Dopo le bombe in Belucistan il ministro degli Esteri iraniano si difende dalle accuse. E aggiunge: «Se il genocidio a Gaza si ferma, finiranno gli altri attacchi nella regione»
Il Pakistan è il terzo stato a essere colpito dall’Iran. Il governo di Teheran si è subito giustificato dicendo che l’attacco era diretto alle infrastrutture del «gruppo terroristico» sunnita Jaish al Adl, presente nella provincia del Belucistan.
I bombardamenti hanno provocato, però, diversi feriti e la morte di sei persone, tra cui due bambini. Il ministro degli Esteri pakistano ha subito condannato gli attacchi definendoli «una violazione non provocata dello spazio aereo».
In risposta il Pakistan ha subito richiamato il suo ambasciatore dall’Iran e ha impedito all’inviato di Teheran di tornare a Islamabad. È la prima volta che gli iraniani colpiscono così duramente il Belucistan, regione già divisa tra Pakistan e Iran.
In realtà l’operazione aerea fa parte del piano dell’Iran di vendicare il doppio attentato suicida avvenuto il 3 gennaio per la commemorazione della morte del generale iraniano Qasem Solemaini, rivendicato dallo stato islamico.
La motivazione è stata ribadita anche dal ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir Abdollahian. «Ciò che abbiamo fatto è coerente con la sicurezza dell’Iraq, del Pakistan e dell’intera regione», ha detto a Davos. Nei giorni scorsi erano state colpite anche infrastrutture sospettate di essere basi di spionaggio israeliane nella regione curda dell’Iraq e in Siria.
Abdollahian ha dichiarato di aver condiviso con Baghdad le informazioni relative alle attività del Mossad nella regione curda dell’Iraq. L’Iraq, però, aveva smentito l’esistenza di queste basi. Sempre a Davos, il ministro degli Esteri è tornato a parlare di allargamento del conflitto. La linea ufficiale della Repubblica islamica di Iran è contraria a questa possibilità. «Se il genocidio a Gaza si ferma, ciò porterà alla fine di altre crisi e attacchi nella regione», ha detto.
Il ministro avrebbe avuto delle conversazioni con il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, in cui avrebbe confermato la fine degli attacchi contro Israele. La Repubblica popolare cinese è subito intervenuta invitando le due parti a usare moderazione per «evitare azioni che porterebbero a un’escalation di tensione».
Le affermazioni sono arrivate dopo che un funzionario della sicurezza ha detto che il Pakistan si riserverà il diritto di rispondere.
La guerra nella Striscia
Per il sesto giorno consecutivo Gaza è isolata. «L’interruzione delle telecomunicazioni è la più lunga mai registrata dall’inizio della guerra», ha detto Netblocks su X.
Nonostante gli sforzi della comunità internazionale, Israele ha continuato a ribadire che non fermerà la guerra «fino alla vittoria completa».
L’esercito israeliano ha comunicato di aver ucciso Bilal Nofal, responsabile di controspionaggio di Hamas. «La sua eliminazione ha un impatto significativo sulla capacità dell’organizzazione terroristica di sviluppare e migliorare il proprio potenziale», ha detto l’Idf.
Grazie alla mediazione del Qatar, in collaborazione con la Francia, si era arrivati a un accordo per gli aiuti tra Israele e Hamas. Medicinali, cibo e coperte erano diretti anche agli ostaggi israeliani ancora detenuti nella Striscia. Dopo esser arrivati in Egitto dal Qatar, il governo israeliano ha rallentato la consegna.
Hamas aveva rilasciato ulteriori dettagli relativi all’accordo. «Una scatola di medicine per gli ostaggi sarà in cambio di mille per il popolo palestinese», ha detto uno degli esponenti di Hamas, Moussa Abu Marzuk, aggiungendo che questa volta, però, il carico non sarebbe stato controllato dall’esercito israeliano. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, ha smentito la notizia ma le critiche non sono mancate.
Il ministro della Sicurezza nazionale, Ben Gvir, ha subito criticato il premier. «Basta cercare di schivare le responsabilità», ha scritto Gvir su X, in riferimento alla responsabilità del gabinetto di guerra e di Netanyahu di verificare in cosa consistano gli aiuti.
Questione mar Rosso
Il gruppo dei ribelli yemeniti Houthi è tornato nella lista dei terroristi americana. Era stato il presidente Joe Biden nel 2021 a toglierlo dopo che era stato inserito dal suo predecessore Donald Trump.
Non è mancata la risposta degli Houthi. Un portavoce ha dichiarato che la decisione americana non basterà a fermare gli attacchi contro le navi che transitano nel mar Rosso. Per evitare gli attacchi, sono diverse le compagnie di navigazione che hanno deciso di sospendere i viaggi. Tra queste c’è Maersk, una delle più importanti.
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