- Da mesi si parla del piano da 6mila miliardi con cui Joe Biden intende non soltanto tirare fuori l’economia americana dal gorgo del Covid, ma ridisegnare il sistema di welfare.
- Si parla leggermente meno del fatto che per fare tutto questo serve l’approvazione del Congresso, che per il momento non ha la minima intenzione di approvare l’agenda di Biden così com’è.
- L’agenda di Biden è dunque puramente teorica, mentre in pratica conterà come le riforme usciranno dal tritacarne del Congresso. I negoziati non stanno andando benissimo per Biden, che ha passato non poco del suo tempo nella trasferta europea al telefono con i leader del Congresso.
Da mesi si parla del piano da 6mila miliardi con cui Joe Biden intende non soltanto tirare fuori l’economia americana dal gorgo del Covid, ma ridisegnare il sistema di welfare, correggere le falle strutturali del sistema in senso egalitario ed ecologicamente sostenibile, imitando nello spirito le grandi riforme di Franklin Delano Roosevelt e Lyndon Johnson. Si parla leggermente meno del fatto che per fare tutto questo serve l’approvazione del Congresso, che per il momento non ha la minima intenzione di approvare l’agenda di Biden così com’è. Il piano della Casa Bianca si chiama Build Back Better ed è articolato in tre programmi distinti: l’American Rescue Plan, l’American Jobs Plan e l’American Families Plan. Soltanto il primo dei tre, un programma equivalente al Recovery plan europeo ma molto più finanziato (1.900 miliardi di dollari), è stato tradotto in legge dal Congresso.
Per farlo il Congresso ha fatto ricorso a una procedura che si chiama reconciliation e permette di approvare una legge che riguarda il bialncio con una maggioranza semplice al Senato, aggirando la maggioranza qualificata di 60 voti che invece è necessaria per la legislazione ordinaria. Il ricorso alla reconciliation ha dei limiti: ad esempio, le leggi che approva non possono produrre un aumento del deficit federale oppure riformare il sistema di social security, cioè il sistema basilare di welfare. Democratici e repubblicani sono in perfetta parità al Senato (50-50), con il voto della vicepresidente Kamala Harris a fare da spareggio, ma questo conta soltanto in pochissimi casi.
Gli altri due provvedimenti che sorreggono l’impalcatura della politica di Biden dipendono dalla capacità di trovare dieci senatori repubblicani disposti a votare con gli avversari. La missione è più che impossibile, visto che la Casa Bianca e la leadership democratica non sono nemmeno in grado di controllare gli stessi senatori democratici, e il gruppo dei centristi di sinistra, capitanato da Joe Manchin e Krysten Sinema, è molto più vicino ai conservatori che ai progressisti in materia fiscale e di spesa pubblica.
L’agenda di Biden è dunque puramente teorica, mentre in pratica conterà come le riforme usciranno dal tritacarne del Congresso. I negoziati non stanno andando benissimo per Biden, che ha passato non poco del suo tempo nella trasferta europea al telefono con i leader del Congresso. Per fare un esempio, la commissione bipartisan di dieci senatori incaricata di delineare un testo di compromesso sulla mastodontica manovra sulle infrastrutture ha prodotto un testo che è solo una pallida analogia di quello che il presidente ha promesso. E nemmeno quello riuscirà a convincere i cinque repubblicani mancanti a votare. La strada che porterà Biden dalle parti di Lyndon Johnson è lunghissima.
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