120mila armeni sono in fuga dal Nagorno-Karabakh per timori di pulizia etnica, spettro che torna a terrorizzare un popolo segnato dal genocidio. Tutto questo perché Vladimir Putin ha deciso di punire l’Armenia che si è spostata verso la Nato e nel silenzio dell’occidente che difende la partnership energetica con l’Azerbaigian. Martedì le parti si siedono al tavolo a Bruxelles
Sarebbero 120mila gli armeni in fuga per timori di pulizia etnica, spettro tremendo che torna a terrorizzare il popolo armeno, segnato, secondo la maggioranza degli storici, dal primo genocidio della storia moderna per opera dell’impero ottomano prima e dai Giovani turchi poi, iniziato il 24 aprile 1915 e che costò 1,5 milioni di morti armeni.
Di certo secondo Erevan in queste ore drammatiche quasi 5.000 armeni dell’enclave del Nagorno-Karabakh sono entrati in Armenia in seguito all'offensiva militare azera della scorsa settimana nella regione contesa, che ha causato centinaia di morti e feriti.
Diverse centinaia di rifugiati hanno iniziato domenica ad attraversare il confine dal Nagorno-Karabakh, diventando i primi civili a raggiungere l'Armenia in quasi un anno e riunendo le famiglie dopo un blocco di 10 mesi da parte dell'Azerbaigian che ha portato a una drammatica carenza di cibo, carburante e acqua a Stepanakert e nelle aree limitrofe.
Gli abitanti dell’enclave armena temono la pulizia etnica e sembrano decisi ad abbandonare la terra degli avi dopo 35 anni di guerra secessionista, oggi perduta dopo la consegna delle armi e migliaia di morti.
Dirigenti del governo armeno secessionista della regione hanno detto che intendono evacuare migliaia di sfollati dalla regione in Armenia, un paese povero e che farà fatica ad accogliere le migliaia di profughi in arrivo.
Il governo locale, che ha offerto rifornimenti di carburante gratuiti lungo il tragitto ha affermato che gli sfollati saranno accompagnati oltre il confine dalla regione contesa dalle forze di pace russe, garanti dell’operazione di esodo della popolazione armena del Nagorno-Karabakh.
La posizione di Mosca
Tutto questo avviene perché Vladimir Putin ha deciso di punire l’Armenia considerata troppo vicina all’occidente dopo che Erevan ha aderito agli inizi di settembre a manovre militari congiunte con la Nato.
Così Mosca ha deciso di non intervenire nel conflitto tra indipendentisti armeni e l’Azerbaigian e in questo modo ha condannato gli armeni dell’enclave del Nagorno-Karabakh alla nuova diaspora, con l'occidente che tacitamente accetta l'iniziativa azera (appoggiata dal presidente turco Erdogan).
Certo, il Consiglio europeo oggi ospiterà i negoziati tra i rappresentanti dei governi di Armenia, Azerbaigian, Francia e Germania a Bruxelles ma gli europei non sembrano voler contrastare le rivendicazioni di Baku, importante partner energetico europeo, per annettere il Nagorno-Karabakh, che considera parte del territorio azero come deciso da Stalin nel 1921.
Gli Stati Uniti, che hanno riconosciuto come la Francia per legge il genocidio degli armeni sotto la presidenza Biden, sono rimasti defilati e si sono limitati a inviare a Erevan Samantha Power, capo dell'Agenzia degli Stati Uniti per la cooperazione internazionale (Usaid), che in un tweet ha affermato: «Sono qui per ribadire il forte sostegno degli Stati Uniti e la sua partnership con l'Armenia».
Il vero obiettivo
Ma la partita nel Caucaso non è ancora finita. Secondo Thomas de Waal, membro della Carnegie Europe, massimo esperto della regione del Caucaso, «Turchia e Azerbaigian potrebbero presentare un ultimatum all’Armenia per aprire il cosiddetto corridoio Zangezur. Giorni dopo la presa del controllo militare del Karabakh da parte dell'Azerbaigian, i presidenti Aliyev ed Erdogan si sono incontrati ieri a Nakhchivan e molto probabilmente daranno un ultimatum al governo armeno per aprire il corridoio Zangezur. Con l'accordo della Russia visto che le sue truppe sono schierate proprio lì», ha concluso l’analista che spera che la situazione non torni «al 1918-21 quando le grandi potenze cercarono di usare la forza per disegnare e ridisegnare la mappa del Caucaso».
Il corridoio Zangezur per collegare via terra l’Azerbagian e il Nakhichevan di fatto creerebbe una rotta via terra tra la Turchia e l’Azerbaigian. Ma il corridoio deve passare per territorio armeno.
Quindi o Baku ottiene il corridoio negoziando o dovrebbe scatenare un’altra guerra. Ma in questo caso si tratta di territorio armeno, non conteso, e si parlerebbe dunque di invasione. Il tutto per aprire un corridoio lungo il fiume Arasse, che fa da confine tra l’Iran, il Nakhichevan e l’Armenia. Altro che la soluzione Alto-Adige prospettata forse troppo prematuramente dalla Farnesina.
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