Il presidente francese ha sciolto l’Assemblea nazionale e fra tre settimane si vota per le politiche. Con due scenari in ogni caso preferibili al restare all’Eliseo come anatra zoppa. Se rivince la destra estrema, la costringe a una complicata coabitazione per tre anni in cui userà tutti i suoi poteri per mostrarsi come unico baluardo alla deriva illiberale. Ma lo stato di necessità potrebbe obbligare i partiti di centro e di sinistra a formare un Fronte popolare per fermare Marine Le Pen. Come è giù successo in passato
Seppur quasi obbligatoria, è furba la mossa di Emmanuel Macron di sciogliere l'Assemblea nazionale e di andare ad elezioni politiche fra tre settimane (30 giugno-7 luglio i due turni). Furba ma non priva di rischi, come un azzardo a poker di un giocatore rimasto con poche fiches a cui tanto somiglia.
Gli scenari possibili dopo le urne estive sono essenzialmente due. Ed entrambi sono più graditi al presidente del vivacchiare da anatra zoppa all'Eliseo per i prossimi tre anni del suo mandato con il fiato sul collo dell'estrema destra che gli avrebbe ricordato, ogni giorno, di essere maggioranza nell'Esagono (anche se non è vero, è il primo partito e certo non è poco) e lo avrebbe accusato di non volere tenere in conto una volontà popolare così esplicitamente espressa.
Il Rassemblement national di Marine Le Pen e del suo giovane delfino Jordan Bardella potrebbe confermare l'exploit delle Europee, 31,4 per cento, o addirittura allargarlo fino a reclamare la guida del governo (primo scenario).
Si creerebbe la situazione non inedita della “cohabitation” tra un capo dello stato e un premier di partiti diversi, in questo caso sideralmente distanti.
Un corto circuito di poteri in cui il presidente potrebbe usare per intero tutte le prerogative del suo mandato istituzionale per depotenziare le iniziative legislative a lui più sgradite e influire sul processo decisionale. Ponendosi come unico baluardo davanti al pericolo di una deriva autoritaria con venature razziste e fasciste.
Secondo scenario. Davanti alla prospettiva di un esecutivo lepenista i francesi, impauriti, scelgono la moderazione come è già avvenuto in passato per fermare l'ascesa all'Eliseo sia di Marine sia del padre Jean-Marie.
Sarebbe necessaria, per questa ipotesi, la creazione di una sorta di Fronte popolare in cui far convergere forze sinora riottose ad unirsi ma spinte dallo stato di necessità. I numeri ci sarebbero. Renaissance, il partito di Macron è al 14,6 per cento, i molti voti persi sono andati ad ingrassare il redivivo partito socialista dell'astro nascente Raphael Glucksmann arrivato al 13,8 dopo aver toccato percentuali da prefisso telefonico.
Sicuramente di sinistra sono i verdi (5,5) e ovviamente la coalizione della France insoumise del tribuno Jeal-Luc Mélenchon (9,9). In mezzo, l'incognita della destra moderata di Les Républicaines (7,2) che ha sempre escluso l'alleanza con chi sta sul suo lato estremo. Mentre, infine, Reconquete! di Eric Zemmour e di Marion Maréchal (nipote di Marine Le Pen) è l'unica formazione a cui Rassemblement può guardare per un eventuale accordo.
Il Fronte popolare, dunque. Altamente improbabile che lo si possa trovare coeso al primo turno a causa delle marcate differenze, ad esempio, tra il centrismo liberista macroniano e il settarismo di France insoumise. Ma non è detto che non passano marciare divisi per colpire uniti. Il sistema elettorale francese, uninominale maggioritario a doppio turno, lo permette.
Al primo turno si sceglie al secondo turno si scarta. Al secondo turno accedono i primi due classificati o comunque coloro che hanno ottenuto il 12,5 per cento degli elettori iscritti alle liste del collegio. Un criterio che ha sempre penalizzato i candidati estremisti a favore dei moderati.
Macron pensava di avere tre anni di tempo per fermare l'ascesa dell'eterna rivale Marine. Invece ha solo tre settimane. Ma, se si verificasse il secondo scenario, la sua mossa del cavallo produrrebbe lo scacco matto.
Avrebbe dato a Marine ciò che desidera, ridare la parola ai francesi attraverso il voto, salvo uscirne indenne grazie all'ingegneria istituzionale. Certo come conseguenza dovrebbe spostare assai più a sinistra la sua linea politica dopo aver troppo spesso amoreggiato con il centro-destra liberale ed aver varato leggi a favore dei ricchi e del potere finanziario.
Arrivando persino al punto, per guadagnare consensi a destra, di usare toni robusti (eufemismo) su un tema particolarmente delicato come quello dell'immigrazione. Fu socialista, Emmanuel Macron. Se vincerà la sua mano di poker, gli tocca il ritorno alle origini.
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