- Il passaggio a Lusaka del nostro capo dello stato ha avuto motivazioni ed esiti tutt’altro che secondari, oltre all’indiscusso merito di aver riportato alla ribalta un paese africano molto interessante.
- Nessun partito di opposizione ha mai avuto problemi di espressione politica e sono ormai molte le tornate elettorali in cui c’è stato un ribaltamento completo del fronte politico senza il minimo problema.
- L’Italia, anche se nessuno sembra ricordarsene, ha una storia molto positiva con lo Zambia che l’ha vista protagonista nel supporto al paese negli anni immediatamente successivi all’indipendenza.
La visita del presidente Sergio Mattarella in Zambia dello scorso 7 luglio è sembrata a molti un corollario di quella svoltasi nei giorni precedenti in Mozambico, dove il nostro paese ha interessi sempre più strategici a fronte degli accordi sulle fonti energetiche. Il passaggio a Lusaka del nostro capo dello stato ha avuto motivazioni ed esiti tutt’altro che secondari, oltre all’indiscusso merito di aver riportato alla ribalta un paese africano molto interessante il cui rapporto con l’Italia ha radici storiche di tutto rilievo.
Il primo inglese a giungere in questa area centro meridionale dell’Africa, con la chiara intenzione di sfruttarne le infinite risorse, fu Cecil Rhodes nel 1888. Nel giro di poco tempo, il suo controllo si estese a tal punto che alcuni territori presero da lui il nome. L’attuale Zambia corrisponde all’entità territoriale che nel 1911 fu chiamata Rhodesia settentrionale e fu sempre Rhodes, padrone assoluto in tutta l’area (comprendente anche l’attuale Zimbabwe), a cedere all’impero britannico il controllo della regione nel 1923. L’indipendenza giunse nel 1964 e, dopo un lungo periodo di monopartitismo, la Repubblica dello Zambia ha inaugurato a partire dal 1991, una stagione di democrazia con alternanze politiche e stabilità che molti invidiano.
Tradizione democratica
Nessun partito di opposizione ha mai avuto problemi di espressione politica e sono ormai molte le tornate elettorali in cui c’è stato un ribaltamento completo del fronte politico senza il minimo problema. Il caso forse più eclatante di rispetto democratico delle varie rappresentanze politiche, etniche e sociali del paese è rappresentato dalle ultime elezioni.
Nel 2021 Hakainde Hichilema ha sconfitto il presidente uscente Edgar Lungu dopo tre precedenti tentativi andati a vuoto, nonostante appartenesse alla tribù dei Tonga invisa al potere politico dominante del paese (i presidenti fino a quel punto provenivano tutti dal nord o dall’ovest mentre Hichilema è dell’est). Tutto questo fermento democratico, che può essere considerato un modello, non gode però di alcuna copertura mediatica.
Un rapporto storico
L’oblio attorno a questo paese non ha permesso alla comunità internazionale neanche di interessarsi e quindi di sostenere il nuovo corso di Hichilema. Pone fine a un quinquennio di recessione economica e malgoverno del suo predecessore, che hanno condotto lo Zambia, paese che beneficiò della remissione totale del debito negli anni Settanta, ad essere nuovamente indebitato fino al collo, e portato l’economia al collasso.
L’Italia, anche se nessuno sembra ricordarsene, ha una storia molto positiva con lo Zambia che l’ha vista protagonista nel supporto al paese negli anni immediatamente successivi all’indipendenza. «L’Italia era la Cina di oggi», spiega Filippo Scamacca, ambasciatore d’Italia in Zambia dal 2015 al 2019, attualmente in Camerun, autore del libro Sulle tracce di Livingston. «Abbiamo costruito quasi tutte le infrastrutture – che ancora funzionano – ed eravamo il primo partner economico nonostante fosse una ex colonia inglese. Abbiamo svolto inoltre un importante ruolo politico in un paese in prima linea contrapposto agli stai razzisti dell’area. Tutti gli autoveicoli da viaggio o trasporto merci erano Fiat e l’Eni era presente con vari impianti. C’era un volo diretto Roma Lusaka, e la Zambia Airways era controllata al 50 per cento dall’Alitalia mentre a Lusaka c’è il villaggio italiano, un complesso di casette dove gli impiegati Alitalia soggiornavano con le loro famiglie. Non va dimenticato, poi, che i primi piloti furono formati alle accademie aeronautiche italiani, tutti parlavano perfettamente la nostra lingua», spiega.
Agli inizi degli anni Novanta, secondo qualcuno come riflesso di Mani Pulite, l’interesse italiano verso lo Zambia scema drasticamente fino a scomparire per lasciare definitivamente spazio a Cina e nuovi attori.
Dietro il passaggio di Mattarella a Lusaka, quindi, ci sono una storia di relazione e, con tutta probabilità, una volontà di emendare questo oblio collettivo che ha tolto sostanzialmente lo Zambia dalle mappe geopolitiche di interesse del nostro paese e del mondo. L’ultimo scambio di viste risale al 1989 quando da quelle parti andò l’allora presidente Cossiga. Poi più nulla.
«Quando ho saputo della vista di Mattarella – conclude Scamacca – sono stato estremamente soddisfatto. Si rinfocola un rapporto che per entrambi i Paesi potrebbe essere molto fruttuoso. Lo Zambia rappresenta una grossa opportunità per l’economia italiana, c’è l’antica fidelizzazione, il made in Italy ha tuttora un grosso prestigio e c’è ancora tutta una base di imprenditoria italiana costituita in gran parte da ex impiegati di grandi compagnie, rimasti qui per creare piccole e medie imprese nei campi dell’impiantistica, l’ingegneria logistica, l’agricoltura. Ma poi ha il sapore di un rapporto alla pari tra due democrazie che possono collaborare e sostenersi politicamente ed economicamente». Proprio come sottolineato da Mattarella: «Il senso della missione in Mozambico e in Zambia sta nel dare prova di ciò che possono costruire Africa ed Europa il cui avvenire è necessariamente comune».
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