L’amministrazione Biden è sempre più esplicita nel dissenso sul modo di condurre la guerra. Il conflitto, inoltre, sta alimentando la simpatia globale per la causa palestinese
“L’orologio internazionale”, che misura il sostegno alle parti in guerra a Gaza, sta scorrendo inesorabilmente a sfavore di Israele. Dopo la orrenda strage di 1.400 israeliani da parte di Hamas il 7 ottobre, la solidarietà del mondo era tutta per Israele, poi le cose sono lentamente cambiate dopo l’attacco a Gaza.
Il tempo a disposizione dell’esercito israeliano per portare a termine le sue operazioni militari nella striscia e riuscire sradicare Hamas prima che l’ostilità tra gli arabi nella regione (stati e palestinesi della Cisgiordania e Gerusalemme Est) e il senso di impotenza negli Stati Uniti e in altri paesi per il crescente numero di vittime civili (oltre 10mila palestinesi di cui 4.300 minori, secondo Hamas) limitino il suo obiettivo strategico.
È quello che hanno riferito al New York Times fonti ufficiali della Casa Bianca secondo cui la risposta israeliana all'attacco di Hamas «ha di fatto rinfocolato la solidarietà del mondo per la causa palestinese, anche se Israele continua a seppellire i suoi morti».
Le osservazioni vanno lette con attenzione perché sono state dette da Washington, il maggior alleato e fornitore di armamenti e aiuti finanziari di Israele. Secondo le fonti americane, più a lungo continuerà la campagna militare israeliana, maggiore sarà la possibilità che il conflitto scateni una guerra più ampia, il vero incubo di Washington, che ha ancora aperto il fronte ucraino contro la Russia, vuole circoscrivere quello medio orientale ed evitare che si apra quello di Taiwan.
Non a caso il presidente Joe Biden sta spingendo sul presidente cinese Xi Jinping per la riapertura dei contatti militari al vertice di San Francisco.
Effetti indesiderati
Ma torniamo al fattore tempo: l'esercito israeliano ha «un tempo limitato» per condurre le sue operazioni a Gaza, perché più durerà l'operazione e più aumenterà il rischio di un allargamento del conflitto. Le ultime dichiarazioni confermano la linea degli alti funzionari dell'amministrazione, che spingono da giorni il premier Netanyahu a fare di più per ridurre al minimo le vittime civili nella striscia, il generale Charles Q. Brown Jr, presidente dei capi di stato maggiore congiunti, ha dichiarato mercoledì a margine del G7 svoltosi a Tokyo di essere «molto preoccupato» della possibilità che ogni civile ucciso a Gaza possa favorire nuove affiliazioni ad Hamas e un aumento delle simpatie dell'opinione pubblica per quella parte in conflitto.
Non solo. «La risposta di Israele agli attacchi di Hamas ha alimentato la simpatia in tutto il mondo per la causa palestinese anche se Israele continua a seppellire i suoi morti», ha affermato il Nyt citando sempre Brown.
Gli scudi umani
Parole eccessive? Forse ma il tempo e il terreno hanno giocato contro Israele a Gaza, spiegano le stesse fonti. Hamas, dicono gli americani, ha utilizzato cinicamente i civili come scudi umani e ha posizionato bunker sotterranei, depositi di armi e lanciarazzi sotto o vicino a scuole, moschee e ospedali. Tutto questo ha aumentato il rischio di vittime civili quando l'esercito israeliano prende di mira i siti di Hamas.
«La rapida decisione di Israele di avviare operazioni di terra nella fitta enclave ha lasciato poco tempo per un'ampia pianificazione anticipata per mitigare i rischi per i civili e ha quasi garantito un elevato numero di vittime civili», hanno detto funzionari statunitensi.
Gaza è uno dei territori più densamente popolati al mondo. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, governato da Hamas, circa il 40 per cento dei civili uccisi sono bambini e adolescenti. «Quanto più a lungo continua la campagna di bombardamenti, tanto più isolato Israele - e gli Stati Uniti - potrebbero diventare mentre i paesi di tutto il mondo chiedono un cessate il fuoco».
La Francia, ad esempio, ha votato la risoluzione giordana all’Onu per un immediato cessate il fuoco mentre l’Italia, la Germania e la Gran Bretagna si sono astenute e gli Stati Uniti hanno votato contro. Un evidente segnale di divisione del G7 che pure a Tokyo ha saputo produrre un comunicato finale che ha dato la solidarietà ad Israele ma lo ha ammonito al rispetto del diritto internazionale ed umanitario.
Fuori dal G7 va segnalato che sulla guerra Israele-Hamas i religiosi indonesiani, in rappresentanza del paese musulmano più popoloso al mondo, hanno emesso una fatwa che chiede ai fedeli di boicottare prodotti o servizi legati a Israele. Un segnale inquietante da non sottovalutare.
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