- Immense ricchezze, case di lusso, tenute agricole, alberghi e aziende. Gli oligarchi russi amano l’Italia. Dalla Sardegna alla Toscana, si sono stabiliti nei luoghi più esclusivi del paese, senza però risultare mai proprietari di nulla.
- L'elenco dei magnati di Mosca, legatissimi a Vladimir Putin, che adottano le cosiddette “matrioske” societarie, è lungo e vanta nomi di prima fascia. Anche se sempre schermati da fiduciari-prestanome, che oggi rendono molto più difficile applicare le sanzioni decise da tutte le nazioni occidentali dopo la guerra in Ucraina.
- La Turchia, pur essendo un membro cruciale della Nato, non ha aderito alle sanzioni nei confronti del regime russo e ha iniziato ad accogliere valute straniere di qualsiasi tipo per aumentare il denaro nel circuito finanziario del paese.
Immense ricchezze, case di lusso, tenute agricole, alberghi e aziende. Gli oligarchi russi amano l’Italia. Dalla Sardegna alla Toscana, si sono stabiliti nei luoghi più esclusivi del paese, senza però risultare mai proprietari di nulla.
LE “MATRIOSKE” SOCIETARIE
Gli oligarchi russi nei loro affari si sono infatti celati dietro società offshore. Ovvero fondi esteri con sede nei paradisi fiscali, dove le tasse non esistono, che offrono preziosi vantaggi ai titolari, tra cui quello di rimanere anonimi. Per intenderci: secondo le ultime stime, i miliardari russi hanno nascosto all’estero cifre pari all’85 per cento dell’intero Pil russo.
L'elenco dei magnati di Mosca, legatissimi a Vladimir Putin, che adottano le cosiddette “matrioske” societarie, è lungo e vanta nomi di prima fascia. Anche se sempre schermati da fiduciari-prestanome, che oggi rendono molto più difficile applicare le sanzioni decise da tutte le nazioni occidentali dopo la guerra in Ucraina.
«Queste giurisdizioni, cioè i paradisi fiscali, hanno autonomia legislativa, e fanno le leggi a loro piacimento», spiega Gian Gaetano Bellavia, esperto di riciclaggio. «Così nascono le società offshore, che diventano degli “ologrammi” aziendali, in quanto non hanno dipendenti, né uffici. Sono delle tesorerie, ma in verità si tratta solo di fogli con dei timbri».
Le offshore possono quindi nascondere di tutto, basti pensare «che i proprietari di alcuni fondi a Panama sono delle persone che vivono nelle baraccopoli e ai quali per una firma è stato dato un piccolo riconoscimento in denaro», puntualizza Bellavia.
Oppure possono essere dei violoncellisti. Come nel caso di Serghei Roldugin, tra i migliori amici di Putin, che insieme a sua moglie Ira sono padrino e madrina di Maria, la figlia maggiore del presidente Russo.
Il musicista, però, è qualcosa di più di un semplice amico, visto che le sanzioni per gli oligarchi russi si sono abbattute anche su di lui. Roldugin, infatti, sarebbe stato – secondo l’inchiesta sui paradisi fiscali Panama Pampers – il terminale per conto di Putin di un trasferimento sotto traccia di due miliardi di dollari partiti da Bank Rossiya e finiti alla British Virgin Islands.
LA FAMIGLIA ROTENBERG
Sul conto di Roldugin sono anche stati versati oltre 200 milioni di dollari dalla famiglia Rotenberg. Si tratta della famiglia più ricca di Russia: il numero uno è Arkady, padre di Igor e fratello di Boris. Amico d'infanzia di Putin, è diventato multimiliardario sotto la sua presidenza, acquisendo società privatizzate e appalti pubblici.
In Italia i Rotenberg si muovono attraverso la Highland Ventures, una società offshore esentasse con sede nelle British Virgin Islands. Già sanzionati nel 2014 dopo l’annessione della Crimea, e nel 2018 dalle sanzioni americane, da pochi giorni Boris e Igor – nella black list del governo britannico da inizio guerra – sono tra gli oligarchi soggetti al quinto pacchetto di sanzioni dell’Unione europea.
Tra le loro proprietà legate alla galassia di offshore di Arkady e Boris Rotenberg, in Italia ci sono una villa di 342 metri quadrati a Porto Cervo e altre due case a Cagliari e Villasimius, intestate a una società di Cipro e poste sotto sequestro. Un palazzo di otto piani nel centro di Roma, che ospita il Berg Luxury Hotel, e una villa a Tarquinia, entrambe congelate dallo Stato italiano.
A Igor, azionista di maggioranza di Gazprom Drilling, sono toccate invece due super ville in Toscana, una a Castiglione della Pescaia e una a Monte Argentario. Tutt’ora senza sigilli. Perché? «Appena c’è il presentimento di nuove sanzioni cambiano fondo offshore, passano a una nuova società anonima, facendo ripartire da capo le indagini della Guardia di Finanza», spiega un ex collaboratore dei Rotenberg.
