- Quando era all'opposizione era la prima ad attaccare l’India sul caso dei marò. Ma le cose cambiano e ora la presidente del Consiglio riaccende i rapporti bilaterali, guardando a un modello ben preciso.
- «Meloni ha definito Modi il leader più amato al mondo», ha titolato gran parte della stampa indiana.
- A conti fatti, è invece il fatto stesso che questo incontro sia avvenuto a segnare un fondamentale cambio di passo rispetto a vicende che, per lunghi anni, hanno tracciato un solco nei rapporti bilaterali: la questione marò e una controversia legata ad Agusta Westland, accusata di corruzione.
Swaagatam, benvenuta. Cartelloni in sanscrito hanno accolto l’arrivo nella capitale indiana della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in una visita di stato conclusasi pochi giorni fa, in occasione delle celebrazioni del 75esimo anniversario delle relazioni bilaterali tra India e Italia.
Nelle stesse ore, il 2 marzo, Meloni è stata, per la prima volta per un premier italiano, ospite d’onore del Raisina Dialogue, conferenza di geopolitica organizzata da Observer Research Foundation, il più importante think tank del subcontinente, e dal ministero degli Esteri indiano.
Pur concentrata sui risultati delle elezioni negli stati chiave del nord est (Meghalaya, Nagaland, Tripura), tutti in quale modo favorevoli al partito di governo Bjp, e sullo storico incontro tra il ministro degli Estri indiano S Jaishankar e la sua controparte cinese Qin Gang, la stampa indiana non si è lasciata sfuggire il caloroso scambio tra premier Giorgia Meloni e Narendra Modi.
Non solo alla luce della portata degli accordi chiusi tra Italia e India (e il conseguente superamento di lunghi anni di rapporti quanto mai freddi), ma anche in quanto segnale di vicinanza tra leader affini. O presunti tali.
Interessi simili
«Meloni ha definito Modi il leader più amato al mondo», ha titolato gran parte della stampa indiana. La stessa che, una manciata di mesi fa, descriveva l’ascesa della leader di Fratelli d’Italia tracciando un sottile parallelismo tra Meloni, la quale si dichiara “non fascista”, e Modi, attuale premier e leader del partito Bjp, legato a doppio filo all’organizzazione nazionalista Rss.
Il Deccan Herald, a poche settimane dal primo incontro tra Meloni e Modi (avvenuto in Indonesia a metà novembre, in occasione del G20 di Bali, con il passaggio di testimone all’India, attuale presidente del G20) seguiva a ritroso quel sottile filo, a partire da uno dei teorici che contribuirono alla nascita dell’Rss, B.S. Moonje, noto ammiratore di Mussolini e Hitler.
Vestigia del passato a parte, quel che è possibile ipotizzare, più pragmaticamente, è una comunanza di interessi tra due leader che guardano a destra e la cui agenda conservatrice spesso e volentieri collima: «La sua tesi secondo la quale la comunità Lgbt starebbe distruggendo le famiglie naturali e le sue opinioni su George Soros, oggetto di campagne d’odio da parte di svariati gruppi di destra, troverebbero forte risonanza in India» scriveva Outlook India, presentando Meloni ai suoi lettori, pochi giorni prima del Raisina Dialogue e dell’incontro con Modi.
E allora i marò?
A conti fatti, è invece il fatto stesso che questo incontro sia avvenuto a segnare un fondamentale cambio di passo rispetto a vicende che, per lunghi anni, hanno tracciato un solco nei rapporti bilaterali: la questione marò e una controversia legata ad Agusta Westland, accusata di corruzione.
In entrambi i casi, la memoria indiana è stata elefantiaca («Nel 2012-2015, quando i rapporti Italia-India precipitarono a causa dell’arresto di due marò italiani per l’uccisione di due pescatori del Kerala, al largo delle coste indiane, la signora Meloni e il suo partito, Fratelli d’Italia, assunsero una linea dura, chiedendo l’espulsione dell’ambasciatore indiano» ha ricordato con puntiglio il quotidiano The Hindu, il primo a svelare la presenza d’onore di Meloni al Raisina).
Le dichiarazioni
Con un interscambio tra Italia e India raddoppiato in due anni, e oggi vicino ai 15 miliardi di euro pur con ampi spazi di crescita, i due protagonisti stessi hanno tracciato con le loro dichiarazioni le reciproche affinità: Meloni ha paragonato il mahatma Gandhi a Giuseppe Mazzini, Modi ha lodato i «secolari legami culturali e interpersonali tra India e Italia».
Meloni ha citato una «vicinanza nella nostra visione» a tutela dell’identità e dei diritti dei propri popoli. Modi ha parlato di un’India e un’Italia che «camminano fianco a fianco nella lotta al terrorismo e al separatismo».
Meloni ha sottolineato il «fattore pensinsulare» comune («Oggi il Mediterraneo è davvero il mare di mezzo, il bacino che sta tra i due grandi spazi marittimi del globo: l’Atlantico e l’Indo-Pacifico»), Modi ha lodato l’adesione italiana all’Indo-Pacific Ocean Initiative – passaggio tra i più interessanti, vista la crescente rilevanza dell’area nell’influenzare le dinamiche globali, e il silenzio (fino ad ora) dell’Italia sul cruciale tema.
Il più amato al mondo
Ciliegina della torta, un accordo sulla difesa – sempre in quell’ottica indo-pacifica che negli ultimi anni ha portato l’India ad essere corteggiata strettamente da Russia, Francia, Germania, Stati Uniti e Israele.
Gentiloni, Conte e Draghi avevano provato a rilanciare, ma è stata Meloni ad assicurarselo, tanto che Narendra Modi è arrivato a definirlo «un nuovo capitolo»: «Si stanno creando opportunità per la coproduzione e il co-sviluppo nel settore manifatturiero della difesa in India, il che può essere vantaggioso per entrambi i paesi».
Nella dichiarazione finale di Meloni, il suggello: «Credo che davvero ci sia un grande lavoro che possiamo fare insieme e chissà che questo non mi porti a raggiungere le vette di consenso del primo ministro Modi che, come si sa, è il più amato al mondo».
© Riproduzione riservata