti, dei molti regimi autoritari li ritengano addirittura amici da apprezzare, sostenere, imitare. Questi sono atteggiamenti e propensioni che erodono e indeboliscono la democrazia. Temo che la lezione non sia ancora stata imparata.
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