A Beirut sono in corsa le celebrazioni dei funerali del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ucciso da Israele lo scorso 27 settembre. Per l’occasione decine di migliaia di sostenitori di Hezbollah si sono radunati fin dalle prime ore della mattinata nella Città dello Sport di Beirut dove si terrà la commemorazione.

Lo stadio ha una capienza di circa 50.000 persone, ma gli organizzatori hanno installato migliaia di posti a sedere extra sul campo e molti altri all'esterno, dove i partecipanti potranno seguire la cerimonia su uno schermo gigante. Il funerale è iniziato alle 13:00, ore locali e ha visto l'attuale leader del gruppo sciita, Naim Qassem, parlare in videocollegamento (per ragioni di sicurezza) davanti alla folla mentre i jet israeliani sorvolavano Beirut.

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«La resistenza resta e rimane presente, qualunque cosa pensiate, noi continueremo a esercitarla secondo le decisioni del suo comando, e non accetteremo che gli Stati Uniti controllino il Paese, non prenderete con la politica ciò che Israele non è riuscito a prendere con la guerra. I funzionari libanesi sono sotto pressione ma sono ben consapevoli degli equilibri interni. Non considerare la nostra pazienza come debolezza», ha detto Qassem ai suoi.

«La resistenza è essenziale e rimane un nostro diritto finchè persiste l'occupazione (israeliana), e decideremo come esercitarla», ha aggiunto Qassem giurando fedeltà a Nasrallah. «Parteciperemo alla creazione di uno Stato libanese forte sotto la guida di Taif (gli accordi che hanno messo fine alla guerra civile nel 1990), che abbia come pilastri principali la fine dell'occupazione, la ricostruzione e l'attuazione di un piano di salvataggio economico. Vogliamo che tutti partecipino alla costruzione di questo Stato: il Libano è un paese definitivo per tutti i suoi figli e figlie, compresi noi. Nessuno può mettersi tra noi e Amal (il movimento sciita libanese affiliato a Hezbollah, guidato da Nabih Berri). E crediamo nella forza dell'esercito: in Libano non ci sono né vincitori né vinti», ha proseguito Qassem. Il segretario generale ha anche affermato che l'istituzione di uno Stato di Palestina «è un diritto e siamo contrari al piano di (Donald) Trump per il Medio Oriente. Lo affronteremo»-

In mattinata l’esercito israeliano ha eseguito una serie di bombardamenti nel sud del paese, nonostante il cessate il fuoco in vigore dal 27 novembre scorso. I media riferiscono anche di raid aerei nel Libano orientale. Presi di mira siti di Hezbollah.

Israele non consegna i palestinesi

La seconda fase della tregua a Gaza è a rischio. Dopo la consegna di sei ostaggi israeliani tra cui due che erano in cattività da dieci anni, il gabinetto di sicurezza guidato da Benjamin Netanyahu si è preso del tempo per decidere le prossime mosse. Il risultato è che lo scambio previsto ieri con oltre seicento prigionieri palestinesi è slittato. Per Hamas si tratta di una violazione della tregua molto pericolosa che mette in discussione la tenuta dell’accordo siglato oltre un mese fa.

Israele ha detto di non voler consegnare i prigionieri fino a quando Hamas proseguirà con le sue «cerimonie umilianti» messe in piedi per le consegne degli ostaggi.

«La cerimonia di consegna degli ostaggi non include alcun insulto nei loro confronti, ma riflette piuttosto il nobile trattamento umano nei loro confronti», risponde invece Hamas che chiede ai mediatori di far rispettare le condizioni della tregua.

L’attacco in Cisgiordania

Nella riunione di sicurezza tenuta ieri tra i vertici militari israeliani è stata presa la decisione di proseguire l’operazione Muro di ferro in Cisgiordania iniziata lo scorso 21 febbraio. Nella mattinata del 23 febbraio l’Idf ha confermato di aver dispiegato i carri armati nel nord del territorio palestinese. È dal 2002 che i carri armati israeliani non intervengono in Cisgiordania. Le truppe della brigata di fanteria Nahal e dell'unità antiterrorismo Duvdevan hanno iniziato le operazioni in diversi villaggi vicino a Jenin questa mattina. Allo stesso tempo, un plotone della 188ma Brigata corazzata delle Idf si starebbe preparando a operare a Jenin.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha affermato di aver ordinato all'esercito di prepararsi a rimanere in alcuni campi profughi in Cisgiordania «per l'anno prossimo». Il ministro ha detto che circa 40mila palestinesi sono stati sfollati da tre campi e che l’esercito si prepara a «una permanenza prolungata» e «non consente il ritorno dei residenti».

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