- Il nuovo governo svedese dipende dai voti dell’estrema destra degli Svedesi democratici, alleata di Fratelli d’Italia e dei “sovranisti” polacchi del Pis in Europa.
- Ma gli alleati del leader svedese Jimmie Akesson faranno bene a non aspettarsi grandi aiuti ora che la Svezia ha ottenuto la presidenza di turno dell’Unione europea.
- Sulla riforma delle politiche dell’immigrazione, pallino dei sovranisti italiani, gli svedesi hanno già fatto sapere di non aspettarsi risultati nei prossimi sei mesi e non arriveranno aiuti nemmeno per le procedure di infrazione che rischiano di colpire Ungheria e Polonia.
Lo scorso settembre, Giorgia Meloni si congratulava personalmente per il risultato elettorale ottenuto dagli Svedesi democratici e dal loro leader Jimmie Akesson, tra i suoi più fedeli alleati nel gruppo europeo dei Conservatori. Meloni era probabilmente ancora più entusiasta poche settimane dopo, quando il nuovo governo di centrodestra del paese si è trovato a dipendere dall’appoggio esterno di Akesson proprio mentre il paese si apprestava ad assumere la guida di turno del Consiglio europeo, una posizione chiave che gli consentirà di decidere la linea di centinaia di incontri politici nei prossimi sei mesi. Se però Meloni e gli altri “sovranisti” europei si aspettavano un aiuto dal governo svedese sui temi chiave dell’Europa, si sono sbagliati di grosso.
Niente accordi sui migranti
Mercoledì mattina è arrivata la – non inattesa – doccia fredda: non ci sarà nessun accordo sulla revisione dei trattati che regolano l’immigrazione in Europa per i prossimi sei mesi, ha fatto sapere Lars Danielsson, ambasciatore presso l’Unione europea. «Non aspettatevi il completamento del patto sulla migrazione durante la presidenza svedese», ha detto Danielsson. Il diplomatico ha aggiunto che l’appoggio degli Svedesi democratici non condizionerà la presidenza di turno del suo paese, ha aggiunto che ci sono in effetti temi «tabù» per il partito di Akesson.
La revisione dei trattati sull’immigrazione, che impongono di processare la domanda di richiesta d’asilo dei migranti al primo paese in cui arrivano, è da tempo il nemico numero uno delle destre, e non solo, dei paesi balcanici, centro europei e mediterranei, che negli ultimi anni hanno gestito una grossa fetta degli ingressi in Europa.
Trovare una soluzione che metta d’accordo tutti gli stati membri, però, è complicato. I paesi del nord Europa sono contrari a cambiare le regole e ricordano che negli ultimi anni hanno accolto proporzioni di rifugiati ben maggiori di paesi come Italia e Grecia.
Un possibile compromesso discusso nei passati negoziati è quello di introdurre meccanismi obbligatori di ricollocamento, in modo da assegnare i rifugiati in modo equilibrato tra i vari paesi europei. Il negoziato su questo punto, da sempre considerato molto difficile, è praticamente lettera morta con l’arrivo alla presidenza di turno svedese.
Come ha scritto Teresa Küchler, corrispondente per gli affari europei del quotidiano Svenska Dagbladet, il voto determinante degli Svedesi democratici rende un compromesso sull’immigrazione in Europa «un suicidio politico domestico». Il governo svedese «non ha interesse a spingere l’agenda sulla migrazione – ha aggiunto Christian Leffler, ex vicesegretario svedese del servizio diplomatico dell’Unione europea – Lo faranno perché sono dei leali membri del Consiglio, ma senza alcun entusiasmo».
La scarsa solidarietà internazionale tra i partiti della cosiddetta destra sovranista non è una novità. In passato, i negoziati sull’immigrazione sono già stati sabotati dai governi di Polonia e Ungheria, il primo guidato da un partito membro dei Conservatori europei di Meloni, il secondo dal suo amico personale Viktor Orban. Questa volta, però, anche Orban e il polacco Mateusz Morawiecki dovranno fare i conti con la mancanza di internazionalismo della loro parte politica.
Niente azioni sulle sanzioni
Per gli Svedesi democratici fare muro sull’immigrazione non sarà politicamente costoso. I negoziati sul patto erano già in difficoltà e le obiezioni a un compromesso non arrivano solo dalla destra radicale. Secondo molti osservatori è invece difficile che facciano battaglie di principio sul resto dell’agenda europea.
Come i cugini del francese Rassemblement national, e come Fratelli d’Italia, anche gli Svedesi democratici stanno attraversando un processo di “normalizzazione”, in cui puntano a migliorare le loro credenziali di governabilità e allontanare il ricordo delle loro radici neonaziste.
Ad esempio, Akesson ha abbandonato la sua proposta di uscire dall’Unione europea, mai particolarmente popolare nel paese. E anche se il suo partito è apertamente scettico sul cambiamento climatico, per il momento avrebbe poco da guadagnare nel bloccare la modesta politica ambientale europea.
L’altro tema su cui, secondo Küchler, gli Svedesi democratici non alzeranno barricate sono le procedure sanzionatorie in corso verso Ungheria e Polonia, i cui governi sono accusati di aver introdotto una svolta sempre più autoritaria (un’azione che nemmeno il governo Meloni sembra intenzionato ad intraprendere). È questa insomma l’altra faccia del sovranismo. Grandi complimenti e pacche sulle spalle quando un cugino vince le elezioni, ma quando si tratta di decidere, ogni sovranista è sovranista di casa propria.
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