L’ostinazione di Alexej Navalny di rientrare in Russia, nonostante l’arresto annunciato, assume un significato tutto più chiaro. A distanza di poche ore dall’arrivo dalla Germania, il team dell’oppositore politico più temuto dal presidente russo Vladimir Putin, pubblica una lunga e dettagliata inchiesta dove vengono chiamati in causa vari funzionari pubblici e imprenditori miliardari a capo delle più importanti aziende del paese (Gazprom, Rostec, Rosneft ecc.) che fa tremare il Cremlino e tutto il suo establishment.

«C’è un posto dove puoi capire tutto di Vladimir Putin. Questo è il luogo più sorvegliato della Russia, di fatto uno stato nello stato» si legge nelle prime righe del lavoro. Stando all’inchiesta, il grande segreto di Putin è il suo «palazzo» una reggia di 17 mila metri quadrati situata sulle rive del Mar Nero a cui si somma un terreno circostante di oltre 7mila ettari, nei pressi della cittadina di Gelendzhik. «Scopriremo con chi e come viene finanziato questo lusso. E come in questo momento e negli ultimi 15 anni, viene consegnata la più grande tangente della storia e viene costruito il palazzo più costoso del mondo» si legge nel sito palace.navalny.com dove è stato pubblicato il lavoro.

In poche ore milioni di persone hanno letto il contenuto. L’inchiesta, suddivisa in capitoli e accompagnata da video, foto e documenti, inizia tracciando il profilo di Vladimir Putin descrivendo la sua ascesa al potere fin da quando era un semplice ufficiale sovietico a Dresda, in Germania dell’est. La svolta sarebbe avvenuta quando il suo collega universitario, Nikolai Yegorov, lo ha raccomandato per lavorare nell'ufficio del sindaco di San Pietroburgo, nello specifico all’interno della commissione per le relazioni esterne.

Qui, la principale mansione di Putin era quella di rilasciare le licenze per l’esportazione alle aziende che vendevano prodotti petroliferi, legname, alluminio, rame e altre materie prime. Il porto di San Pietroburgo assunse subito un grande interesse per il giovane Vladimir, qui entrò in contatto con i boss locali che ne gestivano i principali affari.

«Serviva i loro interessi - si legge nell’inchiesta - era un utile assistente nell'ufficio del sindaco, che poteva aiutare i veri duri a risolvere i problemi». Per ogni licenza rilasciata e approvata, Putin scriveva su un bigliettino le presunte tangenti richieste, che oscillavano intorno ai dieci, venti mila dollari.

L’oro nero di Vladimir Putin

Dal porto di San Pietroburgo partiva anche il petrolio che raggiungeva l’Europa e altri parti del mondo, ed è grazie all’oro nero che Putin avrebbe ampliato il suo tesoretto personale. Una volta divenuto presidente, le aziende petrolifere più importanti del paese non hanno più venduto gli idrocarburi direttamente all’estero ma si sono servite della “Gunvor” un’azienda di mediazione nel settore petrolifero, tra i cui fondatori c’è il caro amico di Putin: Gennady Timchenko.

Quest’ultimo è diventato miliardario arricchendosi soprattutto grazie alle commissioni guadagnate sul commercio del greggio. Nel 2014 Timchenko è stato sanzionato dagli Stati Uniti per aver fornito aiuto e servizi al governo russo nel conflitto in Ucraina.

Negli anni, molti hanno avuto il sospetto che Vladimir Putin detenesse delle quote all’interno della società ma le prove non sono mai saltate fuori. Tuttavia, il team investigativo è convinto che le quote del presidente risiedessero in quelle di un altro azionista, nonché suo amico d’infanzia di nome Peter Golbin.
La Gunvor International è stata accusata di aver favorito la corruzione anche in altri paesi. Nell’ottobre del 2019, infatti, la società è stata condannata a pagare una multa di 85 milioni di euro perché «non ha prevenuto il rischio corruzione nelle compravendite di petrolio» tra la Repubblica del Congo e la Costa d’Avorio negli accordi commerciali conclusi dal 2008 al 2011.


L’arrivo al Cremlino e il palazzo regale

La scalata al potere di Vladimir Putin inizia nel 1996, quando Pavel Pavlovich Borodin, direttore commerciale di Eltsin, e Anatoly Borisovich Chubais, famoso manager economico considerato il padre delle privatizzazioni russe, lo inseriscono a capo del dipartimento di controllo nell’amministrazione presidenziale.

A fine anni Novanta lo “promuoveranno” a capo dei servizi di sicurezza del Kgb. In questi anni, quando Eltsin entra nel vortice del ciclone per l’inchiesta giudiziaria del caso Mabetex che lo vede imputato di corruzione e di possedere anche dei conti in Svizzera, che Putin salva l’ex presidente russo costringendo il procuratore generale Skuratov che indagava sul caso a rassegnare le dimissioni.