«Viene creato anche un sistema di scatole cinese con società di diritto italiano: a Monte Argentario la villa e il terreno risultano di proprietà della Immobiliare case dell'Olmo srl e Case dell'Olmo società agricola srl, che appartengono a Costa ligure anstalt, società registrata in Liechtenstein».
I RE DI ACCIAIO E VODKA
Insomma, il trucco è mischiare le carte. Come del resto ha fatto anche la Gazprom. L’azienda di stato del gas ha almeno sedici società collegate in Olanda. Per un valore di 20,6 miliardi di dollari di asset controllati.
E ancora: il giorno in cui sono scattate le prime sanzioni, Alexei Mordashov, uno degli oligarchi più ricchi di Russia, magnate dell’acciaio, ha trasferito 1,3 miliardi di asset e la partecipazione del 29,9 per cento in Tui, il più grande tour operator al mondo, in un paradiso fiscale alle British Virgin Islands.
Mentre Roustam Tariko, il re della vodka, è proprietario in Sardegna di Villa Minerva: valore venti milioni. La villa però non è stata acquistata direttamente da Tariko ma da una società con sede sempre alle Isole Vergini, E&A Estates, ufficialmente scollegata dal patrimonio del magnate e quindi sulla carta non aggredibile.
Lo ZAR DI SIENA
L’Italia è quindi un terreno di investimenti per gli oligarchi russi, anche per la sua arretratezza in materia di antiriciclaggio.
«Tutto ciò, in termini tecnici, è “legale”: gli stati cosiddetti paradisi fiscali hanno il diritto di stabilire liberamente il proprio regime contabile. Ciò che stona è il ritardo italiano sulla creazione di un registro dei titolari effettivi delle società e degli altri enti giuridici», aggiunge Bellavia. L’Italia infatti è rimasta uno dei pochi paesi dell’Unione europea che non dispone di un registro simile, nonostante quanto prescritto, ormai dal 2015, dalla normativa europea.
I risultati? Igor Bidilo, lo zar di Siena, ha acquistato i bar e ristoranti più noti della piazza del Palio. Ha comprato anche un’altra decina di immobili a Roma, Milano, Arezzo e Firenze. A Siena è indagato per riciclaggio: secondo l'accusa, ha reinvestito in Italia, tramite società offshore, soldi sottratti al fisco dell'Estonia. L'indagine estera riguarda circa 600 milioni di dollari accumulati in una offshore delle British Virgin Islands, la Somitekno Ltd.
C’è anche Konstantin Nikolaev, che possiede La madonnina società agricola srl e i vigneti di Bolgheri attraverso la Cetrezza trading ltd, con sede in Cipro. Il nome di Nikolaev è comparso nel Russia Gate accanto a quello di Maria Butina, la spia russa arrestata nel 2018. Lo stesso uomo d’affari russo di origine ucraina, grazie a un documento esclusivo che Domani ha potuto studiare, nel 2019 ha tentato invano di acquisire - con una società italiana creata ad hoc, la T Airport srl - le ultime quote disponibili dell’aeroporto di Grosseto. Già scalo molto legato a Mosca, in quanto circa il 40 per cento delle quote sono proprietà dell’amico Roman Trotsenko, il re degli aeroporti russi.
LA TURCHIA
La guerra in Ucraina, tuttavia, ha in parte rivoluzionato il settore: molti paesi caratterizzati da grande segretezza come le Isole Cayman e la Svizzera supportano le sanzioni. Mentre altri, però, forniscono una via alternativa. La Turchia, pur essendo un membro cruciale della Nato, non ha aderito alle sanzioni nei confronti del regime russo e ha iniziato ad accogliere valute straniere di qualsiasi tipo per aumentare il denaro nel circuito finanziario del paese. E così la Banca centrale turca ha incassato l’equivalente di 3 miliardi di dollari (quasi tutti distribuiti in depositi russi) in soli due giorni a metà marzo, il mercato immobiliare sta impazzendo e gli oligarchi hanno parcheggiato nei porti turchi i loro yacht.
ZONE OFFSHORE IN RUSSIA
Putin ha pensato anche a come riportare in patria tutti questi capitali. Nel 2018 la Russia ha istituito due zone offshore nei propri confini: l'isola Oktjabrskij nella semiexclave Kaliningrad, e l'isola Russkij al largo di Vladivostok. A fine 2021 è stata la volta delle isole Curili.
A Kaliningrad ci sono già una settantina di società, tra cui la sede legale di En+ Group (di Oleg Deripaska, 2,5 miliardi di dollari di patrimonio), conglomerato russo nel settore dei metalli e dell'energia elettrica, 10,3 miliardi di dollari di fatturato nel 2020. Anche qui non si pagano tasse sui dividendi delle holding, e non sono tassati neanche i redditi degli azionisti russi.
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