Joe Biden alla fine ha scelto di annunciare il suo ritiro con una lettera indirizzata ai cittadini americani postata sulle sue pagine social. Il presidente ha scritto che «negli ultimi tre anni e mezzo abbiamo fatto un enorme progresso come nazione» elencando gli obiettivi centrati in questi anni, partendo da «l’economia più forte del mondo» e «gli storici investimenti» in infrastrutture e lotta al cambiamento climatico, fino alla nomina della prima donna afroamericana alla Corte Suprema.

La scelta

La missiva continua dicendo che «non sarebbe stato possibile senza di voi, il popolo americano» grazie al loro aiuto, afferma Biden, «abbiamo sconfitto una pandemia, superato la maggior crisi economica dalla Grande Depressione». Poi la decisione, dove spiega che la «miglior decisione per il partito e il paese» è di «rinunciare alla rielezione» per «focalizzarsi sui suoi doveri presidenziali». Lo scritto si conclude con un ringraziamento alla vice Kamala Harris, dopo aver detto che più tardi questa settimana spiegherà meglio la sua decisione».

 


Vengono quindi smentite le affermazioni dei suoi addetti stampa che dicevano che il presidente era intenzionato a vincere e a rimanere, contro ogni sondaggio che si riteneva sbagliato come nel 2022, quando le rilevazioni prevedevano una “valanga repubblicana” che poi non si è materializzata.
Quindi non si sono rivelate importanti nemmeno le ricostruzioni che parlavano di un presidente “intestardito” e invelenito nei confronti del suo predecessore Barack Obama che lo avrebbe spinto a non candidarsi nel 2015 attraverso le parole di suoi collaboratori come David Plouffe.
Non ha nemmeno atteso la visita del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di mercoledì, quando parlerà di fronte al Congresso, invitato dallo speaker repubblicano Mike Johnson.

L’endorsement

Qualche minuto più tardi, è arrivato il suo endorsement alla vice Kamala Harris dicendo che la sua scelta come numero nel 2020 è stata «la migliore mai fatta» e che per i democratici «è tempo di riunirsi e di battere Trump».


Un’uscita che presumibilmente mira anche a chiudere le aperture chieste da alcuni donatori e dalla ex speaker Nancy Pelosi, in questi giorni molto attiva nello spingere il presidente al passo indietro molto atteso sin dai giorni del disastroso dibattito del 27 giugno, dove è apparso senile e confuso di fronte al suo avversario Donald Trump. Nonostante oltre dieci giorni di sforzi e di sfida nei confronti del crescente numero di deputati e senatori che chiedeva un passo indietro, alla fine il presidente ha ceduto, spinto forse anche dal congelamento delle donazioni versate dai grandi magnati in questa prima metà del mese di luglio.

Cosa succederà

Nonostante il sostegno dell’inquilino della Casa Bianca però, gli oltre quattromila delegati della convention che si terrà a Chicago a partire dal 19 agosto sono formalmente liberi di votare chi vogliono e l’ipotesi della convention aperta non è ancora uscita dal tavolo anche se è improbabile, date le condizioni oggettive: la vicepresidente infatti è l’unica persona che può ereditare i fondi raccolti e lo staff della campagna elettorale senza dover ricostruire un’infrastruttura politica da zero.
Presumibilmente però i repubblicani continueranno sulla linea lanciata dal senatore J.D. Vance, candidato nel ticket insieme a Trump: Biden se non può ricandidarsi, non può stare alla Casa Bianca e si deve dimettere. Una linea oltranzista che però difficilmente guadagnerà la spinta necessaria per andare a buon fine. Quello che è certo è che il mandato dell’attuale presidente finirà il prossimo 20 gennaio.

© Riproduzione riservata