Secondo i giudici «i conducenti sono in una posizione di subordinazione e dipendenza da Uber», e hanno diritto alle ferie pagate e a un salario minimo. La sentenza mette di nuovo in discussione il modello di business messo in piedi dalla gig-economy
La Corte suprema del Regno Unito ha stabilito che gli autisti di Uber, il noto servizio di trasporto privato, devono essere classificati come «dipendenti» e non come lavoratori autonomi, la società dovrà perciò riconoscergli le ferie pagate e il salario minimo.
I sette giudici della corte hanno respinto all’unanimità l’appello di Uber contro una sentenza di un tribunale inferiore e hanno affermato che i conducenti devono essere considerati a tutti gli effetti come dipendenti, in conformità con la legge nazionale. La nuova classificazione permette agli autisti di ottenere tutta una serie di vantaggi che prima non erano garantiti.
Le motivazioni della sentenza
«Il tribunale del lavoro ha ragione nel ritenere che i conducenti di Uber siano lavoratori che quindi si qualificano per i diritti conferiti ai lavoratori dalla legislazione sul lavoro», ha affermato il giudice George Leggatt, pronunciando la sentenza in streaming. Secondo la Corte suprema, il lavoro degli autisti è «molto strettamente definito e controllato da Uber» che quindi non si pone solo come una piattaforma di matching tra domanda e offerta. «I conducenti sono in una posizione di subordinazione e dipendenza» e l’unico modo per aumentare i loro guadagni è «lavorare più ore e soddisfare costantemente le misurazioni delle prestazioni fatte da Uber». Infatti, l’algoritmo controlla tutto, e in base alle recensioni dei clienti un autista può essere penalizzato o avvantaggiato nel suo lavoro.
La posizione di Uber
La società vanta nel Regno Unito circa 65mila conducenti attivi considerati tutti come autonomi. Jamie Heywood, direttore generale regionale di Uber per l’Europa settentrionale e orientale ha detto che la società ha rispettato al decisione del tribunale del lavoro del 2016: «Da allora abbiamo apportato alcune modifiche significative alla nostra attività, guidate dai conducenti in ogni fase del percorso». Tra queste nuove misure introdotte c’è quella di dare agli autisti «ancora più controllo sul modo di guadagnare e su come forniscono nuove protezioni, tra cui l'assicurazione gratuita in caso di malattia o infortunio».
Il futuro della gig economy
La sentenza ha di fatto messo in discussione il modello di business sul quale si basa il guadagno di Uber, creando un precedente che mette a rischio le altre società di servizi che operano nella gig-economy. Ad esempio, JustEat sta portando avanti importanti riforme interne e in alcune città europee, tra cui anche alcune italiane, ha deciso di contrattualizzare a tutti gli effetti i suoi lavoratori che saranno considerati come dipendenti della nota società di food delivery.
Dopo la pubblicazione della sentenza della Corte suprema, le azioni di Uber sono scese di oltre il 3 per cento nel trading premarket di New York.
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