Resistendo alle sirene della reazione all’attacco “scenografico” di Teheran, Israele ha l’occasione storica di accerchiare Teheran con una grande alleanza sunnita di paesi come Giordania, Arabia Saudita e paesi del Golfo, secondo lo spirito degli accordi di Abramo. Evitare l’escalation serve anche al premier, che però finora ha perso tutte le opportunità di stabilizzare la situazione
«L’attacco limitato dell'Iran contro Israele di sabato sera mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l'Iran, dovrà sicuramente affrontare una risposta molto forte», ha detto il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian, in un colloquio telefonico con l'omologo russo Sergej Lavrov.
L'Iran ha affermato di aver dato un avvertimento prima di attaccare Israele ma gli Stati Uniti hanno smentito sebbene probabilmente siano stati giordani e sauditi ad avvisare Washington del raid. Ma cosa vuole fare davvero l’Iran di Alì Khamenei?
Il fragile regime iraniano minaccia Israele, ma la realtà è molto diversa dopo il fallimentare raid di sabato notte con il 99 per cento dei 170 droni e 150 missili cruise intercettati prima di colpire il bersaglio e il 50 per cento di ordigni rimasti per difetti tecnici, secondo il Wall Street Journal, sulle rampe di lancio.
Israele e il suo premier Benjamin Netanyahu hanno l’occasione storica di accerchiare Teheran con una grande alleanza sunnita di paesi come Giordania, Arabia Saudita e paesi del Golfo riprendendo le fila di quei patti di Abramo che vedevano Tel Aviv garante della sicurezza di tutti quei paesi che avrebbero firmato gli accordi di pace e collaborazione militare in funzione anti Iran.
Questa è la grande opportunità sul piatto diplomatico di Israele e dell’occidente se solo il premier Netanyahu abbandonerà le sirene della destra estrema e cercherà da statista, e non da populista come fatto finora, nuovi equilibri politici.
La scommessa è ardua perché Israele non ha ancora detto come risponderà all’assalto dell’Iran ma i membri di estrema destra del governo del primo ministro Netanyahu hanno chiesto un’azione rapida e più aggressiva di quella iraniana.
Secondo Barak Ravid di Axios, dopo che il gabinetto di guerra israeliano aveva appreso che l’Iran aveva lanciato l’attacco, i ministri Benny Gantz e Gadi Eizenkot – entrambi ex capi di stato maggiore dell’Idf – hanno proposto di lanciare immediatamente un contrattacco. Ipotesi scartata da Netanyahu.
Lunedì il gabinetto di guerra si è riunito di nuovo per decidere cosa fare. Il rischio all’orizzonte è un’escalation difficilmente controllabile, ipotesi che il presidente Joe Biden vorrebbe evitare ad ogni costo soprattutto in vista delle elezioni di novembre. Anche Francia e Gran Bretagna invitano alla prudenza.
L’Iran a guida Pasdaran
L’Iran a guida Pasdaran ha superato tutte le vecchie linee rosse e ha stabilito una “nuova equazione” a cui Israele può rispondere con una rappresaglia sul suolo iraniano, magari colpendo i siti di arricchimento dell’uranio, sui vari alleati del regime iraniano o cogliendo l’opportunità di formare una grande alleanza anti-ayatollah per fermare il sogno della mezzaluna sciita di Khomeini del 1979 di distruggere Israele (il “Piccolo Satana”) e sottomettere l’Arabia saudita.
Non a caso fu Khomeini a lanciare la fatwa contro lo scrittore anglo-indiano Salman Rushdie e i suoi “versetti satanici”. Khomeini, leader sciita, voleva assumere il ruolo di guida del mondo islamico lanciando la sfida ai sunniti utilizzando la fatwa e l’assalto degli studenti all’ambasciata americana a Teheran per radicalizzare la sfida al “Grande Satana” americano.
Ora Israele ha l’occasione di fermare quella rivoluzione khomeinista costruendo una alleanza di contenimento dei paesi sunniti moderati in funzione anti-Teheran. Saprà cogliere l’occasione?
Il Medio Oriente è sull'orlo del baratro
«La popolazione si trova ad affrontare il pericolo reale di un devastante conflitto su vasta scala. Ora è il momento di allentare la tensione, della massima moderazione e di fare un passo indietro dal baratro». Lo ha detto il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres alla riunione del Consiglio di Sicurezza.
«Abbiamo la responsabilità condivisa di coinvolgere attivamente tutte le parti interessate per prevenire un'ulteriore escalation». Guterres ha ribadito al Consiglio di Sicurezza la sua «ferma condanna della grave escalation rappresentata dall'attacco dell'Iran a Israele», ma ha altresì condannato l’attacco israeliano del 1° aprile al consolato iraniano a Damasco.
«Il regime iraniano non è diverso dal Terzo Reich e l'ayatollah Ali Khamanei non è diverso da Hitler». Lo ha detto l'ambasciatore israeliano all'Onu Gilad Erdan al Consiglio di Sicurezza chiedendo «tutte le sanzioni possibili» contro l'Iran.
«L'escalation senza precedenti mostra cosa succede quando gli avvertimenti non sono ascoltati - ha continuato - Il fatto che ieri Israele si sia mostrato superiore non toglie la brutalità dell'attacco».
L'Iran «non ha avuto altra scelta che esercitare il proprio diritto all'autodifesa», ha ribattuto l'ambasciatore di Teheran all'Onu, Saed Iravani, durante la riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza. «Ora vogliamo la condanna dell'attacco dell'Iran a Israele», ha detto l'ambasciatore americano all'Onu Robert Wood.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha detto che la risposta iraniana è stata sproporzionata, di puntare a una tregua per i Giochi di Parigi e che chiederà aiuto al presidente cinese Xi Jinping.
Quanto al Congresso americano, il leader della maggioranza del Senato, Chuck Schumer, ha dichiarato che è stata raggiunta «un’intesa» tra la Casa Bianca e i leader del Congresso per approvare l'invio di aiuti sia a Israele che all'Ucraina dopo un colloquio con Joe Biden. Un motivo in più per Netanyahu per ascoltare Washington.
© Riproduzione riservata