Con il fronte immobile, l’occupazione di Kiev e la demilitarizzazione del paese appaiono lontani come un anno fa. Ma il leader russo si sta imponendo nello scontro per decidere chi ha la visione più credibile per la fine del conflitto. Più si immagina un conflitto lungo, più crescono le chance della Russia di spuntarla
Nel sua lunghissima conferenza stampa di fine anno, il presidente russo Vladimir Putin è apparso sicuro di sé: la guerra in Ucraina, ha detto, procede come da piani, gli obiettivi non sono cambiati e gli eserciti del Cremlino puntano ancora a demilitarizzare e “denazificare” il paese. Le sue dichiarazioni, unite alla fase difficile che sta vivendo l’Ucraina, sono state interpretate da molti come il segnale che dopo due anni di combattimenti, la Russia sta finalmente «vincendo» il conflitto.
Ma se davvero ci stiamo avvicinando a una vittoria del Cremlino, i segnali sono di sicuro insoliti. Il fronte resta immobile, le perdite da entrambi i lati alte, mentre gli ucraini sembrano più che mai determinato a proseguire il conflitto. La Russia ha più risorse sul lungo periodo, ma gli effetti di questa superiorità non saranno determinanti nell’immediato.
Quella che il Cremlino sta vincendo non è necessariamente la guerra sul campo che si combatte ogni giorno, ma lo scontro per determinare chi ha una visione più credibile e convincente sulla possibile fine del conflitto, una visione in grado non solo di mobilitare la popolazione, ma anche i propri alleati, e di demoralizzare quelli del nemico. Questo inverno, Putin ha conquistato le chiavi della guerra delle prospettive e solo gli ucraini possono togliergliele.
La guerra sul campo
Bisogna guardare da vicino i campi di battaglia dell’Ucraina per rendersi conto di come il vantaggio di Mosca sia soprattutto una questione di punti di vista e narrativa. In tre mesi di nuovi attacchi iniziati lo scorso ottobre, i russi sono avanzati di pochi chilometri e al prezzo di dure perdite, in modo non diverso da quanto accaduto agli ucraini nel corso dell’estate. Mariinka, la città caduta a dicembre e principale conquista in questa nuova serie di combattimenti, non è una metropoli strategica, ma una cittadina che prima della guerra aveva meno di 9mila abitanti. Gli ucraini intanto difendono ancora Avdiivka e Kupiansk, le due principali città sotto attacco su una linea del fronte che non si sposta da ormai un anno.
Mentre faticano ad avanzare sul fronte orientale, le forze armate di Mosca hanno anche dei problemi con l’unico settore del fronte dove gli ucraini sono ancora all’attacco: la testa di ponte oltre il fiume Dnipro nei pressi della città di Kherson, dove i marine ucraini combattono soltanto grazie ai rifornimenti che arrivano loro dall’altra sponda. Si tratta di un’operazione fortemente voluta da Kiev e giudicata rischiosa anche dagli esperti occidentali, ma che fino ad ora i russi non sono riusciti a respingere. Nel frattempo, gli obiettivi ribaditi da Putin, occupare Kiev e distruggere l’esercito ucraino, appaiono lontani come un anno fa.
Le perdite
Gli eserciti continuano a subire perdite pesanti, ma nessuno dei contendenti appare vicino al collasso. Secondo documenti ufficiali del Cremlino, le forze armate russe dovrebbero raggiungere nel prossimo futuro un totale di 1,2 milioni di soldati, di cui circa 3-400mila sono attualmente schierati in Ucraina. Kiev può probabilmente contare su oltre 800mila soldati, di cui 400mila impegnati in prima linea. Le perdite continuano a essere alte, con i russi che ne subiscono la maggiore quantità. Secondo le ultime stime diffuse dalla Nato alla fine di novembre – le forze armate russe hanno avuto 300mila tra morti e feriti dall’inizio del conflitto, gli ucraini circa 200mila.
Tanto la Russia quanto l’Ucraina dovrebbero presto dovrebbero lanciare nuove mobilitazioni di truppe. Gli analisti stimano che il Cremlino attenderà la conclusione delle presidenziali di marzo, mentre Kiev potrebbe allargare le maglie della coscrizione obbligatoria già nelle prossime settimane. La Russia, in ogni caso, ha un bacino di potenziali reclute molto più ampio, potendo contare su 140 milioni di abitanti contro i 35 dell’Ucraina.
