L’abilità di Erdogan è quella di giocare mille partite contemporaneamente e su scacchieri diversi. Negoziatore tra Putin e l’alleanza atlantica sull’Ucraina, potenza regionale nell’Africa settentrionale e Caucaso, bastione della Nato sul fronte sud e partner con la Ue per la gestione dei profughi siriani
Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, un devoto musulmano e difensore della causa palestinese, ha deciso di lasciare la parte del negoziatore tra i belligeranti all’emiro del Qatar e ha inasprito le sue posizioni contro Israele. Due giorni fa la Turchia ha definito gli incessanti bombardamenti israeliani crimini di guerra e ha richiamato il suo ambasciatore a Tel Aviv. L’escalation di accuse è aumentata sempre di più. «Israele è uno stato terrorista che commette crimini di guerra», mentre «Hamas sta proteggendo la sua patria» ed è «un partito politico che ha vinto le elezioni», ha dichiarato il presidente turco intervenendo a una riunione del suo partito, l'Akp, una formazione vicina ideologicamente ai fratelli musulmani nel parlamento di Ankara. Non a caso i rapporti con l’Egitto del presidente al Sisi sono ai minimi.
La reazione di Israele
Come era immaginabile il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha risposto alle accuse criticando a sua volta il presidente turco, affermando che «definisce Israele uno stato terrorista ma in realtà sostiene lo stato terrorista Hamas». In una conversazione con il presidente dell'organizzazione Samaritan's Purse, il reverendo Franklin Graham, Netanyahu ha aggiunto che Erdogan «ha bombardato villaggi turchi, entro i confini della Turchia. Non accetteremo di ricevere da lui prediche di moralità». Non è la prima volta che Erdogan si scaglia contro Israele. Famoso è rimasto lo scontro al World Economic Forum di Davos con l’allora presidente israeliano Shimon Peres nel 2009, al punto che il presidente turco lasciò il dibattito per protesta tra lo sgomento dei presenti. Al suo ritorno ad Istanbul una folla acclamante lo accolse all’aeroporto come difensore dell’islam. Molti sono stati quelli che ne hanno predetto il declino ma Erdogan, che è stato dato per finito numerose volte in passato, come un’araba fenice è sempre riuscito a recuperare lo svantaggio con una capacità tattica e di mobilitazione delle folle anatoliche adottando politiche sociali conservatrici e liberiste in economia. L’abilità di Erdogan è quella di giocare mille partite contemporaneamente e su scacchieri diversi. Negoziatore tra Putin e l’alleanza atlantica sull’Ucraina, potenza regionale nell’Africa settentrionale e Caucaso, bastione della Nato sul fronte sud e partner con la Ue per la gestione dei profughi siriani. Peraltro i negoziati per l’adesione alla Ue sono a un punto morto dal 2005 e i rapporti con Bruxelles molto tesi sul rispetto dei diritti umani. Ma questo non impedisce a Erdogan di fare molte parti in commedia per uno stato ponte tra occidente e oriente.
Il monito di Scholz
Spesso però Erdogan supera il limite e costringe il suo interlocutore a prendere le distanze. È accaduto da ultimo al cancelliere tedesco Olaf Scholz che ha definito assurde le accuse di fascismo lanciate dal presidente turco contro Israele. Lo Stato ebraico è «una democrazia» e «un paese che è vincolato ai diritti umani e al diritto internazionale. Pertanto, le accuse contro Israele sono assurde», ha affermato il leader di Berlino. Erdogan aveva addirittura sostenuto che la legittimità di Israele era «messa in discussione a causa del suo stesso fascismo».
Turchia e Qatar sin dall'inizio del conflitto si sono proposti come mediatori nello scambio di ostaggi. I due paesi offrono rifugio ai più influenti leader di Hamas in esilio: il capo dell'ufficio politico Ismail Haniyeh, il suo vice Saleh Al Rouri e l'ex numero uno Khaled Meshal. Il Qatar è anche il principale finanziatore dell'organizzazione palestinese, che proprio nella capitale Doha ha un ufficio politico. Allo stesso tempo, il Qatar controlla il canale tv Al Jazeera molto seguito nell’area e ha ospitato il ministro degli esteri iraniano per due volte in due settimane. Il legame tra Turchia e Qatar è molto forte: nel mezzo di una pesante crisi valutaria, Ankara ha chiesto aiuto al Qatar che è intervenuto a sostengo della lira turca. Numerosi sono anche gli investimenti qatarioti sul Bosforo.
La Svezia nella Nato
Dopo diciassette mesi di blocco, alla fine di ottobre Erdogan ha trasmesso ai deputati turchi il protocollo di adesione dello Stato scandinavo alla Nato. Ankara, insieme a Budapest, è l'ultimo dei 31 membri dell'Alleanza a bloccare l'ingresso di Stoccolma, dopo aver dato il disco verde a marzo alla Finlandia. Ma sono molte le richieste che Stoccolma ha dovuto accettare: la Svezia ha revocato il divieto di esportare attrezzature militari in Turchia, ha presentato un nuovo disegno di legge per inasprire le norme antiterrorismo. Inoltre, su pressione turca, il ministro della Giustizia svedese Gunnar Strommer ha detto che la Svezia sta esaminando se modificare la norma per vietare di bruciare in pubblico il libro sacro musulmano, il Corano. Un boccone amaro per Stoccolma, ma così Erdogan ha rafforzato la propria posizione all’interno del mondo islamico.
© Riproduzione riservata