- Dopo due anni di quasi completa immobilità, ci sono cambiamenti anche nello staff del presidente americano Joe Biden.
- Ron Klain lascia la carica di capo della macchina presidenziale dopo due anni intensi, dove il suo stile pugnace ha dimostrato di funzionare, nonostante alcune uscite sui media.
- Il suo successore, pur impeccabile dal punto di vista del management, ha alcuni trascorsi non entusiasmanti per il mondo progressista, tra cui l’accusa di aver truffato il Medicare attraverso una sua società.
Dopo due anni di quasi completa immobilità, ci sono cambiamenti anche nello staff del presidente americano Joe Biden. Ad andarsene è il capo di gabinetto Ron Klain dopo due anni pieni di lavoro al fianco del presidente.
Uscita di scena prevedibile, data la fatica richiesta per il ruolo, specie in una circostanza dove il leader è così anziano, avendo Biden da poco superato gli ottant’anni. Klain se ne va dopo un biennio difficile ma dove in fin dei conti i risultati sono arrivati, nonostante alcune sue uscite improvvide contro il senatore centrista Joe Manchin, che hanno messo in pericolo l’approvazione dell’Inflation Reduction Act, uno dei punti cardine dell’agenda legislativa dei dem per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico.
A subentrare al molto loquace Klain (molto note le sue uscite su Twitter per prendere in giro i repubblicani e i commentatori percepiti come ostili dall’amministrazione) arriva Jeff Zients, che già è stato al servizio di Biden a inizio presidenza nella veste di capo della task force sulla lotta al Covid.
Zients ha fama di grande organizzatore, ma risulta piuttosto carente rispetto a Klain per ciò che riguarda le abilità di tessitura politica. Ciò vuol dire che Zients si dedicherà più che altro a far sì che tutto fili liscio, lasciando ad altre figure non meglio precisate la connessione con un Congresso che, dopo la conquista repubblicana della maggioranza alla Camera dei rappresentanti, si preannuncia come molto più ostile di quello appena passato.
La scelta di Zients, pur comprensibile anche per il fatto che sia una persona di totale fiducia di Biden e anche perché è già conosciuto da parte degli altri membri dello staff, presenta però alcune criticità che sono difficili da ammortizzare in un clima politico che prevedibilmente si surriscalderà in attesa delle prossime presidenziali.
Il covid
In primis, durante la pandemia da Covid-19, è stato il fautore del controverso divieto di ingresso negli Stati Uniti per chi non fosse cittadino americano: nel corso del 2021 chi non aveva il passaporto americano si è trovato a non poter ricongiungersi con la sua famiglia in Europa o altrove nel mondo, se non rinunciando a un rapido rientro nel paese.
Una scelta fatta soltanto sull’onda dei sondaggi che attribuivano ai cittadini stranieri la responsabilità dell’aumento dei contagi, senza alcuna base scientifica. Anzi, causando ingenti perdite alle compagnie di aviazione che non hanno potuto trasportare nuovi turisti in America.
A pesare su Zients è anche il suo passato nelle corporation: se dal canto suo il futuro capo di gabinetto ha sempre difeso la sua esperienza nei board di diverse aziende che operavano nel campo sanitario, le sue azioni ci raccontano una realtà diversa: secondo un’inchiesta del magazine di sinistra Prospect, le aziende dove Zients ha ricoperto posizioni di vertice hanno un record sinistro per aver gonfiato i rimborsi chiesti a programmi governativi di assistenza sanitaria.
Un esempio su tutti è Portfolio Logic, società creata da Zients: dai dati del Dipartimento di Giustizia risulta che nel 2015 Portfolio ha pagato ben 7 milioni di risarcimento per aver richiesto molti più soldi del dovuto tramite note gonfiate inviate a Medicaid e Medicare. Ad aggravare questi trascorsi c’è anche il fatto che Zients aveva servito in varie posizioni anche durante l’amministrazione di Barack Obama: in particolar modo aveva contribuito al funzionamento del sito Healthcare.gov, il portale attraverso cui gli americani scelgono la propria assicurazione sanitaria obbligatoria.
Infine, nei mesi finali del suo mandato quale capo della struttura anti Covid a inizio 2022, Zients ha promosso un rapido ritorno al lavoro eliminando i rimanenti obblighi di mascherina negli uffici federali e incentivando il rapido ritorno al lavoro in presenza, senza gradualità, ed eliminando i finanziamenti per i tamponi e l’acquisto di dispositivi di protezione individuale.
Senza contare l’accusa per cui, sotto la sua guida, gli Stati Uniti hanno tradito la promessa di Biden di diventare «l’arsenale vaccinale del mondo»: Zients ha sempre guardato alla fornitura americana, senza interessarsi particolarmente delle scorte ricevute dai paesi più poveri.
Insomma, non è certo la figura ideale per convincere i progressisti della bontà delle intenzioni di Biden per un eventuale secondo mandato, dato che incarna alla perfezione quella figura archetipica della “palude di Washington: quel politico-manager che utilizza i propri agganci per fare affari e trasformarsi in un lobbista.
Senza contare che, dato l’evidente affaticamento senile del presidente, difficilmente Zients potrà rimpiazzarlo con la stessa sensibilità di Klain, che ha dimostrato di credere veramente nel progetto politico promosso dal presidente, tanto da difenderlo a spada tratta sui social con una visibilità insolita per chi lo ha preceduto ma che in fin dei conti si è dimostrata efficace. Le ombre di Jeff Zients, invece, pur funzionali al management quotidiano della Casa Bianca, si potrebbero rivelare un boomerang politico.
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