Le democrazie occidentali sono chiamate a prendere posizione sulla sconcertante repressione in atto nello Xinjiang contro la minoranza musulmana. Stati Uniti, Canada, Paesi Bassi e altri hanno già segnalato in varie forme la disponibilità a qualificare quello che sta succedendo come un genocidio, ma altri paesi sono orientati a cedere alle pressioni economiche della Cina
- La guerra della Cina contro i suoi cittadini musulmani uiguri continua a intensificarsi, con abusi sconcertanti. Eppure, non è certo se i principali stati europei definiranno come “genocidio” i tentativi della Cina di distruggere l’islam nella provincia occidentale dello Xinjiang.
- In un raro caso di convergenza bipartisan, negli Stati Uniti democratici e repubblicani si trovano d’accordo nel designare quello che sta avvenendo come un genocidio. Il parlamento canadese ha approvato all’unanimità una mozione in questo senso. In Europa, i Paesi Bassi sono stati il primo paese a esprimersi sul genocidio.
- Tutte le democrazie occidentali sono chiamate a prendere posizione sulla repressione messa in ato dal regime di Pechino. I paesi europei fanno parte di un’alleanza occidentale basata sui diritti o sono al servizoo della nuova Via della seta cinese?
La guerra della Cina contro i suoi cittadini musulmani uiguri continua a intensificarsi. Gli abusi sono sconcertanti. Eppure, non è certo se i principali stati europei definiranno come “genocidio” i tentativi della Cina di distruggere l’islam nella provincia occidentale dello Xinjiang. La questione è in esame in diverse capitali e ogni democrazia alla fine sarà chiamata a prendere una decisione importante rispetto alla priorità da attribuire al commercio o ai valori. Pechino non renderà la decisione semplice.
Le atrocità cinesi che, nello specifico, prendono di mira gli uiguri e altri gruppi etnici tradizionalmente musulmani sono sempre meglio documentate. Come in un ritorno ai giorni di Mao, la Cina comunista ha costretto un milione di musulmani in campi di internamento chiamati “centri di rieducazione”. È dai tempi del nazismo che la detenzione di massa basata sulla religione e sull’etnia non avveniva a questo livello.
Con la scusa della lotta all’estremismo religioso, le autorità accusano di “crimine” chi porta la barba lunga, rifiuta gli alcolici, o digiuna durante il Ramadan. Questi comportamenti sono sufficienti per vedere un padre scomparire. Come ha riportato la Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale, i detenuti subiscono «torture, stupri, sterilizzazione e altri abusi. Inoltre, quasi mezzo milione di bambini musulmani sono stati separati dalle proprie famiglie e messi in collegi».
Un dottore uiguro, recentemente fuggito dalla Cina, ha riferito di ottanta sterilizzazioni forzate al giorno. Una ripresa da drone filtrata fuori dallo Xinjiang ha mostrato file di uiguri legati e imbavagliati come prigionieri di guerra.
Non solo i musulmani
La Cina ha anche dichiarato guerra ad altre religioni. Il programma decennale per sradicare il buddismo tibetano continua, così come i tentativi di annientare l’esercizio indipendente della fede cristiana, nonostante l’accordo con la Santa sede. Tuttavia, quello che i musulmani uiguri si trovano ad affrontare è un genocidio.
Con un atto di convergenza bipartisan, cosa rara a Washington di questi tempi, la designazione di genocidio contro la Cina, annunciata dall’allora segretario di Stato Mike Pompeo prima di terminare l’incarico, è stata confermata dal segretario di Stato Antony Blinken. Questi fatti hanno un risvolto personale per il segretario Blinken. Durante l’audizione per la sua conferma ha parlato di come il suo padre adottivo sia sopravvissuto all’Olocausto. Comprende bene il rischio che corrono oggi gli uiguri.
Questa non è una discussione che inizia oggi. Come evidenziato da Joanne Smith Finley in un articolo recentemente pubblicato sul Journal of Genocide research, molti nella comunità internazionale, inclusi studiosi, diplomatici, politici e attivisti, hanno sostenuto, con interventi sempre più importanti, la definizione di genocidio.
