- «Questa guerra è destinata a durare», aveva preannunciato il presidente francese Emmanuel Macron, che è anche l’esponente europeo a tenere ancora aperta la linea telefonica con Vladimir Putin.
- Questo lunedì è arrivata la conferma che, se non la guerra, quantomeno i negoziati per la pace dureranno ancora. Si svolgono a due livelli, uno teatrale e uno più sotterraneo. Quello che vediamo è la tavolata apparecchiata per i negoziati Kiev-Mosca: si chiudono con un nuovo appuntamento, ma sotto le bombe.
- Poi c’è il canale che l’Europa tiene aperto: Macron chiama il Cremlino. Ma intanto l’Europa si prepara a «ridurre in futuro i consumi» e a «pagare il prezzo» sul fronte di sanzioni ed energia.
«Questa guerra è destinata a durare», lo aveva preannunciato il presidente francese Emmanuel Macron, che è anche l’esponente europeo a tenere ancora aperta la linea telefonica con Vladimir Putin. Questo lunedì è arrivata la conferma che, se non la guerra, quantomeno i negoziati per la pace dureranno ancora. Si svolgono a due livelli, uno teatrale e uno più sotterraneo.
I negoziati Kiev-Mosca
Ciò che noi vediamo è quella lunga tavola imbastita nella Bielorussia alleata di Putin, ma abbastanza vicino all’Ucraina da aver convinto Volodymyr Zelensky ad accettare il dialogo con il Cremlino; dialogo sul quale dall’inizio non aveva grandi aspettative. È iniziato ed è finito sotto il segno della tensione. Alla vigilia, Putin ha esibito minacce nucleari e l’Ue ha mostrato una inedita capacità di iniziativa a supporto, anche militare, di Kiev. Durante il colloquio, le bombe non hanno risparmiato l’Ucraina né i civili. E il momento della conclusione è stato scandito da tre forti esplosioni a Kiev. Il consigliere di Zelensky, Mikhaylo Podolyak, ha spiegato che «l’obiettivo era discutere il cessate il fuoco, le due parti hanno enucleato i temi rilevanti per una roadmap da definire con i rispettivi governi». Negoziati difficili: così li ha definiti Kiev. Ma rimane l’intenzione di tornare al tavolo e proseguire i lavori.
Il canale Eliseo-Putin
C’è poi una dimensione più nascosta del negoziato. Dimostra che l’Europa, nonostante voglia «mostrare i muscoli» come ha dichiarato ieri il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis, intende comunque mantenere un canale aperto con il Cremlino. Mentre gli effetti delle sanzioni e della chiusura dello spazio aereo svolgono il loro effetto di pressione su Mosca, combinate anche alla formalizzazione della richiesta di adesione all’Ue siglata ieri da Zelensky, intanto l’Eliseo si prende il compito di attivare la linea – telefonica – per incidere sulla trattativa in corso o quantomeno per tenere aperta al presidente russo una possibile via di uscita.
Questo lunedì Macron, dopo aver più volte sentito il presidente ucraino, e su sua richiesta dice l’Eliseo, ha telefonato a Putin. Ciò che sappiamo è che ha perorato la richiesta di fermare l’aggressione sulla popolazione civile. «Il presidente francese ha chiesto di fermare gli attacchi sui civili e sulle infrastrutture civili, di mettere in sicurezza le strade, e Putin ha confermato di voler impegnarsi in tal senso», dice la presidenza francese, che ha anche la presidenza di turno Ue. Nel colloquio, secondo l’agenzia russa Interfax, Putin ha sottolineato che un accordo per la fine del conflitto «è possibile solo tenendo conto incondizionatamente dei legittimi interessi della Russia nel campo della sicurezza, compreso il riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea», la «smilitarizzazione e denazificazione dello stato ucraino e la garanzia sullo status neutrale».
La conferma di impegno di Putin, a giudicare dagli attacchi in corso, non si vede; così come poche ore dopo che Macron aveva sbandierato un possibile incontro Biden-Putin quest’ultimo ha dichiarato l’invasione del Donbass.
Il fronte occidentale
Dopo aver incalzato con l’allerta di una invasione «imminente», ora la Casa Bianca dice di voler mantenere un basso profilo, «per una de-escalation». Da una parte il tentativo è quello di non alimentare tensioni che slittano ormai fino alla minaccia nucleare, dall’altra il compito del confronto viene lasciato ora in mano a un’Unione europea che era rimasta a lungo negli scorsi mesi schiacciata e marginalizzata da Usa e Russia.
Così, per quanto il coordinamento sia mantenuto vivo tra videochiamate e vertici G7 e Nato, in questo frangente i leader europei e le istituzioni Ue si trovano a dar prova di una inedita capacità di iniziativa. A cena Macron, che tiene per ora le comunicazioni con Putin, ha accolto a Parigi la presidente della Commissione europea e il cancelliere tedesco. Intanto i ministri della difesa Ue hanno proseguito i lavori per aiutare militarmente Kiev. Ci sarà una «cellula» di coordinamento degli invii militari offerti dai vari paesi, a sua volta allineata con la Nato, e che si somma allo stanziamento del mezzo miliardo Ue di armi e aiuti sborsati tramite la cosiddetta «peace facility». L’Ue mette a disposizione di Kiev anche il suo centro satellitare che si trova a Madrid, per supportare l’Ucraina anche a livello di intelligence.
Gli effetti per gli europei
Intanto l’Europa prende atto che «ci sarà un prezzo da pagare», come dice la Commissione Ue. «Ma meglio pagarlo ora, che più alto in futuro». Dombrovskis avverte che le sanzioni porteranno «bassa crescita, più inflazione, difficoltà sul mercato finanziario» non solo per Mosca, anche per l’Europa. Al contempo i ministri dell’Energia iniziano a parlare di «riduzione volontaria del consumo».
Barbara Pompili, ministra francese alla transizione ecologica, spiega che «analisi e simulazioni mostrano che non ci sono rischi di sicurezza per l’approvvigionamento», ma in vista del prossimo inverno, c’è molto da fare. Berlino che in questi giorni sta operando un ripensamento drastico – dallo stop a Nord Stream 2 all’invio di armi e all’aumento della spesa militare – fa ammenda anche sull’«errore strategico commesso finora, di affidarsi troppo alle importazioni da Mosca», come ha detto il ministro Robert Habeck.
Intanto la promessa della presidenza francese, di non sacrificare gli obiettivi climatici e puntare alle rinnovabili, si scontra con i piani di emergenza concreti sui tavoli dei governi, che rispolverano il carbone.
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