- Ogni anno al largo delle isole Cirili, contese tra Giappone e Russia, si decidono le quote di pesca di una delle zone rimaste sulla Terra con i salmoni e le trote in natura. A questo giro il nodo delle sanzioni.
- I due paesi litigano su quattro isolette dal 1945, che i russi non hanno mai restituito ai giapponesi dopo la fine della guerra. Per questo i due paesi non hanno mai firmato un accordo di pace formale.
- Nel caso del salmone, ormai, l’80 per cento dei consumi mondiali arriva dagli allevamenti in acqua di quattro paesi – Norvegia, Cile, Canada e Scozia – e il pescato vale sempre di più.
Ogni anno a primavera, quando comincia il disgelo nel Pacifico nordoccidentale, russi e giapponesi si siedono attorno a un tavolo a discutere animatamente di salmoni e trote. Litigano sui mari ghiacciati che li hanno visti confrontarsi durante la fase finale della Seconda guerra mondiale; e a ciò si aggiunge il fatto che dalla fine delle ostilità, 77 anni fa, i due paesi non hanno mai firmato un trattato formale di pace. Quest’anno alle scorie del passato si è aggiunta la faccenda ucraina: il Giappone è tra i paesi che hanno sanzionato la Russia. Ma qui siamo a dieci fusi orari dal Donbass e tutto è molto sfumato. Di solito le parti risolvono la questione pesci in un paio di giorni a inizio primavera: si decidono le quote della stagione davanti a mappe tracciate dai gps, una stretta di mano, e arrivederci all’anno prossimo. Quest’anno c’è voluto un po’ di più, ma ancora una volta i reciproci interessi ittici hanno prevalso sui conflitti del passato e del presente. I giapponesi sono riusciti a far uscire in mare i propri pescherecci senza rischiare le cannonate dei russi.
La disputa delle isole
La striscia di isole che unisce il Giappone alla penisola russa della Kamchatka è al centro di una disputa feroce dalla fine dell’ultima guerra. Nemmeno sul loro nome c'è accordo, per i russi sono le Curili, per i giapponesi i loro territori del nord.
Poco prima della resa del Sol Levante, nel 1945, l’Armata rossa sovietica ne occupò quattro, a poche miglia da Hokkaido, la grande isola giapponese del nord, per non restituirle mai più. I russi scacciarono i legittimi abitanti giapponesi e le colonizzarono con la forza. Ragione per cui i due paesi non hanno ancora formalmente siglato la pace.
A lungo il possesso delle Curili, una delle regioni più sismiche della Terra, è rimasta soprattutto una questione di principio. Oggi, come spesso accade in geopolitica, si sono messi di mezzo gli interessi legati all’approvvigionamento alimentare.
Questi mari sono ricchi di numerose specie ittiche e frutti di mare, ma soprattutto di salmoni e trote ancora in natura. Se si pensa che nel caso del salmone, ormai, l’80 per cento dei consumi mondiali arriva dagli allevamenti in acqua di quattro paesi – Norvegia, Cile, Canada e Scozia – si comprende perché quello pescato in mare valga sempre di più.
Come si sa i giapponesi sono i maggiori consumatori procapite di pesce al mondo, anche se il salmone nella tradizione del sushi è considerato dai puristi una aberrazione: sono stati i norvegesi negli anni Ottanta a lanciare l’accoppiamento del pesce rosa con il riso, e in Giappone molti tuttora resistono all’idea. Comunque sia, il salmone pescato è una ricchezza e vale la disputa.
Il pesce in mano ai russi
Sono due i fattori che influenzano la questione. Il primo è che curiosamente, per convenzione internazionale, i pesci migratori come salmoni e trote appartengono al paese dove vengono depositate le uova, e non dove sono catturati.
Il fiume Amur, dove avviene il grosso della riproduzione, è territorio russo sul continente e non c’è discussione. L’altro riguarda le acque territoriali, o meglio le Eez, le zone economiche esclusive, cioè le 200 miglia che sempre per convenzione sono di esclusivo sfruttamento del paese costiero.
L’occupazione delle quattro Curili ha spostato di parecchio queste linee a favore dei russi. Dal 1957 ad oggi, cioè da quando sono iniziati i negoziati primaverili su salmoni e trote, la questione è su quanto i russi concedono ai giapponesi, e all'economia di una intera regione di Hokkaido che vive di questa pesca.
La buona notizia del 2022 è che, nonostante il problema ucraino, l’accordo è stato trovato. Non come ogni anno a partire dal 10 aprile, data tradizionale di apertura della pesca, ma con quasi un mese di ritardo. I pescatori giapponesi avranno diritto nella stagione a 2.050 tonnellate di salmoni e trote nelle Eez russe, un livello invariato rispetto allo scorso anno, pagando una tassa ai vicini tra i 200 e i 300 milioni di yen (1,4-2,2 milioni di euro) dipendendo dalla quantità di pescato.
Quest’ultima royalty è stata abbassata negli ultimi anni perché le quantità sono in continuo declino. Il che non deve stupire, quando si parla di pesca di grande portata in alto mare. La stagione di salmone e trote va da aprile a giugno, poi c’è la pausa per la riproduzione.
Dai polpi ai ricci di mare
Russi e giapponesi poi discutono di altre prede, come i polipi e i lucci, sui quali esistono sistemi di quote separati e altrettanti tavoli di trattativa. La frattura sulla questione ucraina avrà comunque altri effetti negativi.
Avendo tolto alla Russia la clausola commerciale Mfn, nazione più favorita, per i giapponesi ci saranno rincari sulle importazioni. Nel 2021 il Giappone ha comprato pescato russo per 1,1 miliardi di euro. Per varietà molto pregiate come i granchi reali e i ricci di mare, la quota di importato raggiunge il 90 e il 50 per cento rispettivamente. I mari giapponesi sono poveri di queste specie.
Quelle quattro isolette, insomma, stanno avendo un peso specifico in questo angolo del mondo ben maggiore di quanto si immaginava durante i combattimenti del 1944-45. Oltre al pesce, si sospetta esistano nel fondo del mare ricchi giacimenti di petrolio e gas.
I russi usano le Curili per esercitazioni, e tengono di stanza parecchi militari, anche se non esiste il minimo indizio che possa arrivare un attacco dal Giappone. La disputa territoriale però è ancora lontana da una soluzione. I russi considerano sacro e acquisito ogni centimetro di suolo strappato ai nemici nella grande guerra patriottica.
Cedere sulle Curili potrebbe aprire casi molto più delicati, come l’enclave di Kaliningrad in Polonia, per esempio. I sovietici prima e i russi di Putin poi hanno in realtà tentato di chiudere la questione con una concessione al Giappone in cambio della firma del trattato di pace.
Nel 1956 vennero ristabilite le relazioni diplomatiche con l’impegno che Mosca avrebbe restituito due delle quattro isole. Lo stesso ha concesso Putin in un incontro con il premier giapponese Shinzo Aze nel 2019, due isole restituite subito e negoziati per le altre due. Ma i giapponesi sono fieramente contrari a ogni compromesso, le rivogliono indietro tutte, così come alcuni nazionalisti russi non intendono cedere un bel nulla.
Ultimamente il successore di Shinzo, Yoshihide Suga, ha fatto capire che un braccio di ferro eterno non è nell'interesse di nessuno. «Dobbiamo trovare una soluzione, invece di lasciare tutto per le prossime generazioni», ha detto. Naturalmente la guerra in Ucraina al momento ha azzerato tutto. Anche una concessione territoriale di un po’ di roccie dall’altro lato del mondo, in questo momento, avrebbe una risonanza indesiderata per Mosca.
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