A causa di queste preoccupazioni è probabile che il Congresso degli Stati Uniti approvi lo “Uyghur Human Rights Protection Act” (una legge per la protezione dei diritti umani degli uiguri), una possibile via per garantire agli uiguri in fuga - e agli altri gruppi oggetto della repressione - lo status di rifugiati dello Xinjiang negli Stati Uniti. Inoltre, a febbraio il parlamento canadese ha votato all’unanimità la definizione di “genocidio” per qualificare gli eventi in Cina, mozione ancor più apprezzabile visto il caso giudiziario ancora aperto contro il cittadino canadese Michael Kovrig.
La risposta dell’Europa
Come risponderà l’Europa? Seguirà gli Stati Uniti e il Canada in un tentativo comune delle democrazie di far fronte a queste violazioni?
I Paesi Bassi sono stati il primo paese europeo a definire gli eventi contro gli uiguri come genocidio. Altri paesi sono stati lenti nella risposta, affermando in privato la necessità di una decisione delle Nazioni unite. A livello superficiale aspettare una decisione delle Nazioni unite appare ragionevole, ma cela la realtà della crescente influenza cinese sulle agenzie dell’Onu. Inoltre, dimentica il potere di veto della Cina sulle risoluzioni del Consiglio di sicurezza.
Di fronte a questi eventi drammatici non ci si può nascondere dietro a una decisione delle Nazioni unite. L’Italia e il Regno Unito daranno presto una risposta: la Commissione esteri del Parlamento italiano voterà probabilmente il 21 aprile e la Camera dei comuni britannica discuterà la questione il 22 aprile. Oltre a considerare gli aspetti tecnici dell’uso del termine “genocidio”, il sottotesto è se Roma e Londra si uniranno ai loro alleati nordamericani e olandesi o metteranno al primo posto i rapporti con la Cina.
La Cina non renderà la decisione semplice o priva di conseguenze. Ribatterà con un linguaggio iperbolico e reazioni ingiustificate. Pechino ha già sanzionato i funzionari statunitensi e canadesi, i parlamentari inglesi e olandesi e i membri del Parlamento europeo per essersi espressi contro le atrocità commesse dalla Cina. Tutto questo per mettere a tacere le loro critiche.
Farà leva sulla propria potenza economica per aumentare la propria influenza, minacciando il commercio e gli affari, strategia che sta dando risultati. Come riferiscono le cronache di questi giorni, l’Ungheria ha bloccato una dichiarazione dell’Unione europea sugli abusi cinesi a Hong Kong.
Nonostante il promesso impegno di Budapest nella lotta alla persecuzione dei cristiani, l’Ungheria non ha ancora lanciato alcun allarme sugli abusi cinesi contro pacifici fedeli cristiani. Non toccheranno mai la questione del genocidio e potrebbero bloccare iniziative più articolare a livello dell’Unione europea.
Le aziende occidentali potrebbero anche essere disposte a fare pressioni al fine di usare un linguaggio più morbido nel posizionamento dei paesi europei sulla questione per preservare i loro investimenti nel paese e la loro posizione nel mercato cinese. Le organizzazioni statunitensi come la Nba hanno già sperimentato quanto possa essere difficile.
Pechino ha interrotto la trasmissione delle partite dell’Nba a causa di un semplice tweet del direttore generale degli Houston Rocket, Daryl Morey, a sostegno della popolazione di Hong Kong.
I valori e gli interessi
Allo stesso modo, nonostante le atrocità di massa contro i musulmani, la Cina è riuscita a a mettere a tacere l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OIC) e i suoi membri, con alcuni addirittura incredibilmente favorevoli alle cosiddette misure antiterrorismo cinesi. Molti membri dell’OIC si affrettano a denunciare le discriminazioni contro i musulmani in Europa e nel Nord America, ma si voltano dall’altra parte di fronte a un effettivo genocidio e perdono la voce per paura della potenza e della diplomazia economica della Cina. Anche la Turchia, che un tempo alzava la voce, ora ha limitato le proteste a causa delle pressioni cinesi.
La Cina ci costringe a chiederci quanto le democrazie europee apprezzino i propri valori. Fanno parte di un’alleanza occidentale basata sui diritti o della nuova Via della seta cinese?
Quando si parla dell’espansionismo della Cina, sono finiti i tempi facili della denuncia senza ripercussioni. Non solo gli Stati europei, ma anche Bruxelles, attraverso il ruolo del Servizio europeo per l’azione esterna, è chiamata a prendere una posizione decisa. Tutte le nazioni europee sanno cosa succede quando il mondo tace di fronte a un genocidio.
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