A Parigi e in altre sette città francesi non ci saranno maxi schermi nè “fan zone” per guardare le partite dei mondiali in Qatar. Il boicottaggio arriva come risposta, in extremis, al sistema di sfruttamento impiegato per allestire le strutture necessarie alla competizione, al via il prossimo 20 novembre.
Parigi si unisce ad altre sette città francesi nel boicottaggio dei mondiali di calcio in Qatar. Le partite della Coppa del Mondo non saranno trasmesse nei luoghi pubblici e non saranno allestite “fan zone”. Non ci sarà il maxi schermo sotto la Tour Eiffel, dove quattro anni fa 80mila tifosi festeggiarono il trionfo francese ai mondiali russi. Nulla neanche nelle piazze di Marsiglia, Lille, Bordeaux, Reims, Nancy, Rodez in quella che le autorità stesse hanno definito una “crisi di coscienza dell’ultimo minuto”.
La protesta
Il sindaco di Marsiglia, Benoît Payan, ha detto che la competizione, al via il prossimo 20 novembre, «si è gradualmente trasformata in un disastro umano e ambientale, incompatibile con i valori che vogliamo vedere trasmessi attraverso lo sport e in particolare il calcio». Il consiglio comunale di Lille ha votato all’unanimità per non trasmettere le partite dei. Il sindaco socialista, Martine Aubry, ha affermato disputare la competizione in Qatar è stata «una sciocchezza in termini di diritti umani, ambiente e sport».
Strasburgo, sede della Corte europea dei diritti umani, «non può perdonare questi abusi, non può chiudere un occhio quando i diritti umani vengono violati in questo modo». Il sindaco di Bordeaux si è unito alle “barricate”, sostenendo che vivere la manifestazione come un usuale momento di sport, con tifosi riuniti nelle strade per guardare le partite, renderebbe la sua città complice di un evento che «rappresenta tutte le aberrazioni umanitarie, ecologiche e sportive».
Le critiche
Si contestano principalmente le condizioni disumane – e note da tempo – a cui sono stati sottoposti in questi anni le decine di migliaia di lavoratori impiegati per l’allestimento di impianti, infrastrutture, strade nell’emirato.
Le ultime informazioni ufficiali in tal senso sono quelle pubblicate dal quotidiano britannico Guardian a febbraio 2021. L’inchiesta svelava la morte di almeno 6mila 500 lavoratori provenienti da India, Pakistan, Sri Lanka, Bangladesh, Nepal. Un dato che, pur senza tener conto di infortuni e malattie, costrinse per un attimo Fifa e governi occidentali a guardare a quell’esercito di invisibili, sottoposti a turni di lavoro massacranti per mandare avanti una macchina avviata oltre dieci anni fa.
E mentre, a quarantasette giorni dal calcio di inizio, Parigi solidarizza con le proteste nel resto del paese e su Twitter torna di moda l’hashtag #BoycottQatar2022 , c’è chi considera tardiva e poco coerente la scelta.
L’opinionista del quotidiano francese l’Alsace, Laurent Bodin, scrive che, seppure l’appello al boicottaggio sia legittimo «il danno è fatto, perché la competizione ci sarà», aggiungendo che «chi chiede lo spegnimento degli schermi durante i Mondiali dovrebbe smettere di seguire le notizie del Paris Saint-Germain, finanziato dal Qatar, e di molti altri club di cui la compagnia aerea statale Qatar Airways è uno dei principali sponsor».
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