La pace tra Parigi e Washington è quasi fatta. Con una telefonata e la promessa di un incontro a ottobre, Emmanel Macron e Joe Biden hanno siglato l’apaisement, l’appeasement, insomma una distensione dei rapporti e quantomeno una tregua. Che cosa resta dopo la bufera diplomatica? La crisi dei sottomarini lascia una lezione: la Francia a parole invoca l’autonomia strategica per l’Unione europea, ma nella pratica è soprattutto ai suoi obiettivi strategici che mira.

La contesa

Oggi il presidente degli Stati Uniti riceverà i leader di Giappone, India e Australia per ragionare di sicurezza nell’area indopacifica. Nonostante i segni di lieve distensione tra Joe Biden e Xi Jinping nella loro conversazione di inizio settimana, per Washington contenere le mire di Pechino rimane uno degli obiettivi principali. Proprio tenendo conto di questa priorità, è stato siglato – e annunciato a metà settembre – il cosiddetto “patto Aukus” tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia. Questo accordo per la sicurezza nell’area indopacifica, che consentirà più cooperazione sul fronte dell’intelligence e delle guerre cibernetiche, prevede tra le altre cose un trasferimento tecnologico dagli Usa e da Londra all’Australia perché quest’ultima possa dotarsi di sottomarini a propulsione nucleare. Un accordo così significativo fra i tre stati non lo si vedeva da almeno settant’anni. C’è chi lo chiama “la Nato del pacifico”, il punto è che però Washington e Londra fanno parte della Nato vera e propria, così come la Francia, che però dalla partita è stata esclusa. Il casus belli con Parigi è l’acquisto saltato dei sottomarini francesi da parte del governo di Canberra. Nel 2016 i due paesi si accordarono perché la Francia fornisse all’Australia dodici sottomarini per un valore di circa 32 miliardi di euro.

La crisi

L’abbandono di questo vincolo è stato accolto dall’Eliseo, ed esplicitamente dal governo francese, come uno strappo: Parigi lamenta di essere stata informata di Aukus solo poche ore prima dell’annuncio pubblico, parla di fiducia violata, di doppiezza. Ma se il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian è arrivato a richiamare gli ambasciatori da Australia e Stati Uniti, «il che mostra la gravità della crisi» come lui stesso ha detto, non è solo per la partita di sottomarini saltata. Quella è la superficie, l’occasione che ha portato lo scontro in campo aperto. La ragione di fondo è che la Francia considera l’area del Pacifico a dir poco di suo interesse. Del resto più di un milione e mezzo di cittadini francesi sono distribuiti nelle isole della Polinesia francese, nell’isola della Riunione (La Réunion), a Mayotte, in Nuova Caledonia. Territori d’oltremare che fanno sì che la Francia si consideri “potenza residente” della regione; e poi ci sono ovviamente tutti gli interessi economici nell’area.

L’autonomia

La telefonata tra Macron e Biden, che è il preludio per un secondo colloquio a ottobre, si è conclusa intanto con la constatazione che consultare prima francesi ed europei sarebbe stato un bene per tutti, presa d’atto necessaria per ricucire l’orgoglio scalfito di Parigi e consentirle di far tornare gli ambasciatori dov’erano. C’è poi un altro passaggio clou: l’Eliseo ha ottenuto dalla Casa Bianca il riconoscimento che «l’impegno di Francia e Ue nell’area indopacifica è di importanza strategica e che una difesa europea più forte è necessaria, anche a completamento del ruolo già svolto dalla Nato». Ma quanto c’è di europeo negli interessi francesi in quella regione? Certo è che Parigi stava lavorando per portare a livello Ue le proprie ambizioni, come conferma la strategia per la cooperazione nell’indopacifico concordata dal Consiglio a fine aprile. Proprio questo 16 settembre, Europarlamento e governi Ue avevano concluso di rafforzare il loro impegno, e di farlo «sul lungo termine». Poi la crisi diplomatica ha sparigliato tutto. Finita la luna di miele post-elettorale con il successore di Donald Trump, è chiaro ormai che gli Stati Uniti – anche se democratici – continuano a seguire la bussola dell’”America first”. Macron rilancia quindi la «autonomia strategica» europea, oltre a spingere, in piena sintonia con l’Italia, per una difesa comune europea di rilievo. Ma la strategia che il presidente francese ha in mente è fatta anzitutto di priorità nazionali. La conferma indiretta arriva in questi giorni, con l’Eliseo che smentisce qualsiasi intenzione di trasformare il proprio seggio al consiglio di sicurezza Onu in una poltrona per tutta l’Ue.

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