- Il gas naturale fornisce circa un quinto di tutta l’energia consumata nell’Ue. Negli ultimi 25 anni il consumo europeo di gas è aumentato in modo irregolare, la produzione interna non è stata in grado di tenere il passo con la domanda, determinando una crescente dipendenza dalle importazioni, oggi prossima al 90 per cento.
- Gli esiti dei tragici eventi della guerra in Ucraina sembrano mostrare uno scenario più sfumato. Da un lato la mancanza di una pluralità di potenziali fornitori determina una forte dipendenza da quelli attualmente in essere.
- Dall’altro, l’esistenza di accordi di lungo periodo con una platea ampia di fornitori, e magari con forniture di Gnl e via tubo, permettono una buona differenziazione dell’approvvigionamento, evitando le selvagge fluttuazioni del mercato, come l’accordo con l’Algeria sembra confermare.
Il gas naturale fornisce circa un quinto di tutta l’energia consumata nell’Ue, che è il secondo mercato più grande dopo gli Stati Uniti. Negli ultimi 25 anni il consumo europeo di gas è aumentato in modo irregolare, ad un tasso medio dell’un per cento all’anno. La produzione interna non è stata in grado di tenere il passo con la domanda, determinando una crescente dipendenza dalle importazioni, oggi prossima al 90 per cento. La forte dipendenza dall’importazione e le conseguenti preoccupazioni per la sicurezza dell’approvvigionamento di gas hanno caratterizzato la politica dell’Ue negli ultimi cinque decenni.
Dipendenti dagli altri
Oggi l’Europa dipende per circa il 48 per cento dalle importazioni dalla Russia, per il 26 per cento dalla Norvegia e per il dieci per cento dei suoi consumi dall’Algeria, che equivale alla quota servita da importazioni Gnl da Usa e Qatar.
C’è però una sostanziale differenza fra le condizioni di quest’ultime forniture. Le importazioni tramite gas naturale liquefatto vengono effettuate a prezzi di mercato, mentre quelle garantite dall’accordo siglato tra Eni e Sonatrach fanno parte di un accordo di lungo periodo tra i due colossi energetici.
Da quello che si evince dai dettagli trapelati dell’accordo, una parte consistente di questa capacità aggiuntiva promessa dal partner algerino verrà negoziata nell’ambito degli esistenti contratti di lungo periodo, che verranno verosimilmente rivisti alla luce delle esistenti contingenze del mercato del gas naturale, ma anche tenendo presente un’ottica di più lungo termine e che, in tempi si spera ravvicinati, potrà riassestarsi su prezzi lontani dai massimi storici.
I contratti di lungo periodo sono negoziati spesso con clausole take or pay, molte volte (ma non sempre) indicizzando il prezzo del gas a quello del petrolio o di altre materie prime legate ai mercati petroliferi.
Secondo questo approccio l’acquirente (l’Italia) assume il rischio di volume, vincolandosi al fornitore per l’acquisto di quantità prefissate contrattualmente. Mentre il venditore assume il rischio di prezzo, definendo un livello di prezzi di lungo periodo , che non dipende dalle fluttuazioni del mercato.
Quindi i contratti di lungo periodo garantiscono maggiore stabilità dei prezzi e la certezza dell’approvvigionamento in situazioni dove i rischi geopolitici ed economici possono determinare invece pressioni rialziste alle dinamiche di mercato.
Il rovescio della medaglia è, ovviamente, che i contratti di lungo periodo non lasciano necessità, spazio o incentivi per diversificare la fornitura energetica e anzi vincolano venditori e compratori per 20 o 30 anni, limitando lo spazio per forniture alternative o diversificate.
La letteratura economica si è spesso interrogata sui vantaggi relativi tra un approccio di lungo periodo e quello puramente concorrenziale alla fornitura di gas naturale.
Nella pratica, il progressivo processo di liberalizzazione dei mercati dell’energia promosso dalle istituzioni europee nel corso degli anni Novanta ha avviato un processo di unbundling e parallelamente di apertura dei mercati.
I monopoli esistenti negli stati membri sono stati quindi tutti trasformati in imprese in competizione per quote di mercato. La progressiva imposizione di questo modello si è basata sulla convinzione che l'integrazione del mercato del gas dell'Ue, dal livello nazionale a quello europeo, costituisse un'opportunità per introdurre concorrenza su scala più ampia e capace che porta a maggiori benefici per i consumatori finali.
I modelli in campo
Questi due modelli contrastanti presentano vantaggi e svantaggi. Uno dei principali svantaggi della logica concorrenziale è il cosiddetto argomento legato al “potere di mercato”, secondo cui una forte concentrazione sul lato dell'offerta (come avviene tipicamente nei paesi esportatori) dovrebbe essere bilanciata da una concentrazione simile sul lato della domanda.
Gli esiti dei tragici eventi della guerra in Ucraina sembrano mostrare uno scenario più sfumato. Da un lato la mancanza di una pluralità di potenziali fornitori determina una forte dipendenza da quelli attualmente in essere, che riescono poi a spuntare prezzi di mercato spinti ai massimi storici dalle contingenze straordinarie in cui ci troviamo ad operare.
Dall’altro, l’esistenza di accordi di lungo periodo con una platea ampia di fornitori, e magari con forniture di Gnl e via tubo, permettono una buona differenziazione dell’approvvigionamento, evitando le selvagge fluttuazioni del mercato, come l’accordo con l’Algeria sembra confermare.
La cosa che però è emersa in tutta la sua evidenza è che la proposta di integrare i mercati nazionali in un più ampio mercato europeo, risulta essere scarsamente efficace nel garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, soprattutto nei periodi di maggior tensione geopolitica.
Le pressioni per una maggiore armonizzazione dei mercati interni europei sembrano destinate ad essere abbandonati definitivamente, e non è escluso che le dinamiche nazionali volte ad assicurarsi forniture con contratti di lungo periodo possano determinare il definitivo naufragio del progetto di formazione del mercato regionale del gas europeo.
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