Una volta giunto alla presidenza del Cremlino, Vladimir Putin ha iniziato a costruire il suo più grande progetto: «un'intera città», «un regno» che «ha recinzioni inespugnabili, un proprio porto, proprie guardie, una chiesa, un proprio controllo degli accessi, una no-fly zone e persino un checkpoint di confine. È direttamente uno stato separato all'interno della Russia. E in questo stato c'è un unico e insostituibile re» scrivono nel sito. La proprietà è grande quanto 39 volte il Principato di Monaco ed è costruito appositamente per non essere avvicinato né via terra e né via mare.

La no-fly zone area sopra il palazzo

«A migliaia di persone che lavorano lì è vietato portare anche un semplice telefono cellulare con fotocamera. Le auto in arrivo vengono ispezionate a diversi posti di blocco, con l'ausilio di specchietti e vengono perquisiti box con videocamere, portapacchi e vani portaoggetti».

È in questo palazzo che secondo Navalny si può ammirare tutta la brama di lusso e ricchezza dell’ex funzionario del Kgb: sale da te di 2500 metri, piscine, dozzine e dozzine di camere, sale cerimoniali, giardini, teatri, sale da gioco e tanto altro, il tutto adornato con divani e mobili dal valore di milioni di rubli. Qui potete consultare le planimetrie del palazzo pubblicate dal team investigativo: piano terra, primo piano, secondo piano.

Il territorio circostante di 7mila ettari è di proprietà dell’Fsb, il Servizio per la sicurezza della Federazione russa, ma è stato affittato alla ditta del palazzo fino al 2068.

Lo scopo della vasta pianura verde circostante è quello di creare un territorio cuscinetto a protezione dell’imponente struttura. Dalle carte consultate, Putin non avrebbe nulla di intestato in questo infinito terreno sulle rive del Mar Nero, sono altri oligarchi i proprietari della struttura.

Tra questi c’è stato Alexander Ponomarenko, compagno di judo di Vladimir Putin, che ha comprato il palazzo per una cifra di circa 350 milioni di dollari nel 2010 prima di passare attraverso altre aziende offshore e imprenditori come ricostruito parzialmente da un’inchiesta di Reuters.

Oggi il palazzo è gestito dalla ditta di Mikhail Shelomov, cugino di Vladimir Putin che avrebbe ricevuto enorme ricchezze grazie alle raccomandazioni del presidente russo.

Nulla è riconducibile a Putin, questo perché sarebbero due le regole cardini su cui il presidente russo avrebbe costruito il suo presunto corrotto impero economico. La prima regola è che nulla va attribuito a direttamente a lui, il denaro deve essere custodito in posti diversi e gestito da persone diverse non collegabili tra di loro dando vita ad una «assoluta diversificazione dei rischi e, soprattutto, niente per te personalmente».

La seconda regola è: «un vecchio amico è meglio di due nuovi», secondo l’inchiesta i soldi personali dell’attuale presidente russo sono custoditi da persone che ha incontrato trent’anni fa durante la sua carriera politica.

Oggi, secondo l’inchiesta, la Transneft, un’azienda di proprietà statale che gestisce oltre 70 mila chilometri di gasdotti e oleodotti in tutta la Russia, «è uno dei maggiori sponsor della costruzione del palazzo di Putin» si legge nel sito.

«In totale – continuano gli investigatori – negli ultimi tre anni, solo secondo le stime più prudenti e dati molto incompleti a nostra disposizione, 35 miliardi di rubli sono stati trasferiti sui conti del palazzo e dei vigneti circostanti. Sono soldi che in questo momento vengono spesi per la ricostruzione, per la costruzione di una cantina e per il mantenimento quotidiano di questa enorme economia. Questo si aggiunge al miliardo di dollari già investito nella costruzione entro il 2017».

Il senso della creazione di questa imponente struttura risiederebbe in una preziosa ricompensa nei confronti dei Putin «in cambio di favori elargiti nel corso della sua carriera politica» a oligarchi, funzionari, banchieri e famigliari.

L’inchiesta si conclude con un appello ai cittadini russi per manifestare il loro dissenso nei confronti del presidente a capo del Cremlino: «Vivremo normalmente solo quando smetteremo di tollerare i funzionari che rubano». E ancora «nei paesi ricchi, la gente scende in piazza alla minima indignazione e i funzionari ne hanno paura. Nei paesi poveri, la gente tollera e i funzionari tengono referendum per estendere i loro poteri. E dicono: aspetta ancora un po'. Siamo al potere da soli 20 anni».

Secondo Navalny, una soluzione per combattere il regime c’è: «Tutto quello che dobbiamo fare è smettere di resistere. Smetti di aspettare. Smettila di sprecare la tua vita e le tue tasse per arricchire queste persone. Il nostro futuro è nelle nostre mani. Non essere silenzioso. Non accettare di obbedire ai banchetti dei cattivi».

Navalny torna in Russia dopo cinque mesi di convalescenza passati in Germania in seguito al suo avvelenamento e lancia un duro attacco al presidente russo Vladimir Putin, fomentando i cittadini a esprimere il loro dissenso nei confronti della corruzione dilagante tra i funzionari di stato. Nei prossimi giorni si saprà quali siano le conseguenze dell’inchiesta.

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