Sam Altman è stato licenziato e poi reintegrato alla guida di OpenAI. Abbiamo usato spiegazioni razionali per interpretare il clamoroso psicodramma della Silicon Valley, ma le ragioni vanno ricercate nella dimensione dell’emozione, dell’ego, delle invidie e delle ripicche. Il futuro dell’umanità è alla mercé di dinamiche che ricordano i litigi delle scuole elementari
Dopo giorni di tempesta su OpenAI il giornalista di Bloomberg Ahslee Vance, il primo ad avere scritto del clamoroso ritorno di Sam Altman alla guida dell’azienda diventata famosa per ChatGpt, ha fatto su X la sintesi perfetta degli eventi: «Sono sicuro al 99 per cento che non c’è altra ragione per quello che sta succedendo se non il fatto che a loro non piaceva il “vibe” di Sam».
Vance ha riportato il dramma più incredibile della Silicon Valley, legato a un tema decisivo per il futuro dell’umanità – l’intelligenza artificiale – nel perimetro delle cose umane, troppo umane. Era tutta una questione di “vibe”: vibrazioni, umori, emozioni.
Ricapitoliamo i fatti. Lo scorso fine settimana Altman, amministratore delegato di OpenAI, è stato licenziato in tronco dal board, che ha motivato la decisione con la sua mancanza di trasparenza, senza aggiungere ulteriori dettagli.
Al suo posto è stato nominato un altro amministratore delegato. Intanto Microsoft, investitore e partner di minoranza di OpenAI, ha annunciato di avere assunto Altman per guidare una nuovo ramo d’azienda dedicato all’intelligenza artificiale. Le cose però non erano affatto risolte.
Il team dei dirigenti di OpenAI si è ribellato alla decisione di cacciare Altman: ha chiesto invano spiegazioni sulle reali ragioni del licenziamento e non ha avuto prove della presunte scorrettezze che il 38enne avrebbe commesso. 650 dipendenti (su 700) hanno minacciato le dimissioni e chiesto il reintegro di Altman e altri membri del suo gruppo di lavoro
Il colpo di scena finale è stato, appunto, il reintegro di Altman e dei suoi collaboratori più stretti, sostenuti da un board quasi interamente rinnovato nel quale spicca il nome di Larry Summers, ex segretario del Tesoro.
Mentre andava in onda il colossale psicodramma della Silicon Valley, tutti gli osservatori sono andati alla caccia di spiegazioni razionali. Si è detto che si stava consumando lo scontro fra tecno-ottimisti e apocalittici della Ia, che la vicenda era l’espressione di un conflitto fra le ragioni del profitto e l’etica dei primordi della comunità tecnologica, sono state evocate profonde divergenze filosofiche e tensioni fra stili manageriali incompatibili.
Sono tutti elementi presenti sullo sfondo della discussione. Ma con il passare dei giorni è stato sempre più chiaro che la spiegazione emotiva di Vance coglieva il bersaglio più delle altre ipotesi dominate dalla logica.
Il senso della repentina cacciata e dell’incredibile reintegrazione di Altman va ricercato nella dimensione del capriccio, dell’ego, delle invidie e delle ripicche, si inserisce in una dinamica che ricorda i litigi delle scuole elementari più che le operazioni professionali di una multinazionale.
Mano a mano che emergono nuovi dettagli della vicenda si scoprono sentimenti feriti, accuse personali, prese di posizione offensive, rancori diffusi. Una questione di emozioni che vanno e vengono.
Oggi il Ceo emana vibrazioni negative e viene licenziato, domani le vibrazioni diventano positive e viene rimesso al suo posto. Dopodomani chissà. È certamente interessante sapere che la madre di tutti problemi tecnologici che riguardano il futuro della specie umana dipende dalle bizze di miliardari capricciosi che non sono in grado di gestire i “vibe”.
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