Dopo che anche l’Onu ha rinunciato al cessate il fuoco, arriva la notizia di altre morti nella Striscia. I giornali riprendono vecchie accuse a Netanyahu, che rischia l’isolamento. Anche il finto annuncio di un’agenzia immobiliare israeliana diventa un caso
Mentre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite chiedeva la consegna “su larga scala” di aiuti umanitari a Gaza, senza però chiedere né una tregua né un cessate il fuoco immediato, a cui si erano peraltro opposti gli Stati Uniti minacciando l’ennesimo veto, proseguivano sul terreno i pesanti bombardamenti. Un attacco aereo israeliano ha ucciso 76 membri di una famiglia allargata a Gaza City, secondo quanto riporta l’Associated Press citando funzionari dei soccorsi dell’enclave, che hanno riportato il bilancio del raid avvenuto contro un edificio della città ormai in rovina.
L’attacco «è stato tra i più sanguinosi della guerra tra Israele e Hamas», ha detto Mahmoud Bassal, portavoce del dipartimento della Protezione civile di Gaza, fornendo un elenco parziale dei nomi e sottolineando che tra i morti ci sono donne e bambini e Issam al-Mughrabi, impiegato del Programma di sviluppo Onu, sua moglie e i loro cinque figli.
A Jabalya sono stati segnalati scontri a fuoco e pesanti bombardamenti nei quartieri orientali e in diverse località, e Hamas e la Jihad islamica hanno annunciato che i loro uomini stavano conducendo scontri a fuoco con l’esercito israeliano. Fonti mediche nella Striscia di Gaza hanno riferito che almeno 20 persone sono rimaste uccise in un attacco compiuto nella notte nel campo di Nuseirat e a Deir al-Balah, nel centro della Striscia di Gaza. I media nell’enclave hanno riferito di attacchi da parte dell’Idf in diverse località lungo la Striscia, da Jabaliya nel Nord a Rafah nel Sud.
Le difficoltà di Netanyahu
In questo quadro complessivo, dove il governo di unità nazionale di Tel Aviv rischia di essere sempre più isolato internazionalmente a causa del tragico bilancio di 20mila morti tra i civili che la sua azione militare “indiscriminata” sta provocando nella Striscia, sono stati rilanciati in rete da Yigal Carmon, ex consigliere del premier Yitzhak Rabin, nuovi leak sui finanziamenti dal Qatar. I documenti, rivelati da Memri, su presunti aiuti milionari a due campagne elettorali di Netanyahu. Le rivelazioni sui presunti finanziamenti di denaro riservati dal Qatar per Benjamin Netanyahu, non sono nuove e risalgono al 2019.
La riproposizione delle accuse da parte di Memri (Middle East Media Research Institute), che sostanzialmente monitora gli altri media soprattutto arabi, potrebbe avere uno scopo soprattutto di politica interna. Probabilmente, come ha scritto il Corriere della Sera, l’aggiungersi di nuovi dettagli potrebbe aumentare la pressione sul primo ministro di Israele perché lasci l’incarico dopo 14 anni di governo quasi ininterrotto.
Una tempesta politica in vista per l’esecutivo? Forse, anche se la vera pressione sulla durata dell’esecutivo di Netanyahu potrebbe arrivare dai rapporti sempre più tesi con gli Stati Uniti. Il presidente americano, Joe Biden, deve affrontare sempre più critiche all’interno del suo partito per l’appoggio incondizionato al governo Netanyahu, mentre i sondaggi negli Stati Uniti dicono che secondo la maggioranza degli americani gli interessi nazionali tra Washington e Tel Aviv si stanno divaricando sempre di più.
«La situazione a Gaza è un disastro umanitario. Gli Stati Uniti non devono fornire altri 10 miliardi di dollari al governo estremista di destra di Netanyahu per continuare la guerra contro il popolo palestinese che ha già ucciso migliaia di uomini, donne e bambini innocenti», ha scritto Bernie Sanders, il senatore Usa, affiliato ai democratici nonché ex candidato alla presidenza.
Il falso annuncio
Per dare il senso di come sia tesa la situazione in Israele sul futuro della Striscia e sulle voci le più disparate su chi debba guidare quella terra ormai ridotta in macerie, ma rivendicata dalla destra estrema e difesa con i denti dai palestinesi, un annuncio di una società immobiliare israeliana per lotti di “prevendita” a Gaza e i piani per “preparare le basi per un ritorno” nell’enclave che dovevano essere “uno scherzo” per i suoi clienti, ha scritto Linda Dayan su Hareetz, inavvertitamente ha causato uno scandalo internazionale.
La società immobiliare israeliana ha dovuto chiarire in tutta fretta che i rendering delle ville fronte mare erano falsi e che non prevedeva di vendere case sulla spiaggia a Gaza, ma ormai il danno era fatto. Un segnale di come la mancanza di chiarezza sull’exit strategy di Israele da Gaza stia dando forma ai peggiori incubi geostrategici.
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