- Questo è l’anno in cui le piccole isole sono al comando in Africa. Infatti il nuovo presidente di turno dell’Unione è Azali Assoumani presidente delle Comore, le quali hanno medesimi approcci e problemi con le Seychelles, Mauritius, Capo Verde o Sao Tomé e Principe, in genere assenti dall’agenda continentale.
- Per costoro conta l’ambiente, l’innalzamento delle acque degli oceani, il riscaldamento globale e l’inquinamento. Ma soprattutto la fine della guerra in Ucraina, che ha conseguenze dirette sul continente.
- Quali sono le necessità vitali su cui l’Africa insiste? Quelle di sempre: sanità, educazione e agricoltura. La distrazione occidentale, russa e cinese non porta vantaggi.
«Tieniti per te la tua geopolitica!»: è il grido che il presidente delle Seychelles, Wavel Ramkalawan, ha lanciato in vista del vertice dell’Unione africana tenutosi a Addis Abeba il 18 e 19 febbraio. L’insolita levata di scudi del piccolo stato insulare ha una giustificazione: questo è l’anno in cui le piccole isole sono al comando in Africa.
Infatti il nuovo presidente di turno dell’Unione è Azali Assoumani presidente delle Comore, le quali hanno medesimi approcci e problemi con le Seychelles, Mauritius, Capo Verde o Sao Tomé e Principe, in genere assenti dall’agenda continentale. Per costoro conta l’ambiente, l’innalzamento delle acque degli oceani, il riscaldamento globale e l’inquinamento.
Contro la guerra
Il grido del leader delle Seychelles si rivolgeva ai protagonisti della guerra tra Russia e Ucraina, alla quale gli africani sono in larga parte opposti, come si è ascoltato durante il vertice. «Basta con questo conflitto», sembrano dire gli africani, perché la guerra sta peggiorando le condizioni di vita delle popolazioni a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia e dei beni di prima necessità, prima di tutti il cibo.
La competizione geopolitica che infuria tra occidente e Russia non piace per niente all’Africa e tanto meno alle isole minori o ai paesi già colpiti da siccità o crisi interne. Anche la rivalità sino-americana non è apprezzata, soprattutto quando si svolge sugli oceani.
Pagarne le conseguenze
C’è un proverbio africano che recita: «Quando gli elefanti si combattono, è l’erba che soffre». Questo sembra il sentimento prevalente degli stati del continente di fronte alla guerra in Ucraina. Certamente sono in molti a sostenere che il principio dell’inviolabilità delle frontiere vada rispettato ma si aggiunge – nemmeno tanto sommessamente – che è già stato violato più volte, creando l’alibi per infrazioni successive.
La furia bellicista che ascoltiamo in occidente e in Russia, non attecchisce in Africa dove prevale la preoccupazione per il futuro del pianeta. Gli africani sanno che se gli accordi di Parigi sul riscaldamento globale (di cui l’Africa è responsabile per un misero 3 per cento) andranno alla malora, sovrastati dalle esigenze belliche, sarà il loro continente a soffrirne per primo le conseguenze.
Esigenze vitali
Così anche per l’aumento dei prezzi dei generi alimentari o il rallentamento dello sviluppo agricolo. Al continente vengono offerte in continuazione armi: molti leader impauriti ne fanno incetta ma tutti sono consapevoli che ciò serve a poco se l’instabilità dovesse sorgere dall’interno a causa dell’aumento delle povertà.
Quali sono le necessità vitali su cui l’Africa insiste? Quelle di sempre: sanità, educazione e agricoltura. La distrazione occidentale, russa e cinese non porta vantaggi al continente: si profila all’orizzonte una nuova fase di abbandono dell’Africa a causa di una guerra che nessuno vuole arrestare e rischia di eternizzarsi.
© Riproduzione riservata