La guerra economica
Le “prospettive” di una vittoria russa appaiono più realistiche più si immagina un conflitto lungo. Le notizie migliori per Mosca e peggiori per Kiev non arrivano dal fronte lontano dal campo di battaglia, ma quello delle industrie che riforniscono gli eserciti di armi e munizioni. Anche se il Cremlino probabilmente non riuscirà nell’obbiettivo di «raddoppiare» la produzione annunciato lo scorso anno, lo sforzo per aumentare le forniture di armi «ha avuto più successo di quanto molti analisti occidentali ritenessero in precedenza», ha riconosciuto pochi giorni fa l’Institute for the Study of War, uno dei principali centri studi focalizzati sul conflitto in Ucraina.
In particolare, l’industria russa ha raggiunto un notevole vantaggio nella produzione di droni, con un numero crescente di soldati ucraini che parla di una superiorità di dieci ad uno in alcune parti del fronte. La Russia mantiene anche un notevole vantaggio negli strumenti per la guerra elettronica, la principale difesa contro le incursioni di droni.
Un altro settore in cui la superiorità dell’industria russa inizia seriamente a preoccupare ucraini e alleati è quello delle munizioni di artiglieria. Secondo fonti del Wall Street Journal, il numero di colpi scambiati al giorno è passato da 7mila contro 5mila a favore degli ucraini questa estate all’attuale a 10mila contro 2mila, a favore dei russi.
Questa situazione è stata resa possibile in parte dall’aumento di produzione di munizioni in Russia (anche se probabilmente non si arriverà ai due milioni di proiettili l’anno annunciato dal Cremlino), in parte dalle forniture della Corea del Nord, che secondo diverse fonti di intelligence avrebbe inviato in Russia tra i 500mila e il milione di proiettili.
Dall’altro lato del fronte, i partner europei dell’Ucraina hanno annunciato che non riusciranno a raggiungere l’obiettivo di un milione di proiettili consegnati entro marzo, mentre le forniture di munizioni americane a Israele e il blocco degli aiuti al Congresso mette in dubbio un futuro aumento delle spedizioni dagli Stati Uniti.
Secondo la maggior parte degli esperti, questa situazione di inferiorità in fatto di artiglieria si protrarrà almeno per tutto il 2024, costringendo gli ucraini a restare sulla difensiva e a rinunciare a grandi offensive come quella dell’ultima estate.
Volontà di resistere
Con il fronte immobilizzato da uno stallo, la Russia di Putin può contare sulle sue maggiori risorse per fiaccare un’Ucraina che rischia progressivamente di perdere il sostegno dei suoi alleati. Ma non è solo questo ad alimentare la sensazione di molti in queste settimane. Il passaggio chiave che spiega dove siamo arrivati oggi è la somma tra le aspettative sulla controffensiva estiva lanciata da Kiev e il fallimento dell’operazione, annunciato lo scorso ottobre. Fino all’autunno, erano Zelensky e la leadership ucraina ad avere la visione più credibile per la fine del conflitto: quella di una serie di vittoriose avanzate, armate dall’occidente, che avrebbero riconquistato il paese pezzo a pezzo fino a costringere Putin a una trattativa vantaggiosa per il paese.
Il fallimento della controffensiva ha messo in crisi questo scenario e l’insistenza di Zelensky sulla necessità di liberare tutto il paese oggi suona vuota e irrealistica anche alle orecchie di molti ucraini. In teoria anche Putin ha dichiarato obiettivi massimalisti e altrettanto irraggiungibili, ma il Cremlino è stato abile a mostrarsi flessibile sulla possibilità di eventuali negoziati sulla base dell’attuale linea del fronte.
Oggi, la versione più credibile per la fine del conflitto è quella offerta dal Cremlino: quella in cui la guerra si trascinerà fino a che non saranno tutti troppo stanchi per continuarla e la Russia finirà con il conservare quello che occupa oggi. Non è affatto detto che le cose seguiranno questo corso, ma al momento è quello che appare più probabile e molti attori in campo iniziano a comportarsi di conseguenza.
Per cambiare questo stato di cose, Kiev avrebbe bisogno non solo di una vittoria militare, che al momento appare in ogni caso improbabile. Ma di un cambio di prospettive: una nuova visione che a differenza della riconquista militare di tutto il territorio occupato, appaia allo stesso tempo credibile e accettabile per gli ucraini e i loro alleati.
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